Sono più di 19 milioni gli africani che nel 2017 sono emigrati all'interno del loro continente Sono più di 19 milioni gli africani che nel 2017 sono emigrati all'interno del loro continente 

Le Caritas africane in aiuto dei migranti che restano nel continente

Nel 2017, secondo l'Organizzazione internazionale per le migrazioni, 19,4 milioni di africani sono emigrati all'interno del loro continente. Fabrizio Cavalletti, del desk Africa di Caritas Italiana: "Se la migrazione non è forzata da violenza politica, fa parte della cultura di molti popoli africani". Le iniziative delle Caritas locali per assisterli e dare loro nuove opportunità

Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano

La maggior parte degli africani che lasciano il proprio paese ed emigrano non raggiungono l’Europa o altri paesi occidentali, ma restano all’interno del continente, nel paese che confina con quello d’origine, oppure in Africa occidentale o Nord Africa. Questo è un fenomeno poco conosciuto e studiato in Europa, ma è una realtà, anche storica per il continente africano. Lo confermano gli ultimi dati, relativi al 2017, dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni: dei 258 milioni di persone che hanno lasciato il proprio paese, solo il 35 per cento ha viaggiato dal Sud al Nord e ben 19,4 milioni di africani sono emigrati all’interno del loro continente.

In Africa la prima migrazione è quella interna

“Le migrazioni africane sono un fenomeno molto complesso – commenta Fabrizio Cavalletti, del desk Africa di Caritas Italiana - con vari motivi che si intrecciano e si mescolano tra loro, ma prevalentemente è una migrazione interna. (Ascolta e scarica l'intervista a Cavalletti). Questo fenomeno ha a che fare anche con la storia dell’Africa. Da sempre in Africa si migra e la migrazione è stata una forma anche di sopravvivenza e di adattamento alle condizioni ambientali, e questa è una caratteristica di molte popolazioni africane come ad esempio quelle nomadi”. Bisogna ricordare poi che “i confini degli Stati africani sono stati stabiliti dagli europei e non corrispondono affatto alle origini, alle culture alle etnie e alla morfologia dei popoli che vivono in Africa”.

Ma l’Europa disincentiva anche questa mobilità africana

Una migrazione che, come quella di chi cerca di attraversare il Mediterraneo, spiega Cavalletti, è ugualmente “disincentivata dai paesi occidentali, perché c’è questo assunto: più la gente si muove anche nel suo continente più c’è il rischio che in qualche modo venga verso l’Europa. Per questo le politiche dei Paesi Europei tendono a convincere gli stati africani a limitare questa circolazione interna”.

L’impatto drammatico delle migrazioni forzate

Quando però le emigrazioni sono forzate da conflitti e da violenze, l’impatto sui paesi che accolgono diventa drammatico. “In Africa – ricorda Cavalletti - ci sono molti conflitti ‘dimenticati’ come in Sud Sudan e interni al Sudan, nella Repubblica democratica del Congo che è costellata di crisi, nel lago Chad con i conflitti provocati dai gruppi di Boko Haram, e infine in tutto il Nord del Mali, che è fuori controllo”. Questo, sottolinea il referente per l’Africa di Caritas Italiana, “ha un impatto significativo anche sui paesi che accolgono queste persone che fuggono, e che spesso sono i paesi limitrofi. Ad esempio in Sud Sudan ci sono 4 milioni tra sfollati interni e profughi, 2 milioni di sfollati sono rimasti nel Paese, altri 2 milioni sono fuggiti in Uganda, un milione, e il resto in Etiopia, Repubblica democratica del Congo, Sudan e Kenia”.

L’Africa occidentale accoglie il 79% dei migranti interni

Il rapporto dell’Oim per il 2017 ricorda anche che la meta principale dei migranti che restano nel continente, per il 79 per cento, è l’Africa occidentale. “Quella è sempre stata un area di alta migrazione interna – commenta ancora Cavalletti -  perché i confini sono poco rappresentativi, e c’è un’interconnessione economica tra gli Stati che stimola questo tipo di migrazione. Le persone possono muoversi liberamente, senza bisogno di visti, tra i vari paesi e le rotte della migrazione africana vedono il Mali e il Niger come paesi principalmente di transito, ma purtroppo anche sempre più di respingimento. In Niger, tutta l’area di Agadès un tempo aveva un’economia basata sull’agricoltura e su turismo e oggi c’è invece un’economia della mobilità e del traffico di essere umani che ha quasi soppiantato quella tradizionale”.

La prima iniziativa Caritas: il Pari di Dakar

Questo fenomeno ha stimolato le Caritas locali ad intervenire, in uno sforzo di solidarietà voluto da africani per altri africani. Cavalletti ricorda il Pari (Point d’Accueil pour Réfugiés et Immigrés) di Dakar, attivato nel 1995 dalla Caritas Senegal, che offre “un servizio di ascolto e orientamento, a migranti in partenza, migranti interni che vengono dai villaggi e cercano fortuna a Dakar, o altri che tornano dall’Europa o da altri paesi. Si da’ loro la possibilità di avviare piccoli progetti in campo agricolo, commerciale e dell’allevamento, per una opportunità di lavoro nella capitale”.

I progetti in Mali, Niger e Nord Africa, Marocco in primis

C’è poi un centro Caritas in Mali a Gao, punto di transito dei migranti, e in Niger “un grande progetto di assistenza sostenuto anche dalla Caritas Italiana all’interno della campagna della Cei ‘Liberi di partire, liberi di restare’”. E poi c’è l’impegno delle Caritas del Nord Africa, “il Marocco, principalmente, ma anche la Tunisia, l’Algeria, la Mauritania, che accolgono e assistono migranti soprattutto subsahariani, che vengono in Nord Africa come destinazione finale o come tappa verso l’Europa”.

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I progetti della Caritas Italiana in Africa
31 dicembre 2018, 14:19