Monsignor Leborgne, vicepresidente della conferenza episcopale francese Monsignor Leborgne, vicepresidente della conferenza episcopale francese 

Monsignor Leborgne: “Non possiamo più tornare indietro"

Il vescovo di Arras e vicepresidente della conferenza episcopale francese parla delle misure concrete annunciate dall'episcopato al termine dell'assemblea plenaria a Lourdes, sulla scia del rapporto CIASE sugli abusi sessuali commessi nella Chiesa francese

Manuella Affejee –Città del Vaticano 

Determinazione e consapevolezza : è complessa ma chiara la strada che la Chiesa di Francia si appresta a percorrere dopo l'esame del rapporto, consegnato nell'ottobre scorso, dalla Commissione indipendente CIASE sugli abusi su minori perpetrati negli anni. La prospettiva nelle parole del vicepresidente della Conferenza episcopale francese, monsignor Olivier Leborgne

Molti hanno definito questa vostra plenaria come un'assemblea "storica", dicendo che una pietra miliare è stata posta, che un passo da gigante è stato fatto. È così che vi sentite personalmente?

Mi sento così per le vittime e per la determinazione dei vescovi francesi ad affrontare di petto la portata di questa tragedia rivelata dal rapporto CIASE. Quindi sì, credo che ci sia stato un enorme passo avanti nel riconoscimento della nostra responsabilità e nel nostro impegno per la giustizia riparativa.Lo sento anche nella qualità del lavoro dell'assemblea, durante tutta questa settimana, dove la collegialità, vissuta in autentica e vera fraternità, porta alla vera comunione quando si devono prendere decisioni. Questo è stato molto importante.

I vescovi hanno annunciato sia misure specifiche che misure globali. In particolare, lei ha chiesto al Papa di inviare dei referenti in Francia. Quale sarebbe la loro precisa missione?

In effetti, è il Papa che ci ha affidato questa missione, è da lui che la riceviamo. Quindi gli chiediamo di inviare dei referenti per valutare il modo in cui abbiamo trattato i casi di abuso, ed eventualmente per farci prendere delle misure, se abbiamo fatto male.

Cosa sareste disposti a fare?

L'abbiamo visto in alcuni Paesi: in casi di grave cattiva condotta provata, i vescovi hanno lasciato l'incarico. Ci rendiamo disponibili per quello che il Papa ci dirà.

Ci si appella al Papa,si annuncia la creazione di un organismo nazionale indipendente incaricato di risarcire le vittime. Quindi vi rivolgete al mondo esterno: ciò è dovuto ad un desiderio di trasparenza assoluta?

Non è tanto per un desiderio di trasparenza quanto per un desiderio di vera giustizia e vera mediazione. E non è qualcuno che è coinvolto che può gestire il caso. Abbiamo quindi chiesto alla signora Marie Derain de Vaucresson, alto funzionario del ministero della Giustizia e difensore dei diritti dei bambini, di assumere la direzione di questo organismo. Ci sembrava importante affidarsi a una competenza che non avevamo e che era indipendente.

Vi impegnate a risarcire le vittime di abusi; la CIASE ha identificato più di 300.000 vittime e probabilmente ce ne sono molte di più. Le diocesi saranno in grado di far fronte all'afflusso di richieste, dato che alcune  sono già in difficoltà finanziarie?

Ci sono diocesi che hanno difficoltà, è vero, e ce ne sono altre che hanno margini di sicurezza molto superiori. Abbiamo deciso tra i vescovi che ogni diocesi avrebbe regolato le sue questioni, ma che avremmo portato avanti la cosa in modo solidale.

Tra la pubblicazione del rapporto CIASE e l'assemblea plenaria, si sono levate molte voci che chiedevano profonde riforme nel governo della Chiesa. Anche in questo caso, sono state annunciate diverse misure. Quale pensa sia la più significativa?

Molte riguardano la governance e soprattutto il metodo. Per esempio, abbiamo nove gruppi di lavoro e abbiamo deciso che saranno affidati a laici, che formeranno le loro squadre. Speriamo di poter coinvolgere le vittime, ma questo è un nuovo modo di lavorare. Per i non addetti ai lavori può non essere molto significativo, ma in tutte le commissioni dove c'erano solo vescovi, ora saranno coinvolti membri del popolo di Dio. Abbiamo un'esperienza così positiva delle 36 ore che abbiamo trascorso con 120 invitati! Alcuni di loro pensavano "i vescovi ci riceveranno?", altri erano arrabbiati. Ma per 36 ore siamo stati fratelli e sorelle alla ricerca insieme della volontà di Dio e di come affrontare un problema così grave. Ne siamo usciti tutti estremamente rafforzati nel nostro desiderio di lavorare in modo sinodale, come il Papa ci invita a fare.

Le vittime e i fedeli si aspettano che voi rendiate efficaci queste misure. Avete fissato un calendario preciso?

L'organismo nazionale di riconoscimento e riparazione è già al lavoro. Ci vorrà un po' di tempo per mettere insieme un gruppo, ma si comincia.

Il tribunale penale canonico inizierà il suo lavoro il 1° aprile 2022...

Per quanto ci riguarda, alla fine di questa assemblea, chiameremo nove laici a presiedere le commissioni; faremo il punto con loro a marzo, a giugno, a novembre - quindi ogni tre mesi, fino alla primavera del 2023, quando organizzeremo una grande riunione per valutare ciò che è stato fatto e ciò che resta da fare.

Dietro l'unanimità dei voti, è radicata questa consapevolezza? Voi siete pronti ad andare fino in fondo?

Io personalmente, senza esitazione. C'è stato un punto di incertezza. A un certo punto volevo ascoltare le vittime, ma mi sono reso conto che avevo inconsciamente paura di perdere. Così ho ascoltato, ma mi dicevo: "Cosa rischi di perdere?". E non era giusto. Poi all'improvviso, ascoltandoli, mi sono detto: "No, voglio partire dalle vittime, dai loro bisogni, dal loro grido", e non c'è più paura di poter perdere o di rischiare qualcosa. Credo che c'è in questo qualcosa di profondamente evangelico. Ho la sensazione che tutti noi vogliamo andare fino in fondo. Qualcuno ha anche detto: "Ma i media non vi stanno pressando? Naturalmente i media hanno avuto il loro ruolo. Ma siamo profondamente convinti che è il Signore che ci chiama oggi, che ci ha spinto su questa strada e non possiamo più tornare indietro.

 

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09 novembre 2021, 21:17