In Senegal c’è una ong che punta tutto sulle nonne

L’ong Grandmother Project - Change through Culture lavora in Senegal dal 2005: porta le nonne nelle scuole per insegnare valori come il rispetto, la solidarietà, l’amore per l’altro e affronta, tra gli altri, il problema delle mutilazioni genitali femminili

Giada Aquilino - Città del Vaticano

Lavorare in Africa per migliorare il benessere delle donne e dei bambini e, attraverso di loro, per agevolare lo sviluppo di intere comunità locali. È l’impegno dell’organizzazione Grandmother Project - Change through Culture (Gmp), ong statunitense-senegalese che punta in particolare sulle nonne come membri chiave delle società. La co-fondatrice e direttrice esecutiva è Judi Aubel, antropologa statunitense esperta in programmi di salute pubblica, educazione e protezione dell'infanzia soprattutto in Africa, ma anche in America Latina, Asia e zone del Pacifico (Ascolta l'intervista a Judi Aubel).

Perdita di valori e spaccatura tra generazioni

In Senegal, dal 2005 l’ong porta avanti un progetto di integrazione nelle scuole col coinvolgimento delle nonne nelle classi per insegnare valori culturali positivi ed uno per sensibilizzare le ragazze in materia di mutilazione genitale femminile, scolarizzazione, matrimoni precoci. “Abbiamo constatato come in Senegal - e in altri Paesi africani - ci siano una perdita di valori e una spaccatura tra le generazioni, quindi abbiamo capito quanto sia importante rafforzare la comunicazione e la trasmissione di valori verso i più giovani: gli anziani, in particolare i nonni, giocano un ruolo decisivo”, spiega Judi Aubel a Vatican News.

Le nonne a scuola tra i bambini

“Lavoriamo con le scuole e, collaborando col ministero dell’Educazione, abbiamo prodotto del materiale di lettura e abbiamo coinvolto i nonni nella partecipazione alle lezioni, per condividere con i bambini la loro conoscenza, i loro valori come il rispetto, la solidarietà, l’amore per l’altro. Si tratta di concetti determinanti dal punto di vista culturale ma anche religioso. Noi - prosegue la direttrice di Grandmother Project - Change through Culture - lavoriamo in un contesto in cui la popolazione è al 95% musulmana, ma questi sono valori tanto musulmani quanto cristiani”.

Il dialogo prima di tutto

“L’altro progetto è dedicato allo sviluppo olistico del bambini. Siamo impegnati nel sottolineare l’importanza della scolarizzazione delle bambine, oltre che dei bambini, e affrontiamo la questione - racconta Judi Aubel - dei matrimoni precoci, delle gravidanze precoci e della mutilazione genitale femminile. C’è un approccio basato sul dialogo e sul coinvolgimento di tutta la comunità, oltre che dei nonni anche dei leader religiosi, dei genitori, degli adolescenti, per incoraggiare la comunità stessa ad analizzare tali questioni e decidere cosa fare”. “In Senegal, come altrove in Africa, c’è - nota l’antropologa - il problema della scolarizzazione, dell’evasione scolastica, del fatto che molte bambine vengono date in matrimonio quando hanno 14-15 anni. E poi la mutilazione genitale femminile, che rimane una preoccupazione importante”: oggi, secondo l’Onu, 200 milioni di donne nel mondo risultano essere state sottoposte a tale pratica.

La cultura della vita

In questo quadro torna alla mente l’esortazione di Papa Francesco a sfidare la cultura dello scarto con la gioia di un nuovo abbraccio tra i giovani e gli anziani, puntando proprio sugli anziani per contribuire a una società ricca di valori e per l’affermazione della cultura della vita. “Noi condividiamo le parole del Papa e un elemento di fondo in tutto il nostro lavoro è rafforzare la comunicazione tra generazioni, cioè promuovere il rispetto per gli anziani, ma anche aiutare gli anziani a trovare il modo giusto per parlare con i giovani”, dice la direttrice esecutiva di Grandmother Project, realtà che lo scorso ottobre ha ricevuto il premio dell’Unione Africana per l’innovazione e l’educazione. “Lavoriamo in 160 scuole, con quasi 7 mila bambini. Una storia che vorrei raccontare - dice al termine dell'incontro con Vatican News - è quella di una bimba di 11 anni: prima della partecipazione delle nonne alle lezioni a scuola, lei - ci ha raccontato - pensava che i nonni servissero solo per mangiare, dormire e sgridare. Dopo, l’insegnante ha fatto leggere in classe un nostro libretto con un disegno di una nonna sulla copertina, incentrato sull’importanza degli anziani. L’insegnante ha detto ai piccoli di passare del tempo con le nonne, magari dopo cena, per ascoltare le loro storie. E la bambina ha raccontato come si sia resa conto pian piano dell’importanza della nonna: ogni sera rimane con lei e impara tante cose sulla vita, sui valori, sulla cultura”.

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16 novembre 2018, 14:24