Bosnia. L’appello di Msf: "il campo di Vucjak deve essere chiuso"
Chiara Colotti – Città del Vaticano
Sono 20.000 le persone arrivate quest’anno in Bosnia, nei loro occhi la speranza di proseguire il loro viaggio verso nord cercando protezione in altri Paesi europei. La regione è oggi uno dei nodi più difficili lungo le rotte della migrazione in Europa. E lo sanno bene gli operatori di Medici senza frontiere (Msf) che ogni giorno assistono i migranti al confine, fornendo loro cure mediche e psicologiche. “La situazione qui è molto precaria”, dichiara Tommaso Santo, capomissione Msf Grecia. “Queste persone non hanno accesso ai servizi di base”.
Le condizioni dei migranti
Cala l’inverno e con temperature vicine allo zero, peggiorano inesorabilmente le condizioni dei migranti stipati in edifici abbandonati o ripari di fortuna intorno alle città al confine con la Croazia. “Nei tre campi della provincia di Una-Sana - spiega Santo - si trovano attualmente tra i 7.000 e gli 8.000 migranti e richiedenti asilo”. Tentano di attraversare il confine tra Bosnia e Croazia ricorrendo al cosiddetto “game”, tutt’altro che un gioco in realtà. “Partono la notte in gruppi - spiega - e passando per le montagne, cercano di varcare la frontiera camminando anche per dieci giorni”. La maggior parte di loro viene tuttavia “intercettata dalla polizia di frontiera, vengono picchiati, spogliati di ogni bene e rimandati indietro”, sottolinea il capomissione. Come racconta Santo, queste persone tornano con segni evidenti delle percosse subite ed estremamente turbate da questa esperienza di violenza.
Il campo di Vucjak
Una tendopoli improvvisata, che sorge su una ex discarica in un’area minata e contaminata da metano. Sono queste le condizioni in cui versa il campo di Vucjak, al confine tra Bosnia e Croazia, nato come una soluzione temporanea per offrire riparo alle persone lasciate fuori dai campi ufficiali. “Non c’è cibo, non c’è acqua, non ci sono servizi igienico-sanitari, insomma manca tutto. L’inverno poi inizia a farsi sentire”. Queste le parole del capomissione che non usa mezzi termini nel descrivere il campo di Vucjak, non in linea con gli standard umanitari. Nonostante le pessime condizioni di vita dei migranti, le autorità hanno annunciato lo scorso 13 novembre che il campo resterà così per l’intera stagione. “Siamo preoccupati - rimarca Santo -, con l’inverno in arrivo la situazione non potrà che peggiorare”. Nel far fronte alle necessità dei migranti presenti nella zona, i volontari di Msf sono in prima linea. “Come Medici senza frontiere - prosegue il capomissione - abbiamo iniziato a supportare una piccola clinica, a qualche centinaio di metri dal campo e dove riusciamo a visitare tra i 30 e i 40 pazienti al giorno fornendo loro assistenza sanitaria e psicologica”.
Gli interventi di Msf
“Attualmente - continua Santo - stiamo appoggiando due cliniche del Ministero della salute, una nella zona di Velika Kladusa e una a Vucjak”. Nello specifico, l’Ong offre medicinali, mette a disposizione personale sanitario e distribuisce beni di prima necessità tra cui scarpe e coperte. Msf è attiva nella regione dal mese di agosto e da allora ha fornito circa 1.200 consultazioni mediche a persone che altrimenti non avrebbero avuto accesso alle cure.
L’appello di Msf
Medici senza frontiere lancia un appello forte e chiaro. “Chiediamo - afferma Santo - che il campo di Vucjak venga chiuso: è un luogo disumano e nessuna persona dovrebbe vivere in una situazione del genere”. “Vorremmo vedere i migranti - conclude - in campi o abitazioni adeguate, con servizi di base, e vorremmo che non fossero vittime di violenza”, episodi che lasciano un segno indelebile per tutta la vita.
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