Le proteste a Khartoum Le proteste a Khartoum 

Proteste in Sudan. Arcivescovo Khartoum: prezzi aumentano, difficile vivere

Contrastanti le ricostruzioni delle proteste in corso in Sudan contro il caro vita e per chiedere le dimissioni del presidente Omar al-Bashir. Per le autorità, le manifestazioni avrebbero causato 24 morti. Secondo Human Rights Watch e Amnesty International le vittime sarebbero almeno 40. Intervista con mons. Michael Didi Adgum Mangoria, arcivescovo di Khartoum

Giada Aquilino – Città del Vaticano

È salito ad almeno 24 morti il bilancio ufficiale delle oltre tre settimane di proteste anti governative in Sudan. Lo rende noto il governo di Khartoum, ma Human Rights Watch e Amnesty International parlano di almeno 40 vittime. Le manifestazioni - nella provincia di Gadaref vicino al confine con l'Etiopia e l'Eritrea, a Khartoum, a Omdurman e nelle regioni a nord e nordest della capitale - sono cominciate il 19 dicembre scorso a causa di un provvedimento del governo del presidente Omar al-Bashir, al potere da trent’anni, che stabiliva l’aumento del prezzo del pane e del carburante, dovuto alla scarsità dei beni di prima necessità. I dimostranti chiedono le dimissioni del presidente e un governo di transizione approvato da tutta la società sudanese. “La gente è scesa in strada, prima a Gadaref, poi in altre grandi città, Omdurman e Khartoum: nella parte nord della capitale c’è stata una manifestazione anche ieri, più numerosa delle altre volte” racconta a Vatican News mons. Michael Didi Adgum Mangoria, arcivescovo di Khartoum (Ascolta l'intervista a mons. Mangoria).

Contractor e complotti

Fonti di stampa riferiscono come la polizia sudanese negli ultimi giorni abbia fatto ricorso a gas lacrimogeni per disperdere le proteste, in programma pure giovedì prossimo: nel corso delle manifestazioni dei primi di gennaio era stata fermata e poi subito rilasciata anche la giornalista italiana Antonella Napoli, presidente della onlus 'Italians for Darfur'. I manifestanti accusano le forze di sicurezza sudanesi di aver assoldato contractor stranieri per respingere con forza le dimostrazioni, mentre le autorità locali vedono nelle manifestazioni un complotto ordito da forze straniere.

L’aumento dei prezzi di pane e carburanti

Il Sudan è una delle 10 aree maggiormente devastate da conflitti e instabilità in cui, assieme a Paesi come la Repubblica Democratica del Congo, l’Afghanistan, la Siria, più di 4,5 milioni di bambini sotto i cinque anni sono colpiti da malnutrizione acuta grave, secondo Save the Children. La gente è scesa in piazza a manifestare “per prima cosa per le difficoltà della vita”. Si va oltre l’aumento del prezzo del pane e del carburante: le merci - aggiunge mons. Mangoria - “al mercato sono molto care”, “ogni giorno i prezzi cambiano, si alzano”, “per questo molte persone, molte famiglie non vivono bene”. Di qui la protesta anti governativa, perché “normalmente quelli che dirigono le politiche del Paese sono, in qualche maniera, responsabili di ciò che accade”, prosegue il presule. In questo quadro la Chiesa sudanese continua “prima di tutto” a pregare, “affinché la vita cambi, la situazione migliori per tutti”, assicura l’arcivescovo di Khartoum.

La crisi in Darfur e l’indipendenza del Sud Sudan

L'economia locale è in crisi almeno dal 2011, anno in cui è stata formalizzata l’indipendenza del Sud Sudan, nel quale si trovano i tre quarti dei giacimenti petroliferi che erano del Sudan unificato. Rimane insoluta poi una delle peggiori crisi umanitarie mai conosciute, quella in Darfur, con un conflitto interno che dal 2003 ha causato oltre 400 mila morti e 3 milioni di sfollati: al riguardo pesano sul presidente al-Bashir due mandati di arresto della Corte penale internazionale, del 2009 e del 2010, emessi per crimini di guerra, crimini contro l’umanità e genocidio.

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14 gennaio 2019, 13:35