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Al via in Italia le celebrazioni del Triduo. I vescovi: vincano fede e speranza

Da Nord a Sud in Italia i riti della Settimana Santa verranno celebrati a porte chiuse in ottemperanza alle disposizioni governative e a quelle della Cei. I vescovi di alcune diocesi ci aiutano a riscoprire la famiglia come santuario domestico esortando alla speranza e alla carità senza dimenticare la comunione con il Papa e la Chiesa universale

Cecilia Seppia – Città del Vaticano

Saranno liturgie essenziali, a porte chiuse, senza coro né canti, senza fedeli a gremire le chiese né processioni per le strade, quelle che ci apprestiamo a vivere in questo tempo segnato dalla minaccia di un virus che ha già provocato troppi morti e troppa sofferenza. Ma da Nord a Sud i vescovi che ogni giorno hanno a che fare con l’emergenza sanitaria e con mille altre “emergenze” nascoste del territorio, si uniscono per esortare il popolo alla speranza della Resurrezione. Quella di quest’anno non sarà affatto una Pasqua “triste”, concordano i pastori, semplicemente diversa: la stessa potente festa da vivere in modo nuovo nelle case che diventano chiese e santuari domestici – come ci ricorda la Lumen Gentium – e soprattutto nei cuori che devono essere ancora più pronti a celebrare l’irruzione del Risorto.

Chiese domestiche

Monsignor Beniamino Pizziol, vescovo di Vicenza, celebrerà i riti sacri e la Santa Pasqua nel Santuario della Madonna del Monte Berico a cui il 24 marzo scorso ha affidato nella preghiera tutta la popolazione. Lo farà con la piccola comunità dei Frati Servi di Maria ma grazie alle tante tv e radio locali, come Telechiara, Radio Oreb, Antenna Veneta e Telepace entrerà con la Parola di Dio nelle abitazioni di migliaia di persone. “Certamente sarà una Pasqua diversa – dice ai nostri microfoni – ma siamo chiamati a fare questo salto tutti insieme. L’emergenza ha già cambiato il nostro modo di celebrare perché nella mia mente, nei miei occhi nel mio cuore non c’è più una cattedrale con una serie di banchi dove le persone ordinate, composte e vicine seguono la Santa Messa, adesso negli occhi del mio cuore c’è tutto un insieme di case e di famiglie da raggiungere. Giorni fa in vista della Settimana Santa abbiamo dato loro dei sussidi e consigliato di costruire nelle proprie abitazioni, in modo molto sobrio, un angolo di preghiera che diventi espressione della famiglia come piccola Chiesa domestica”.

Cambiare lo sguardo

Preoccupato di come l’emergenza stia impattando sul territorio e colpendo in modo particolare i più fragili, i senzatetto, le famiglie con bambini e disabili, gli anziani ma anche, dal punto di vista economico, tante piccole e medie imprese, motore di tutta la regione, monsignor Pizziol si dice convinto che vivere il Triduo pasquale in questo modo possa donarci la grazia di vedere le cose diversamente, con uno sguardo più cristiano.  “Dobbiamo essere capaci - afferma - di andare e guardare oltre questa situazione nella speranza di risorgere nella nostra famiglia e nella nostra vita. E questo perché? Perché c’è un dato che la pandemia non può celare che Cristo ha vinto la morte e quindi è andato oltre la morte . Lui ci salva non tanto dalla morte ma nella morte e così nelle tante morti quotidiane che sperimentiamo, dell’isolamento, della difficoltà delle relazioni, della crisi economica, noi possiamo emergere con questa certezza che Cristo ha vinto la morte e l’ha vinta con l’amore. In questo senso nella misura in cui noi riusciamo ad amare veramente in famiglia, tra di noi, nella società avremo la possibilità di superare anche questo momento, che ci auguriamo finisca presto”.

Ascolta l'intervista a mons. Beniamino Pizziol

Ferite vecchie e nuove

A descrivere per noi il volto del Triduo pasquale nelle diocesi del Centro Italia piegate dal sisma del 2016 è invece l’arcivescovo di Spoleto-Norcia e presidente della Conferenza episcopale umbra, monsignor Renato Boccardo. Il presule che qualche giorno fa era tra le tombe del cimitero a benedire salme e a pregare per tutti coloro che sono morti senza la compagnia dei propri cari e senza il conforto dei sacramenti, parla della pandemia come di un grave attentato alla speranza della popolazione locale che ancora addosso porta i segni del terremoto. “Sarà un triduo a porte chiuse che celebreremo in una situazione già dolorante. Molte diocesi del Centro- Italia da qualche anno celebrano il Triduo in maniera molto precaria. Non abbiamo più le chiese a seguito del terremoto del  2016 e tante celebrazioni sono state fatte in queste chiese di fortuna o nei centri di comunità che grazie alla Caritas siamo riusciti ad edificare. Perciò un Triduo particolare che si celebra in condizioni altrettanto particolari con il rischio non solo dell’amarezza ma oserei dire della 'depressione' della gente perché in un territorio già così gravemente ferito, le celebrazioni della Pasqua in maniera ridotta e privata rischiano di essere un serio attentato alla speranza che però invito tutti a non perdere  ma a confidare nella imminente Resurrezione di Cristo che scoperchia le tombe”.

Vescovi e sacerdoti come padri

D’altra parte, prosegue, questa è la forza dei figli di Dio ma c’è un compito grande che spetta oggi a tutti i sacerdoti e i vescovi d’Italia e del mondo e in particolare di quei presuli che hanno a che fare già con situazioni di disagio e difficoltà. “E’ importante che le diverse comunità non si sentano abbandonate! E anche se non possono partecipare fisicamente al momento della preghiera o della liturgia del Triduo sacro non per questo devono sentirsi estranei a quello che succede in Chiesa. Un prete infatti non celebra mai la Messa da solo, la celebra per la sua gente, insieme con essa e per l’umanità tutta intera, per cui anche in questa situazione particolare noi preti non possiamo non sentire attorno all’altare tutta la nostra gente soprattutto questa gente che già porta con fatica il peso della giornata”.

Generosità e solidarietà

Monsignor Boccardo esorta dunque la sua gente "coraggiosa" per le tante battaglie affrontate e in parte vinte nei secoli, a mantenere vivo quello stesso coraggio e quella stessa capacità di uscire dal proprio io, anche se ferito, per andare incontro all’altro. “Nei giorni scorsi – conclude – dopo aver lanciato la campagna ‘Su questa barca ci siamo tutti’ che riprende le parole del Papa, abbiamo visto un fiorire di solidarietà, di generosità, di condivisione che è commovente. In questo anche sta la Pasqua: gente ferita dal terremoto che però non si ripiega in questa situazione e dunque questa generosità e questa sensibilità sono gli anticorpi più efficaci nel clima di emergenza che stiamo vivendo ”.

Ascolta l'intervista a mons. Renato Boccardo

Speranza condivisa

Celebrerà il Triduo nella cripta della cattedrale di Bari, l’arcivescovo di Bari-Bitonto, monsignor Francesco Cacucci, che subito rimarca come l’obbedienza della Chiesa alle disposizioni statali non sia altro che un atto di responsabilità e generosità, perché la vita, dice, è un valore sacro che non deve essere mai messo in discussione o in pericolo. Convinto che la forte e spiccata religiosità e devozione popolare della Puglia e delle altre altre regioni del Sud non subirà colpi dalla pandemia, anzi ne uscirà rinnovata, monsignor Cacucci invita i fedeli a riscoprire in questa Pasqua oltre alla speranza condivisa che è forza di camminare insieme, anche la comunione spirituale e sacramentale per sentirci pure nelle nostre case uniti al Papa, alla Chiesa e agli altri membri della grande famiglia umana.

Comunione spirituale

“L’evento pasquale lo celebriamo tutti anche se non sacramentalmente e questo è molto importante perché i sacramenti sono solo degli strumenti e Dio non è legato ad essi come dice un antico adagio dottrinale. E’ importante però che viviamo la comunione spirituale per poter partecipare alla realtà della morte e della risurrezione di Gesù. Questo è importante sottolinearlo in un momento in cui molti fedeli soffrono per  la mancata partecipazione sacramentale comunitaria”. Gli eventi più dolorosi – aggiunge il presule fanno riscoprire la comunione spirituale, la sacramentalità della Parola e in ultimo la comunicazione, visto che i contatti tra i pastori e i fedeli sono cresciuti e questo è un servizio che la Chiesa fa alla società mostrando una particolare attenzione e risposta ai segni dolorosi dei tempi.  “Noi sacerdoti - conclude - dobbiamo non solo sentirci padri ma anche avvertire la responsabilità di essere buoni pastori ad immagine di Gesù. Perciò ancor più in questi giorni dobbiamo diffondere il tema della speranza. Non esiste una Pasqua triste! Certamente c’è la sofferenza del non incontrarsi comunitariamente ma ricordiamoci che la Pasqua è la festa della gioia e Gesù Risorto è in mezzo a noi”.  

Ascolta l'intervista a mons. Francesco Cacucci

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09 aprile 2020, 07:40