Le tante salme di Bergamo Le tante salme di Bergamo 

Quelle bare di Bergamo... ricordare i morti di Covid nel segno della risurrezione

Indelebili nella memoria le immagini dei camion dell'Esercito che, la primavera scorsa, da Bergamo trasportavano le salme delle vittime per coronavirus verso i forni crematori di varie città italiane. La paura della morte che si sta riproponendo in questi giorni e l'offerta dei dolori in Cristo, che ci promette il Paradiso

Antonella Palermo – Città del Vaticano

Sei mesi fa, durante il picco della prima ondata della pandemia da coronavirus, la chiesa Ognissanti del cimitero di Bergamo venne svuotata di tutti i banchi per poter contenere 132 bare di vittime da Covid-19. Gran parte di quelle salme furono trasportate con i camion dell'Esercito in altre città per essere cremate. "La situazione è ora sotto controllo", dice il sindaco Gori, ricordando che un terzo della popolazione bergamasca ha avuto il virus, per cui i numeri dei contagi si mantengono bassi, ieri 135 casi.

Riapertura del presidio medico in Fiera

Intanto riapre oggi il presidio medico avanzato in Fiera che accoglierà i primi quattro pazienti in terapia intensiva e semi intensiva. Si procederà progressivamente all'attivazione di ulteriori posti letto in base alle esigenze, fino ad un massimo, per ora, di 48. Ventiquattro saranno gestiti dall'ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo e gli altri ventiquattro dagli Spedali Civili di Brescia, con personale medico e infermieristico proveniente da tutti gli ospedali pubblici e privati delle province di Bergamo, Brescia e Mantova.

Sulla situazione attuale, nel ricordo di quanto avvenuto in questi mesi, riferisce padre Marco Bergamelli ofm, responsabile della parrocchia del camposanto:

Ascolta l'intervista a padre Marco Bergamelli

Una paura già vissuta sulla pelle

"Qui nella città di Bergamo non c'è grosso contagio. Gli ammalati arrivano in gran parte da Monza e Milano nei nostri ospedali. Abbiamo certo tutti paura, cerchiamo di attenerci a tutte le regole, di mantenere il distanziamento, ma non è come prima, quando c'era il terrore un po' in tutti", così il cappellano del cimitero di Bergamo, tristemente noto in associazione al numero esorbitante di morti concentrati in quello che era il focolaio dell'epidemia nei mesi di primavera. "Comunque nella nostra comunità abbiamo preso la precauzione di tutelare gli anziani – precisa il frate - collocandoli in una parte riservata del convento".

La tenaglia della morte ci spinga a una fede più forte

"Pensavo ci sarebbe stato un maggiore avvicinamento alla fede. Invece non mi pare sia stato così. Non ho avuto modo di registrare un ritorno ai sacramenti, all'Eucarestia. Sotto questo profilo restiamo un poco spiazzati", così racconta Bergamelli, pensando, per esempio, a queste giornate di preparazione alla Solennità dei Santi e alla Commemorazione dei Defunti durante le quali, dice "non c'è stata l'affluenza che avremmo potuto aspettarci, in base a ciò che accadeva negli altri anni, alla Confessione. Gli anziani si sono abituati a restare in casa partecipando attraverso la televisione; i ragazzi non vanno più all'oratorio, le catechesi sono ferme da mesi e mesi, può darsi che si siano lasciati un poco andare. Non voglio dire con questo che si è rivoluzionato tutto, ma dovremmo rinsaldare la pratica di fede".

La vita sarebbe un imbroglio se finisse con la morte

"La morte è un'arma potente per scuoterci dal torpore e dall'indifferenza", continua il frate minore bergamasco. "Davanti alla morte non puoi scherzare. Non è qualcosa su cui si mette facilmente una pietra. Io ai funerali dico sempre che dobbiamo essere di più attaccati alla vita, che è unica e preziosa". In perfetta sintonia con la mitezza che Papa Francesco invitata a riscoprire nell'Angelus di domenica, , padre Bergamelli sprona a "liberarsi dalle cattiverie, le gelosie, le invidie, le lamentele. Non vale la pena di mettere veleno nei rapporti con gli altri", chiosa. Celebra in media un funerale al giorno ma non si sente stanco di celebrare la vita: "Io ai funerali mi sento responsabile di annunciare parole di vita eterna. La morte non è la fine di tutto. Non è un fallimento la vita, sarebbe un imbroglio se finisse con la morte".

L'abbraccio dell'urna con le ceneri dei familiari mai rivisti

Padre Marco ricorda anche gli episodi di cui sovente si è trovato ad essere testimone quando rientravano le urne con le ceneri delle persone cremate: "Il gesto che mi ha sempre colpito quando i parenti prendevano in mano l'urna era quello di stringerla fortissimamente al petto. I nipoti dicevano, straziati: nonno ti voglio bene, sei stato tutto per me. Scene che mi facevano piangere". Intime e drammatiche, di gente che voleva sostituire in qualche modo l'abbraccio che non si erano riusciti a dare prima della morte, del distacco. Abbracci come se i morti fossero ancora vivi.

Il Paradiso comincia qui

Bergamelli prega affinché "chi ha subìto questo terremoto ritrovi un poco di fede. Ricordatevi che avete anche un'anima da alimentare. Come un sacco vuoto non sta in piedi, bisogna nutrire anche l'interiorità. Se porto il Signore dentro, riesco a portare meglio anche la croce. Il Paradiso comincia da qua. Sono convinto che inizia su questa terra quando viviamo in pienezza l'amore. Quando circola l'amore, tu vivi in Paradiso".

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02 novembre 2020, 15:43