Vescovo Ugento: Alessano attende con gioia Papa Francesco
Barbara Castelli – Città del Vaticano
A 25 anni dalla morte del vescovo di Molfetta, mons. Tonino Bello, Papa Francesco sarà ad Alessano e Molfetta per rendere omaggio a questo fedele testimone del Vangelo, profeta della pace e della non violenza. Nel paese natale del presule, scomparso a 58 anni per un tumore, da tempo fervono i preparativi per questo appuntamento con il Pontefice, scandito dalla preghiera privata sulla tomba di don Tonino e dall’incontro con la popolazione. Un evento per il quale tutti si sono preparati soprattutto con la preghiera, come racconta ai nostri microfoni il vescovo di Ugento – Santa Maria di Leuca, mons. Vito Angiuli.
R. - Ci siamo preparati sotto tre aspetti: innanzitutto con la preghiera, perché evidentemente vogliamo vivere questo appuntamento con il Papa in maniera intensa, dal punto di vista spirituale. È un incontro con un servo di Dio, con don Tonino Bello, che per noi è diventato una grande figura di riferimento. In secondo luogo, ci siamo preparati con un approfondimento di tipo culturale dei suoi scritti, per comprendere meglio il suo messaggio, soprattutto in riferimento ai giovani. In terzo luogo, ci siamo preparati anche con iniziative di carattere pastorale, che hanno coinvolto il popolo di Dio e, ancora una volta in maniera particolare, i giovani. Quest’anno abbiamo fatto una serie di incontri con i ragazzi sui temi ripresi dagli scritti di don Tonino.
Don Tonino con il suo esempio, con la sua “Chiesa del grembiule” ha molto in comune con Papa Francesco …
R. - Il confronto, la sintonia tra i due si esprime su diversi livelli. Ovviamente a livello linguistico, ma direi anche sul piano dello stile pastorale. Questo rende ancora più gioioso l’incontro con Papa Francesco perché in un certo senso è come riascoltare don Tonino.
“L’unica porta che ci introduce nella casa della credibilità – diceva don Tonino – è quella del servizio”, un compito che ha svolto fino all’ultimo respiro. Cosa lascia in eredità don Tonino a tutti voi?
R. - Ci lascia un’eredità certamente molto bella, però anche molto impegnativa: ci responsabilizza perché evidentemente, come lui diceva più volte, quello che è importante è il potere dei segni, il coinvolgimento della nostra vita come Chiesa, come credenti dentro quelle che sono le dinamiche della storia per portare il Vangelo in una chiara testimonianza personale e anche comunitaria. È quello che anche noi stiamo cercando di fare con alcuni impegni che abbiamo preso, innanzi tutto quello dell’accoglienza. Proprio nel paese di Alessano abbiamo ristrutturato un vecchio convento. Lì è sorta quella che viene chiamata la “Casa della convivialità”, dove attualmente sono presenti alcuni giovani migranti. Poi l’altro impegno preso è quello di realizzare la “Carta di Leuca”, cioè un meeting di giovani che vengono da diversi Paesi del Mediterraneo che si ritrovano insieme per riflettere e per rilanciare il messaggio della convivialità delle differenze.
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