Haiti, il grido del vescovo Dumas: Chiesa e popolo stanchi di rapimenti e omicidi
Federico Piana - Città del Vaticano
I vescovi di Haiti non si danno per vinti. Non gettano la spugna nemmeno davanti all’ultimo atto di violenza che costringe il Paese caraibico ad allungare una lista che ormai da molto tempo gronda sangue e dolore: qualche giorno fa, un familiare di una suora, superiora di un ordine religioso, è sparito senza lasciare traccia. Rapito, come le sei suore della congregazione di Saint-Anne, poi rilasciate il 25 gennaio scorso dopo alcuni giorni di prigionia. “In nome di Dio, chiediamo alle autorità di porre fine alle sofferenze del popolo haitiano”, è tornata a gridare la Conferenza Episcopale locale.
Appelli ignorati
E proprio solo Dio sa quante volte questo appello è stato vergato con lettere di fuoco in decine di note e di comunicati. Tutti disattesi, sempre. Ma l’amore per la propria gente li ha convinti a gridare ancora una volta, ancora più forte: “Noi ne abbiamo abbastanza di omicidi, di stupri, di rapimenti, che si sono consumati soprattutto negli ultimi tre anni”, hanno scritto i dieci presuli haitiani che alle autorità locali hanno chiesto di “rendersi conto della gravità della situazione attuale e di prendere una decisione saggia per il bene di tutta la nazione le cui fondamenta sono seriamente minacciate”.
Rischio guerra civile
Tra quei dieci vescovi che non hanno gettato la spugna c’è monsignor Pierre-André Dumas. Lui non è solo il vice presidente della Conferenza Episcopale di Haiti ma è anche il pastore di Anse-à-Veau-Miragoâne, la diocesi dove è avvenuto il rapimento delle sei suore. È il vescovo che per tentare si salvarle aveva offerto addirittura sé stesso ai sequestratori come merce di scambio. La guerra tra bande armate che rischia di trasformarsi in conflitto civile, dunque lui la conosce bene. Ed è proprio per questo che ai media vaticani ribadisce la necessità che l’attuale primo ministro guidi al più presto una transizione pacifica del potere, per evitare altri spargimenti di sangue. “Eravamo convinti che dopo gli accordi politici assunti solennemente, il 7 febbraio scorso, festa della caduta della dittatura, potesse diventare la data giusta per un nuovo inizio nel quale creare le condizioni per far nascere istituzioni democratiche, invece non è stato così”, spiega.
Chiesa vicina alla popolazione
Il popolo non ce la fa più, è l’allarme lanciato da Dumas, che all’orizzonte vede rivolte e sommosse. “La gente è stanca di morte e povertà – ribadisce, in piena sintonia con tutta la Conferenza Episcopale- e la Chiesa è accanto al popolo. Ma il compito della Chiesa è quello di far capire che si devono trovare soluzioni pacifiche. Lo abbiamo ribadito anche alle autorità alle quali abbiamo chiesto azioni coraggiose e ispirate dalla sapienza”. Che la società haitiana sia al collasso, paralizzata dal terrore, lo si capisce meglio quando il vescovo racconta che “ormai sono quattro settimane che i bambini non studiano più perché le scuole sono chiuse a causa della recrudescenza delle violenze. Anche questo è un segno di fallimento”.
Cammino di pace e libertà
Nella lettera per l’imminente quaresima che monsignor Dumas sta preparando per i fedeli della sua diocesi ci sarà un riferimento al cammino verso la vera liberà, fatta di pace e di amore fraterno. “Noi - sostiene - dobbiamo farci ispirare da Gesù che dice: alzati, perché dobbiamo andare. Un po’ come Elia, come Mosè, come Giosuè, come Giona, che hanno camminato per risvegliare il popolo, uscire dal coma spirituale e poter vivere come Dio vuole".
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