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Anno Amoris laetitia, Fragnelli: c'è più ascolto delle famiglie

Il vescovo Pietro Maria Fragnelli, alla guida della Commissione episcopale della Chiesa italiana dedicata alla famiglia, considera l’anno speciale dedicato all’Amoris laetitia un’opportunità per accelerare la conoscenza delle situazioni familiari reali. “Cinque anni dopo - racconta a Vaticannews - l’Esortazione del Papa ha creato nuovi processi di ascolto”

Fabio Colagrande – Città del Vaticano

“Non basta ribadire il valore e l’importanza della dottrina, se non diventiamo custodi della bellezza della famiglia e se non ci prendiamo cura con compassione delle sue fragilità e delle sue ferite”. Lo ha ribadito Papa Francesco il 19 marzo scorso, in un Messaggio rivolto ai partecipanti a un convegno organizzato per l’apertura dell’anno Famiglia-Amoris laetitia. L’anno speciale è stato voluto dal Pontefice nel quinto anniversario della promulgazione dell’Esortazione apostolica post-sinodale sulla bellezza e la gioia dell’amore coniugale, firmata il 19 marzo 2016 e pubblicata l’8 aprile successivo. Un cammino di rilettura e riflessione che sarà scandito dalle iniziative organizzate dal Dicastero per i laici, la famiglia e la vita e si chiuderà a Roma nel giugno 2022 con la celebrazione della X Giornata Mondiale delle Famiglie. Nelle intenzioni di Francesco “in un tempo e in una cultura profondamente mutati” è oggi necessario da parte della Chiesa “uno sguardo nuovo sulla famiglia” che sappia tenere insieme la “franchezza dell’annuncio evangelico e la tenerezza dell’accompagnamento”. Delle opportunità offerte da questo anno speciale ha parlato ai microfoni di Radio Vaticana, mons. Pietro Maria Fragnelli, vescovo di Trapani e presidente della Commissione episcopale per la famiglia della Chiesa italiana.

L'intervista al vescovo Pietro Maria Fragnelli

R.- Sicuramente quest’anno voluto da Francesco è un cammino molto importante innanzitutto dal punto di vista spirituale. Noi crediamo infatti che il Vangelo della famiglia abbia bisogno di essere continuamente riannunciato, perché non è solo un fatto culturale ma anche un vero e proprio “dono di grazia”. Ma è anche importante che ci sia un anno che ci offra l'occasione di ritrovarci tutti quanti - con le nostre diocesi, i nostri sacerdoti, gli uffici di pastorale familiare diocesani, regionali e nazionali - per fare il punto su un tema che non è soltanto un oggetto ma anche soprattutto un “soggetto pastorale” della vita della Chiesa. Un soggetto sempre più centrale, grazie anche proprio al magistero di Papa Francesco.

A cinque anni dalla sua pubblicazione c’è stata nella Chiesa italiana una ricezione sufficiente di questa Esortazione post-sinodale?

R.- Parlare di ricezione sufficiente o non sufficiente, direi che forse non è la categoria giusta. Forse abbiamo più bisogno di valutare se, dopo la pubblicazione di Amoris laetitia, c'è stato l'avvio di un processo, per usare un linguaggio che piace di più a Papa Francesco e che noi tutti abbiamo imparato a valorizzare. Al Convegno nazionale di Firenze, nel 2015, Francesco ci ha chiesto infatti di “avviare, in modo sinodale, un approfondimento della Evangelii gaudium” e io credo che dobbiamo fare lo stesso con questa Esortazione Apostolica sull’amore nella famiglia. Stiamo camminando in questa direzione e le diocesi, per tanti versi, hanno già recepito questo clima, sia culturale che spirituale. Io credo di poter dire, non solo per quanto riguarda la diocesi che guido e le pastorali familiari della regione di Sicilia, che nei confronti di questo documento pontificio c'è stata una curiosità che progressivamente è diventata volontà di ascolto delle situazioni familiari più diverse, Questo è un grande frutto maturato in questi cinque anni.

Uno degli obiettivi di questo anno speciale indetto dal Papa è quello di rendere la famiglia protagonista - e non solo “oggetto” - della pastorale familiare. Come fare perché questo non resti solo uno slogan?

R.- Intanto è un’affermazione che va recepita e portata non solo sulla bocca, ma anche nella mente e nel cuore di tutti i pastori. Significa ripensare tutta la pastorale per fare in modo che il soggetto promotore dell'attenzione alla famiglia non sia il sacerdote, con un gruppo ristretto di persone, ma siano le famiglie stesse. Famiglie che vanno coinvolte nella conoscenza delle loro situazioni, nell’illuminazione di queste situazioni alla luce del Vangelo e del magistero e infine guidate alla scelta, al discernimento, di ciò che può essere utile. Personalmente sono convinto che questi processi siano stati già avviati da tempo ma è giusto interrogarsi su come è possibile accelerarli e credo che l'anno Famiglia-Amoris laetitia, ci aiuterà proprio in questo. Sarà un’occasione per accelerare questi processi di conoscenza delle situazioni delle famiglie italiane, per crescere nell’attenzione nei loro confronti, illuminarle con il Vangelo e poter poi fare con loro delle scelte sempre più adeguate e sempre più vicine alle situazioni reali delle persone.

Che significato dare alla coincidenza tra l’anno dedicato alla famiglia e l’anno dedicato a San Giuseppe, voluti dal Papa?

R.- A me sembra che il Papa voglia lanciare un appello agli adulti perché escano da quella sorta di “eclissi” che li caratterizza oggi nella cultura contemporanea. San Giuseppe è simbolo di un adulto nella maturità umana e nella fede, capace di fidarsi del progetto di Dio, adulto nel pensare il futuro. Con l’aiuto di san Giuseppe, perciò, il cammino che le Chiese locali in Italia stanno compiendo per accogliere pienamente l’Amoris laetitia, sarà incoraggiato nel segno di una fede capace di accogliere il rinnovamento che si basa sulla corresponsabilità degli adulti, nella vita sociale e in quella ecclesiale. Noi sogniamo una Chiesa sempre più plasmata insieme da presbiteri adulti e battezzati adulti: uomini e donne capaci di guardare con fiducia il futuro e facilitare così il cammino delle nuove generazioni. E quando si parla di adulti si parla anche di valorizzazione dei nonni, delle generazioni che ci hanno trasmesso la fede.

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07 aprile 2021, 09:00