state-funeral-for-the-victims-of-the-genoa-hi-1534579891033.jpg

Funerali di Stato. Bagnasco: Genova non si arrende, camminare insieme

Ieri è stato il giorno della preghiera con le esequie di Stato per 19 delle 43 persone che hanno perso la vita nel crollo del ponte Morandi a Genova, il 14 agosto. Il cardinale Bagnasco ha esortato i genovesi a non arrendersi e a volgere lo sguardo verso Dio. Nel pomeriggio recuperato il corpo di Mirko Vicini, il dipendente Amiu schiacciato con il suo furgone. E' morto in ospedale Marian Rosca, il romeno ferito gravemente nel crollo

Debora Donnini-Città del Vaticano

(ultimo aggiornamento 19-08-2018, 10.00)

Ai funerali di Stato per 19 delle 41 vittime finora accertate, l’arcivescovo di Genova, il cardinale Angelo Bagnasco, ha esortato ieri a guardare in alto, verso Dio, fonte della speranza e della fiducia. Le esequie sono state celebrate nel padiglione "Jean Nouvel", presso la Fiera, alla presenza del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e delle più alte cariche dello Stato. Come rappresentanti del governo, il premier Conte e tra i ministri Salvini, Di Maio e Toninelli. Presenti anche i vertici della societa' Autostrade per l'Italia. Venti famiglie, invece, hanno voluto celebrarli in forma privata. A Genova le bare sono coperte di rose bianche. A distinguerle sono gli oggetti personali: bandiere cilene, peluche, magliette. Spicca fra le altre quella bianca: è di Samuele, otto anni, la vittima più piccola, che ha perso la vita assieme ai genitori. Si respira dolore e commozione al funerale ma anche tanti applausi, ripetuti più volte per soccorritori e vigili del fuoco. Al termine, la preghiera dell'imam per due fedeli di religione islamica. Anche lui ha parole commosse e, come l'arcivescovo, sottolinea che Genova non si arrende: "Genova, che in arabo significa 'la bella', sapra' rialzarsi. Le comunita' islamiche pregano perche' la pace sia con tutti voi. Che il Signore protegga l'Italia e gli italiani".

Ogni doverosa giustizia nulla cancella

Il crollo del ponte Morandi sul torrente Polcevera ha provocato uno squarcio nel cuore di Genova ma nonostante la ferita profonda, la città “non si arrende”, ha ricordato, infatti, nell'omelia il porporato. Viene richiamata l’onda di preghiera che si è levata, a cominciare da quella del Papa che “anche ieri sera, con una telefonata affettuosa, ha voluto manifestarci la sua prossimità”. Un dramma, quello del 14 agosto, che fa toccare in maniera brutale “l’inesorabile fragilità della condizione umana” e di fronte al quale “ogni doverosa giustizia nulla può cancellare e restituire”. Ma “come altre volte – afferma fra gli applausi - noi genovesi sapremo trarre dal nostro cuore il meglio, sapremo spremere quanto di buono e generoso vive in noi e che spesso resta riservato, quasi nascosto”.

Fede e fiducia

Eppure quanto più ci si sente deboli, tanto più si scopre che i legami umani sono necessari, tessuto di una società che si dichiara civile, vincoli che richiedono fiducia per attraversare le circostanze della vita. Il cardinale Bagnasco esorta, quindi, ad avere fede che, anche se non dissipa “tutte le nostre tenebre”, illumina però il cammino passo dopo passo, e a ricorrere alla presenza di Gesù che accompagna. Il porporato sa bene che il ponte rappresentava un’arteria essenziale per lo sviluppo della città ma sa anche che i genovesi non si arrendono. Loda, poi, la tempestività che si è realizzata a tutti i livelli e si augura che ora numerosi sfollati “possano ritrovare presto il calore della casa”. In una parola il suo invito è ad alzare lo sguardo per “costruire ponti nuovi e camminare insieme”.

Il bilancio sale a 43 morti, ritrovato il corpo di Mirko

Sul fronte delle ricerche, intanto, è stato ritrovato anche il corpo dell'ultimo disperso: Mirko Vicini, operaio di Amiu, la municipalizzata dei rifiuti, che era nel capannone dell'azienda investito dal crollo. E' morto invece all' ospedale San Martino di Genova, Marian Rosca, di origini romene, che nel crollo aveva riportato un trauma toracico e cranico. Il bilancio ancora provvisorio è di 43 morti. Ci sono ancora una decina di feriti molto gravi. Nella notte tra venerdì e sabato erano stati ritrovati i corpi della famiglia Cecala, papà, mamma e la piccola Kristal di 9 anni. L’auto su cui viaggiavano è stata completamente schiacciata da un grosso blocco di cemento. Sul luogo del disastro,  prima delle esequie, si è recato il capo dello Stato: è apparso visibilmente commosso di fronte all’auto della famiglia. E dopo le polemiche e le analisi dei giorni scorsi, il governo ha avviato la procedura per revocare la concessione ad Autostrade per l’Italia, ritenuta responsabile della tragedia di Genova.

Mons. Gianluigi Ganabano, direttore dell’Ufficio liturgico della diocesi, racconta nell’intervista realizzata da Antonella Palermo, il lavoro della diocesi che ha cercato in ogni modo di essere vicina alla gente. (Ascolta l'intervista a mons. Gianluigi Ganabano su Genova)

R. – La nostra diocesi si è impegnata con diversi sacerdoti, che da giovedì sono qui in modo ininterrotto proprio per essere vicino a queste famiglie, sotto l’aspetto spirituale, ma molto anche umano: con parole, gesti, ascolto… E questo certamente per queste persone è stato un segno molto forte, tangibile, di una vicinanza; anche perché molti di loro non sono genovesi. È stato pertanto il segno di una Chiesa, di una città, che hanno saputo, pur nella difficoltà e nel dolore, accogliere e ascoltare gli sfoghi di queste persone.

Monsignor Ganabano, oggi ancora sui giornali si continua a parlare del fatto che diverse famiglie hanno rifiutato i funerali di Stato. Anche da parte sua, che tipo di segnale è questo?

R. – Certamente, di fronte alla drammaticità dell’evento, è naturale che molte famiglie preferiscano che la loro situazione resti più privata: tornare nelle proprie case, dai propri familiari, nel proprio ambiente, dove si è nati e cresciuti, e dove si vive. E pertanto questo è un aspetto che ha portato molti anche a tornare e a non voler partecipare ai funerali solenni. In altri – giustamente – c’è anche la rabbia, la difficoltà, il dolore, di fronte a queste situazioni che troviamo, ripetutamente ormai, nella nostra Italia. E pertanto c’è anche proprio questo senso di rabbia verso lo Stato e verso le istituzioni.

C’è la situazione molto sofferta degli sfollati: cosa si sta facendo per loro?

R. – L’ufficio Migrantes della diocesi ha messo a disposizione posti per alloggi, così come il Comune e la Regione. Certamente, tutto questo provoca delle difficoltà e ancora molte incognite, sulla situazione del ponte e sulle decisioni che saranno prese prossimamente. Inoltre, ci sono incognite relative alla sua attuale resistenza: questi sono quindi tutti elementi che giorno per giorno vengono verificati. Di certo queste famiglie stanno vivendo un momento difficile, perché hanno lasciato la propria casa dove hanno tutta la loro vita, il loro sudore, le loro fatiche. C’è gente che, arrivata a Genova da due anni, aveva appena avviato un mutuo. Ecco, ci sono tanti aspetti, certamente difficili, ai quali si cercherà, sicuramente nel tempo, di poter provvedere nel miglior modo possibile.

Monsignor Ganabano, un colpo questo che avrà delle conseguenze economiche molto forti in una città già sofferente per anzianità della popolazione, per l'emigrazione dei più giovani, per moltissime persone che vivono di stenti. C’è una povertà abbastanza diffusa anche tra gli stessi genovesi: è così?

R. – Sì, certamente. Il crollo del ponte Morandi crea ancora di più questo peso e questa divisione, tenendo conto che per noi quel ponte univa il Ponente con il Levante della città. Quindi è un elemento molto importante per la vita quotidiana dei cittadini e di coloro che lavorano, ma anche per tutto il movimento in Italia, per quanto riguarda i trasporti, tenendo conto che questo ponte è anche vicino all’aeroporto e al porto della città e pertanto influisce su due elementi molto forti.

Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui

18 agosto 2018, 12:03