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Comece: da 40 anni accompagna il cammino dell'Unione Europea

A partire dal 1950, dopo due guerre mondiali, le nazioni ed i popoli europei si sono impegnati in un processo di cooperazione. Riconoscendo l'alto valore del progetto europeo, i vescovi dei Paesi della Comunità Europea hanno costituito, 40 anni fa, la Commissione degli Episcopati della Comunità Europea (Comece). Interviste con monsignor Mariano Crociata, vice presidente della Comece, e don Manuel Enrique Barrios Prieto, segretario generale

Fabio Colagande e Felipe Herrera-Espaliat - Città del Vaticano

Il 3 marzo ricorre il 40.mo anniversario di fondazione della Commissione degli Episcopati della Comunità Europea, più conosciuta come Comece. Istituita nel 1980 con l'approvazione della Santa Sede, la Commissione è nata come strumento di legame tra le conferenze episcopali e la comunità europea. Oggi ha il compito di monitorare il processo politico dell'Unione Europea e informare e sensibilizzare i cattolici europei sullo sviluppo della sua legislazione mantenendo un dialogo regolare con le istituzioni dell'Unione. In occasione di questo compleanno la Comece ha presentato un nuovo logo e annunciato un evento che si svolgerà il 25 marzo a Bruxelles alla vigilia della sua assemblea primaverile. Sul significato di questo anniversario e sulle sfide attuali della Commissione si sofferma al microfono di Fabio Colagrande il vice presidente della Comece, monsignor Mariano Crociata

Ascolta l'intervista a monsignor Crociata

Quale significato ha questo compleanno di questa istituzione che nasce per creare un legame tra i cattolici e le istituzioni europee?

R. - Quello di riprendere la missione originaria aggiornata ad una attualità che si presenta in continuità con le origini, con l'epoca di fondazione. Ma presenta anche caratteristiche nuove, situazioni anche più complesse e difficoltà nel cammino dell'integrazione europea.

Quale è, in questo momento, il rapporto tra i cittadini europei e l'Unione? In particolare, pensiamo ai tanti cittadini cattolici…

R. - Veniamo da anni nei quali si è avvertita una fatica, una distanza da parte dei cittadini. E fenomeni di politica, di nazionalismo della varia forma in cui si sono presentati nei diversi Paesi, ne sono stati un po' un segnale inequivocabile: per certi versi, l'Europa e le istituzioni europee hanno dato l'immagine, quantomeno, di non cogliere sempre le attese dei popoli, le speranze che i popoli avevano riposto in questo processo di integrazione. E questo, con tutti gli eccessi e le strumentalizzazioni connesse a questa reazione, a questi timori. Queste reazioni e questa sensibilità non sono del tutto scomparse: siamo in una fase successiva in cui la consumazione della brexit è stata una lacerazione oggettiva e grave dell'Unione Europea, ma nello stesso tempo è stata una sorta di scossone, di crisi. Ha fatto prendere coscienza di quanto sia importante proseguire nel processo di integrazione. Quindi una ricorrenza come questa, per la Comece, significa cercare di incoraggiare e sostenere questo processo. Un segno si riscontra nel fatto che i vescovi della Gran Bretagna, dell'Inghilterra, del Galles e della Scozia rimarranno nella Comece, anche se solo come osservatori. È dunque, tra gli altri aspetti, un momento in cui incoraggiare e sostenere il processo di integrazione europea.

Il Papa domenica scorsa ha chiesto di pregare per i migranti in fuga dalle guerre. Ci sono migliaia di profughi alle porte dell'Europa, in fuga dal conflitto in Siria. Anche questo è un tema su cui le istituzioni europee devono dare una risposta più unitaria e concreta, ispirata proprio principi umanitari. Come la Comece, che compie 40 anni, si muove in questa direzione?

R. - Il cardinale Jean-Claude Hollerich, presidente della Comece, alla fine del mese di gennaio ha scritto insieme ai cardinali Czerny e Krajewski una lettera indirizzata a tutti i vescovi e i presidenti delle Conferenze episcopali dell'Unione Europea e dell'Europa. In questo documento si invitano le Chiese a farsi promotrici di accoglienza nei confronti dei profughi, proprio per la situazione drammatica che avevano e hanno rilevato personalmente nell’isola di Lesbo e in altre isole greche. Si parlava, in quell'occasione, di oltre 20 mila profughi tra cui 1100 minori. Adesso la situazione si è acuita perché l'apertura della Turchia delle frontiere verso l’Europa apre una prospettiva preoccupante per le condizioni degli stessi immigrati, di queste masse che trasmigrano e per quanti sono chiamati a riceverli. L’appello rivolto dal cardinale Hollerich e dagli altri porporati alle Chiese è un segno, un modo per dire all'Unione Europea che l'esigenza, il dovere morale e il compito politico di trovare una risposta a questo dramma epocale. La speranza è che questo esempio e questa sollecitazione, specialmente in questo momento, trovino una risposta e una attenzione rinnovata rispetto a tentativi che sono stati fatti, ma che vengono continuamente superati dall’evolvere della realtà.

Comece, una storia tra bilanci e sfide

Il bilancio di questi 40 anni di impegno è molto positivo. È quanto sottolina, al micorfono di Felipe Herrera-Espaliat, il segretario generale della Comece, don Manuel Enrique Barrios Prieto:

Ascolta l’intervista a don Manuel Enrique Barrios Prieto

Qual è il suo bilancio generale su questi quasi 40 anni?

R. - La Comece compie 40 anni. É stata fondata nel marzo del 1980; quindi, questo mese di marzo celebriamo il quarantesimo anniversario. Credo che il bilancio sia positivo. La Comece è stata creata 40 anni fa per essere una presenza qualificata della Chiesa cattolica, delle Conferenze episcopali dell'Unione Europea qui a Bruxelles, in modo da rendere presente, presso le istituzioni europee, le preoccupazioni della Chiesa, le sensibilità della Chiesa, quello che sta a cuore alla Chiesa Cattolica in Europa. E, dall'altro canto, anche per far presente nelle conferenze episcopali dei Paesi dell'Unione Europea quello che si sta facendo qui nelle istituzioni europee. La Comece è riuscita a fare durante questi anni un lavoro di collegamento tra la Chiesa e le istituzioni europee con la sua specificità. E lo ha fatto attraverso le sue riunioni, i seminari che ha organizzato, attraverso i contatti e le pubblicazioni, attraverso diversi eventi, facendosi presente nei vari contesti del lavoro dell'Unione Europea. Il mio bilancio è molto positivo. Credo che sia riuscita a svolgere un buon lavoro qui a Bruxelles in queste istituzioni. Credo che questo sia importante per la Chiesa cattolica.

Quali sono le sfide della Comece per il futuro?

R. - Le sfide che dovrà affrontare la Comece sono anche le sfide che dovrà affrontare l'Europa. La Comece cercherà di dare il proprio apporto, di dare il proprio contributo che viene dalla Dottrina Sociale della Chiesa, dalla fede, dal Vangelo, dal modo di considerare l'essere umano e la società. In questi prossimi anni, le sfide sono varie. Credo che una di queste sia quella ecologica, che riguarda questa transizione verso un'economia più sostenibile e il modo in cui fare questo. La Chiesa ha molto a cuore questo tema. La Comece seguirà molto da vicino cosa farà l'Europa, che forse può essere un continente di esempio per altre regioni del mondo. Poi un altro tema, credo molto importante nel futuro e nel presente - perché stiamo vivendo la situazione drammatica della Grecia, della Turchia e della Siria - è quello delle migrazioni e dei rifugiati. L'Europa deve essere di esempio, deve affrontare questa crisi in modo degno. La Comece seguirà molto da vicino anche questo. Poi ci sono tante altre sfide in Europa: quella demografica, la sfida dei rapporti con i Paesi vicini, l’allargamento, la digitalizzazione, l'intelligenza artificiale. Sono tanti i temi importanti per la Chiesa che la Comece dovrà seguire da vicino. Dovrà dare il proprio contributo che è il contributo della Chiesa cattolica, pellegrina in Europa.

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03 marzo 2020, 13:39