È Beata Clara Fey, Madre delle Suore del Povero Bambino Gesù
Roberta Barbi e Roberto Piermarini - Città del Vaticano
“Ho bisogno di restare attaccata a Gesù come il ramo alla vigna, altrimenti la mia fede appassirà”. Diceva sempre così, madre Clara Fey, alle sue consorelle, testimoniando una fede che necessita di continua linfa vitale, quella che solo la preghiera e il servizio al prossimo sanno donare. Erano questi, per lei, due aspetti inscindibili della vita, e allo stesso tempo viveva come fossero un tutt’uno Cristo e i suoi compiti quotidiani: c’era sempre Cristo al centro e sempre lo vedeva in ogni persona incontrasse, incarnando appieno le parole del Vangelo di Giovanni “Rimanete in me”, come sottolinea anche il cardinale Angelo Amato: “Il suo esempio e il suo insegnamento sono ancora vivi oggi nel cuore delle sue suore. Avendo cura dei piccoli e dei poveri, esse realizzano la Parola di Gesù Manete in me. Solo nella carità verso i bisognosi si rimane in Cristo e Cristo rimane in noi”.
Una vocazione maturata in sogno
Clara nacque e visse in una famiglia ricca molto religiosa e dedita alla solidarietà, in cui fioccarono le chiamate del Signore, aveva infatti due fratelli sacerdoti; inoltre fu allieva di Luise Hansel, la poetessa tedesca convertita al cattolicesimo la cui vita fu testimonianza perenne di pietà cristiana: questo contribuì certamente a costruire la sua vocazione che però si radicò in lei dopo un singolare sogno. Aveva 11 anni, Clara, quando sognò un giovane povero che la invitava a occuparsi dei tanti fratelli e sorelle che aveva in città. Alla domanda su chi fosse, questi rispose, indicando il cielo: il Bambino Gesù. E fu così che, una volta diventata suora, decise di consacrare proprio al Povero Bambino Gesù il nuovo Ordine da lei fondato.
Il contesto sociale della Germania del XIX secolo
Erano gli anni dell’industrializzazione e anche ad Aquisgrana i poveri si moltiplicavano. La piccola Clara entrò presto in contatto con la povertà e la sofferenza che vivevano gli operai della fabbrica tessile di suo padre, tanto che con la sua eredità iniziò un’attività di accoglienza per i bambini orfani e disagiati. Dopo aver aperto una scuola per i piccoli, ai quali venivano regalate le tanto bramate scarpe, le fu concesso di utilizzare l’antico monastero domenicano in Jakobstrasse. Assieme alle altre suore indossava l’abito nero con lo scapolare bianco dei Domenicani, ma quando presero i voti definitivi e lei divenne Madre Superiora, la nuova congregazione si basò sulla Regola di Sant’Agostino e iniziò a occuparsi anche dell’istruzione delle giovani donne, come ricorda ancora il card. Amato: “Mentre la società era sollecita nel favorire il progresso materiale, questa autentica eroina del Vangelo di Cristo si preoccupò di promuovere la dignità delle giovani povere, educandole e proteggendole dai pericoli dell’abbandono e dell’emarginazione”.
Kulturkampf e diaspora: una chiamata ad agire nel mondo
La battaglia politica tra Stati tedeschi e Chiesa cattolica, nota come Kulturkampf, fu in Prussia particolarmente forte a causa dell’azione anti-papale dei protestanti. Religiose e religiosi furono ben presto esclusi dall’attività educativa e per Clara e le sue consorelle la conseguenza fu trasferirsi nella vicina Olanda, a Simpleved, dove fondarono Casa Loreto. Fu così, quasi per caso, che l’Ordine abbracciò la dimensione mondiale che ha tutt’oggi, con suore presenti in Colombia, Perù, Kazakhstan, Lettonia, Olanda, Belgio, Austria, Regno Unito e Indonesia. Nel 1891, quando l’ondata passò, Clara era troppo anziana per tornare in Germania, così, tre anni dopo, morì in Olanda, dove i suoi resti rimasero fino al 2012 per poi riposare nella cattedrale di Aquisgrana. In occasione della Beatificazione, però, sono stati traslati nella cappella del convento di Jakobstrasse, in modo che tutti i fedeli possano vederla e pregare “assieme” a lei.
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