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Sabato Santo, la preghiera ecumenica per le vittime della pandemia

Le Chiese cristiane si ritrovano oggi insieme al cimitero di Milano per pregare e lanciare un messaggio di speranza. La testimonianza della pastora Daniela di Carlo della Chiesa valdese

Amedeo Lomonaco – Città del Vaticano

Il Sabato Santo, un ponte tra il Venerdì in cui si ricorda la Passione del Signore e la Pasqua, è un giorno ancora di mestizia ma anche di attesa. Si aspetta, in silenzio, per rivivere lo sgomento degli apostoli dopo la morte di Gesù. In questo giorno, le Chiese Cristiane presenti a Milano vivono insieme un momento ecumenico di preghiera, al cimitero monumentale del capoluogo lombardo, per rendere omaggio alle vittime dell’epidemia e, allo stesso tempo, far giungere un messaggio di speranza, oltre le differenze confessionali, ai loro familiari e a tutte le varie comunità.

Una Regione allo stremo

Per la Lombardia questo è un periodo segnato dalla sofferenza e dal dolore. Gli ospedali sono l’emblema della battaglia contro il Covid-19. Una battaglia che purtroppo, non sempre si riesce a vincere. Sono ormai più di 10 mila, solo in Lombardia, le persone che hanno perso la vita dall’inizio della pandemia. E nei cimiteri lombardi, non si interrompe il mesto arrivo dei carri funebri che trasportano le salme di persone decedute a causa del coronavirus.

Chiese cristiane insieme nella preghiera

In Lombardia risuona oggi con forza la preghiera ecumenica. “L’annuncio della Pasqua, della morte e resurrezione di Gesù Cristo -  spiega mons. Luca Bressan, vicario episcopale della diocesi di Milano - cade quest’anno in un momento difficile della nostra vita, che ci vede tutti prigionieri e impauriti per la scia di morte e di lacrime che l’emergenza sanitaria creata dal coronavirus ha seminato nelle nostre terre”. “Le Chiese cristiane  aggiunge - sentono ancora più urgente il compito di far risuonare il messaggio della vittoria di Dio sulla morte”.

Ecumenismo e speranza

Nel giorno del Sabato Santo, l’arcivescovo di Milano, monsignor Mario Delpini, la pastora Daniela di Carlo della Chiesa valdese e il reverendo ortodosso Traian Valdman ricordano insieme, uniti nella preghiera ecumenica, le vittime del coronavirus. Insieme per dare un messaggio di speranza, sottolinea la pastora Daniela di Carlo.

Ascolta l'intervista alla pastora Daniela di Carlo

R. - Abbiamo pensato che fosse simbolicamente davvero importante ricordarci, alla soglia della Risurrezione di Cristo, che anche per coloro che purtroppo ci hanno lasciato durante questa pandemia, è promessa una Risurrezione: quella di Cristo è stata solo la primizia delle altre e quindi vogliamo annunciare la speranza anche per lenire il dolore di tutti coloro che hanno perso i loro cari. Vogliamo ricordare, comunque, un annuncio di Resurrezione dato da Cristo per l'umanità

In questo giorno, che è un ponte tra la Passione e la Risurrezione di Gesù, il silenzio si riempie di speranza, di consolazione…

R. - Si riempie di speranza, di consolazione, di preghiera, di testimonianza. Credo che, come Chiese cristiane, noi abbiamo il compito continuamente di rinnovare questa speranza nella Risurrezione. Anche quando non siamo vicini a Pasqua, ma soprattutto adesso che siamo vicini a Pasqua, questo messaggio può darci forza e anche rendere la nostra fede in Cristo più salda di quanto non lo sia normalmente. Oggi abbiamo bisogno di una consolazione speciale: quella di tirarci fuori da questo assetto di paura e di diffidenza che viene coltivato attraverso le mascherine, i guanti, la mancanza di contatto. Dobbiamo allora sentirci, nonostante la lontananza, fratelli e sorelle.

Milano e la Lombardia sono state flagellate dalla pandemia. Come le Chiese cristiane, insieme, possono far vedere anche in questo momento così buio la luce che arriva comunque del sepolcro vuoto…

R. - Non solo attraverso la preghiera e l’annuncio della Risurrezione e di una nuova vita per coloro che sono morti, ma anche con la testimonianza che si può essere comunità in qualsiasi momento, anche quando siamo colpiti da una pandemia. Ci può essere lo sguardo reciproco, la preghiera reciproca, il sentirsi reciprocamente figli e figlie dello stesso Dio. Siamo chiamati a fare comunità nonostante le differenze e nonostante, in questo momento, le distanze da un punto di vista fisico.

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11 aprile 2020, 07:00