Ep. 55 - I denari e il sogno (suicidio di Giuda, Gesù davanti a Erode e Pilato)
Il destino del Nazareno è segnato. Intanto Giuda Iscariota si è avvicinato e affacciato più volte alla sala dov’era riunito il Sinedrio. Ha assistito all’ultimo scambio tra Gesù e Caifa. Ciò che è seguito subito dopo, con il Nazareno fatto oggetto di scherni e sputi e i sacerdoti in subbuglio, lo ha profondamente colpito. “Rabbì, hai detto di essere il Messia, perché non manifesti la tua potenza?”. Mentre lo diceva sentiva crescere dentro di sé la rabbia e lo sconforto per ciò che aveva fatto. Preso dal rimorso, riporta le trenta monete d’argento ai capi dei sacerdoti e agli anziani, dicendo: “Ho peccato, perché ho tradito sangue innocente”. Anna e Caifa lo accolgono con freddezza e profondo disprezzo. I due prendono le monete date a Giuda e comprano il campo che verrà chiamato “Campo di sangue”. Nel frattempo Giuda, uscito dal palazzo, si procura una corda robusta va verso la valle della Geenna, trova un fico che sembra sospeso sopra un piccolo dirupo e lì si impicca. Il ramo dell’albero si spezza e il corpo dell’Iscariota cade squarciandosi sulle pietre.
È venerdì 7 aprile, tutto sta per compiersi. Quella notte una donna ha avuto incubi. Si chiama Claudia Procula ed è la moglie di Ponzio Pilato, consigliera del marito, governatore inviato da Cesare in quella terra. Claudia aveva sognato Gesù di Nazareth e aveva “visto” il male che stava per essere rovesciato contro di lui. Sussurra qualche parola all’orecchio del marito mentre questi lasciava la stanza da letto. Un centurione bussa alla porta di legno dell’alloggio del governatore: “I sacerdoti vengono per portare in giudizio un uomo, Gesù di Nazareth”, gli dice l’ufficiale. La notizia lo infastidisce notevolmente.
Conducono Gesù dalla casa di Caifa nel pretorio. Pilato esce verso di loro e domanda: “Che accusa portate contro quest’uomo?”. Gli rispondono: “Abbiamo trovato costui che metteva in agitazione il nostro popolo, impediva di pagare tributi a Cesare e affermava di essere Cristo re”. Comprendono immediatamente che il governatore fatica a credere alle accuse. Pilato, dopo essersi accertato che Gesù fosse galileo e che dunque stesse sotto l’autorità del tetrarca di Galilea e Perea, lo rinvia a Erode.
Anche il tetrarca è in città nei giorni della Pasqua e alloggia nel suo palazzo, attende il Nazareno seduto nella sala più suntuosa del palazzo. Lo interroga, facendogli molte domande, ma egli non gli risponde nulla. La tensione si alza ulteriormente. Allora anche Erode, con i suoi soldati, lo insulta, si fa beffe di lui, gli mette addosso una splendida veste e lo rimanda a Pilato. Mentre il Nazareno usciva dalla stanza, Erode gli si avvicina e pieno di rabbia per il silenzio del suo interlocutore, sibila: “Non mi sembri affatto un re! In te vedo solo un pazzo!”.