Yemen, attentato ad uno scuolabus: 39 morti, quasi tutti bimbi

Forse un attacco aereo dei sauditi ha colpito l’ autobus a Sa’ada. E’ uno dei più gravi attentati dall’inizio della guerra. L’ Unicef ha chiesto la protezione dei bambini e il rispetto del diritto umanitario internazionale. “La gente è disperata e ha paura” racconta Jonathan Dumont del World Food Programme, autore del video-testimonianza

Andrea Gangi – Città del Vaticano

L’ attentato di ieri fa salire a quasi 2.500 il numero dei bambini uccisi dall’inizio della guerra civile in Yemen. Gli attacchi contro ospedali, scuole e infrastrutture sono all’ordine del giorno e continuano a mietere vittime. Ma gli appelli dell’Unicef a rispettare i diritti internazionali sono stati accolti con disprezzo.

L’ attacco all’ autobus

È accaduto nella città di Dhahyan, nel governatorato di Saada, nel nord dello Yemen. Forse si è trattato di un attacco aereo, anche se non è ancora chiara la dinamica dell’accaduto. Sono morte trentanove persone, quasi tutti bambini, e atre quaranta sono state ferite. Gli operatori di Save the Children hanno riferito che, quando è avvenuto l’ attacco, gli studenti stavano tornando a scuola dopo pranzo ed erano sul bus momentaneamente in sosta. Secondo Al Jazeera, lo scuolabus sarebbe stato colpito durante un raid della coalizione internazionale a guida saudita che sostiene il governo legittimo del presidente Hadi in lotta contro i ribelli huthi.

Una violazione della legge internazionale

“Questa è un’altra palese evidenza delle violazioni della legge internazionale sui diritti umani a cui assistiamo in Yemen ormai da tre anni - dice Sylvia Ghaly, Direttore Advocay in Yemen di di Save the Children, l’Organizzazione internazionale che dal 1919 lotta per salvare la vita dei bambini e garantire loro un futuro - condanniamo questo attacco orrendo e chiediamo un’inchiesta indipendente su questo e altri recenti attacchi sui civili e su edifici pubblici. Abbiamo assistito a un crescendo di incidenti senza che alcuno venisse ritenuto responsabile".
“Non c’è alcuna soluzione militare possibile per questo conflitto – continua- solo una soluzione politica può porvi fine e ristabilire la pace in Yemen. Chiediamo a tutte le parti di sospendere immediatamente i combattimenti per tornare al tavolo e trattare un cessate il fuoco. Risparmiamo altre morti e la miseria al popolo Yemenita.”

Il problema del cibo in Yemen

“8 milioni di persone sono vicine alla fame” spiega Jonathan Dumont, responsabile della comunicazione video del World Food Programme, autore del video-testimonianza che pubblichiamo, girato a Saada, nel suo ospedale e nelle campagne della periferia. “Il 90% dello Yemen vive di importazioni di cibo, che giungono presso il porto di Hodada. Ma adesso c’è una battaglia per avere il comando della città”. (Ascolta l'intervista a Jonathan Dumont sullo Yemen). Dumont spiega che molte città attorno al porto si sono svuotate e tante strade sono dissestate. La gente è disperata e ha paura”.

La gravità del conflitto

Il conflitto ufficialmente è iniziato nel 2015, quando una notte gli aerei dell’Arabia Saudita, sostenuti da una coalizione di altri otto Paesi arabi, bombardarono senza sosta le postazioni dei ribelli sciiti houthi, arroccati nel sud del Paese.
Ad oggi la guerra ha causato oltre seimila morti, due milioni e mezzo di sfollati, abusi e crimini di guerra. Ospedali, scuole, fabbriche e campi profughi sono stati bombardati. Oltre 1.000 bambini sono rimasti uccisi nei raid e oltre 7oo morti nei combattimenti. Inoltre, l’epidemia di colera, la carestia e la decisione della coalizione saudita di chiudere le frontiere con lo Yemen sono fattori che aggravano ulteriormente la condizione interna del paese. “Gran parte della popolazione non sa se mangerà la sera” afferma Dumont. “La pace è l’unico modo per risolvere il problema della fame. In questo momento tutti stiamo sperando che i due schieramenti del conflitto trovino un accordo”. Lo Yemen sta attraversando una terribile crisi umanitaria. Secondo l'Ufficio delle Nazioni Unite per i diritti umani l'80% della popolazione dipende dagli aiuti umanitari.

Il contributo dell’Unicef

Il perdurare del conflitto, i ripetuti attacchi e le restrizioni di accesso dovute all'insicurezza e alla violenza ostacolano anche la capacità dell’Unicef di raggiungere i più bisognosi, tra cui 11 milioni di bambini che necessitano di assistenza umanitaria.
“Aiutare la gente è difficile – spiega Dumont -. Per qualsiasi movimento di cibo e aiuti ci vuole un permesso di tutte le parti del conflitto. E ogni volta bisogna contrattare”.
Nelle ultime settimane, un impianto idrico e un centro igienico-sanitario a Hodeida, supportati dall'Unicef, sono stati attaccati e gravemente danneggiati, mettendo a repentaglio la salute e il benessere di centinaia di migliaia di persone.

 

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10 agosto 2018, 12:52