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Sant'Andrea Bessette

Sant'André Bessette Sant'André Bessette 

Una vocazione improbabile

Quando il 25.enne Alfred Bessette (1845-1937) si presenta alla porta della Congregazione della Santa Croce d Montréal chiedendo di diventare un religioso, il superiore non può fare a meno di dubitare della sua vocazione. Il giovane, rimasto orfano dodicenne, è di una povertà che rasenta l’indigenza. Per gran parte della sua vita ha lavorato come operaio itinerante, a Québec e nelle fabbriche degli Stati Uniti. Gli impieghi trovati fin lì sono durati poco per via della salute cagionevole che il ragazzo si trascina fin dalla nascita, una fragilità che non gli consente di lavorare con la stessa energia degli altri operai. E poi come può un illetterato ambire a un posto in un Ordine di frati insegnanti? Tutto suggerisce di rifiutare il richiedente, anche se nella testa del superiore della comunità non si smorza l’eco delle parole scritte dal suo padre spirituale: “Le sto mandando un santo…”.
Il superiore tuttavia esita e almeno inizialmente allontana Alfred. La cosa giunge alle orecchie del vescovo di Montréal, che interviene e la questione si sblocca. I Fratelli della Santa Croce aprono infine le porte a questo giovane dall’aria così malsana, che tanto li preoccupa. “Fratel Andrea” diventa il nome nuovo per la nuova vita di Alfred. Al momento di trovargli un’occupazione, la cosa ritenuta più adatta per lui è quella di presidiare l’ingresso del collegio come frate portinaio. “Alla fine del mio noviziato – scherzerà più tardi Fratel Andrea – i miei superiori mi mostrarono la porta e lì sono rimasto per 40 anni…”.

Il portiere

Quando è sempre la stessa persona ad aprire la porta a centinaia di persone, giorno dopo giorno, anno dopo anno, qualcosa accade. Le persone cominciano a venire per lui: qualcuno intuisce che quel fraticello prega più dei suoi confratelli, in diversi iniziano ad aprirgli il cuore, a raccontargli le loro sofferenze. E lui prega con i malati, chiede a Dio di guarirli, li raccomanda a San Giuseppe, figura che ama moltissimo. Discretamente in città comincia a spargersi la voce: ma è proprio quel frate semplice quello che non sa nemmeno leggere? Dio gli ha dato il dono della guarigione… Sempre più spesso la gente non viene più per andare a trovare quelli che sono “dentro”, preferisce fermarsi sulla soglia, là dove è possibile vedere e parlare con quel portiere così unico. Il portiere che guarisce.
Gli altri frati cominciano a mugugnare. Alcuni lo attaccano dicendo che è un imbroglione. Uno così può essere solo un pericolo per la Congregazione. Ma questo tipo di critiche resta incomprensibile per fratel Andrea. Certo che non sono io che guarisco, spiega ai confratelli. Io prego San Giuseppe e lui intercede per loro presso Gesù, semplice. Nel frattempo il numero delle persone che chiede la guarigione cresce così a dismisura, che i superiori chiedono a fratel Andrea di andare a riceverle nella vicina stazione del tram. Le lettere che gli scrivono arrivano presto a 80 mila in un anno…

“Vai da Giuseppe …”

La risposta di fratel Andrea a tutti quelli che si rivolgono a lui è sempre la stessa: “Vai da Giuseppe, lui ti aiuterà”. “Vieni, preghiamo insieme”. Nel 1904 fratel Andrea chiede all’arcivescovo di Montréal il permesso di costruire una cappellina in onore di San Giuseppe, dall’altro lato della strada, di fronte alla scuola. “Se hai il denaro…” è la risposta del vescovo. Fratel Andrea di soldi non ne ha e così aggiunge una mansione al suo servizio, si mette a tagliare i capelli a 5 centesimo a taglio. Pochi anni dopo ha risparmiato quando basta per costruire quella che, in fin dei conti, è appena una capannina senza tetto. Ma col passare degli anni i muri si consolidano, viene aggiunto il tetto, il riscaldamento… e i pellegrini che affluiscono sono però così tanti che si inizia a progettare una basilica che possa sostituire la capannuccia di legno. In questo luogo di miracoli nel quale Gesù viene a visitare i disperati, i pellegrini portano le ferite del cuore, le sofferenze del corpo e la loro devozione a San Giuseppe. E anche al suo amico, questo frate semplice che li riceve e li aiuta a pregare.
Ha 90 anni, fratel Andrea, quando chiede ad alcuni del suoi “colleghi” di mettere una statua di San Giuseppe nella chiesa ancora incompiuta. Lo portano, vecchio e malato, fin su, in cima alla collina, in modo che possa vederla. Quando muore, il 6 gennaio 1937, le centinaia di migliaia di pellegrini che erano venute nel corso degli anni, tornano, nonostante il rigido inverno canadese. Vengono con tanta gratitudine e riconoscenza: in una settimana oltre un milione di persone sfila davanti alla bara del frate illetterato, che le ha accompagnate nelle loro preoccupazioni e nelle loro sofferenze, che era stato per tutti una sorta di passaggio per il Paradiso.
L’Oratorio di San Giuseppe, ultimato dopo la morte di fratel Andrea, continua a richiamare oltre due milioni di pellegrini l’anno. È pieno di grucce, piccoli scritti di ringraziamento, preghiere. Le firme degli amici di fratel Andrea, di ieri e di oggi.