Detenuti durante una lezione Detenuti durante una lezione 

La prof: ai miei studenti il Premio ha insegnato il carcere

Vincenza Alfano, docente di italiano e latino della V H Liceo Scientifico Vittorini di Napoli, al Vomero, racconta come l’esperienza di partecipare alla giuria del Premio letterario per detenuti abbia fatto crescere i suoi ragazzi

Roberta Barbi – Città del Vaticano

I miracoli esistono e si compiono ogni giorno, Papa Francesco ce lo insegna invitandoci alla preghiera e capita di esserne testimoni diretti, anche di quelli più piccoli che ci rendono la piccola goccia di acqua pulita di cui parlava Madre Teresa. Se ne è accorta la prof. Vincenza Alfano, tracciando un bilancio della partecipazione dei suoi studenti alla giuria non tecnica del Premio letterario Goliarda Sapienza: “Ho notato una grande emozione nei miei ragazzi nell’ascoltare le storie narrate dai detenuti partecipanti – racconta – d’altronde se non c’è emozione, non c’è relazione, i contenuti non passano”.

La scoperta del carcere come luogo per leggere, scrivere e studiare

“Sono cresciuti, ma soprattutto si è accesa in loro una sensibilità verso il mondo del carcere – rileva – che prima era solo l’idea astratta di un luogo che non ci riguarda, non fa più parte del mondo, come della società non fanno più parte coloro che vi sono rinchiusi, che stanno tutto il giorno lì a non fare niente”. Ben lontano, dunque, da una realtà in cui, invece, seppur con fatica e sofferenza, si cerca di rieducare, riabilitare, dare speranza: “I racconti hanno messo in relazione l’umanità dei detenuti con i miei studenti, i quali hanno appreso che anche in un luogo di restrizione si possono fare esperienze come leggere, scrivere, studiare…”.

Non si scrive solo per fare i compiti, ma per raccontare se stessi

Da un punto di vista squisitamente letterario, certo, i racconti dei finalisti sono lontani dalla letteratura cui sono abituati gli studenti di liceo: “I ragazzi sono rimasti colpiti dal contenuto umano, dalla voglia di raccontarsi in modo diretto, poi dagli aspetti più violenti e negativi di certe narrazioni e da quelli paradossali”. Un altro fondamentale insegnamento è che “non si scrive solo per eseguire un compito assegnato, ma si può scrivere anche per rivelare se stessi, per esprimere i propri sentimenti, perché è un atto di libertà”.

Gli studenti i giudici più giusti

Per questo progetto i liceali hanno lavorato con entusiasmo, dividendosi in gruppi e poi leggendo nuovamente in classe i racconti ad alta voce, mettendo in evidenza aspetti positivi e negativi; dopo di che ognuno, singolarmente, ha votato motivando la sua preferenza per iscritto. “Abituati a essere giudicati, sono stati giudici equilibrati, secondo me – afferma la professoressa – hanno compreso che non tutti i partecipanti erano scolarizzati e ne hanno apprezzato comunque lo sforzo narrativo”.

Ascolta l'intervista a Vincenza Alfano

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18 aprile 2018, 10:53