Moraglia: il Papa a Venezia ci ha richiamato a essere Chiesa
Alvise Sperandio - Venezia
“Caro Papa Francesco, la Madonna della Salute l’accompagni sempre e noi, con affetto, Le rivolgiamo il saluto caro ai veneziani: viva San Marco, viva Venezia”. Così ha salutato Papa Francesco, al termine della Messa celebrata in Piazza San Marco ieri, domenica 28 aprile, presenti 10.500 fedeli, il patriarca di Venezia Francesco Moraglia che poche ore dopo il congedo dalla laguna del Pontefice, confida ai media vaticani: “Pietro, Marco, il Papa ci richiamano a essere Chiesa, a partire dalla preghiera e trovando forza dalle origini”.
L’incontro in carcere alla Giudecca, con i giovani in campo della Salute e poi la messa in piazza San Marco: qual è il suo bilancio della giornata?
Una giornata indimenticabile in una Venezia storicamente accogliente ma anche città dell’arte. Il Papa ha voluto iniziare proprio con un gesto di accoglienza nel carcere femminile dove ha incoraggiato le ospiti alla speranza, alla ricostruzione della loro vita. È stato un messaggio contornato da una serie di interventi anche fuori programma con cui alcune detenute hanno detto qualcosa che proveniva dalla loro storia e dal loro cuore. Ci sono stati anche dei piccoli omaggi, lavori che vengono eseguiti con la collaborazione delle cooperative. Il Papa ha voluto passare una per una le file e salutare una per una le detenute, guardandole negli occhi, che è anche il tema della mostra del Padiglione vaticano alla Biennale. Il secondo momento nella casa di reclusione è stato il dialogo con gli artisti con cui il Papa ha ricordato il valore dell’arte che non deve diventare mercato. L’arte vale di più.
Nell’incontro con i giovani il Papa ha tenuto un discorso anche con alcune aggiunte a braccio, ricordando ai ragazzi che non sono un profilo da social, ma sono figli del cielo, figli di Dio.
E ha lavorato su due verbi: alzarsi e andare. Ha voluto stimolare ai ragazzi chiedendo se avevano capito e facendo ripetere più volte questi due verbi, che poi ha anche coniugato anche in modo diverso: per esempio ha sottolineato che non si possono guardare gli altri dall’alto al basso se non nell’unica circostanza in cui ci si china sulla persona per aiutarla a rialzarsi. Quindi, una volta alzati, bisogna camminare. L’altra sottolineatura ha riguardato la costanza: le cose si costruiscono con la costanza. Alzatevi, andate, non abbiate fretta: sappiate fare esperienza della vita. Il dono della forcola in un momento di venezianità in un luogo molto veneziano, dove i ragazzi hanno spiegato che ogni anno tornano col patriarca in pellegrinaggio alla Madonna della Salute, che è la festa dei veneziani. Potremmo dire sorridendo che anche chi non crede in Dio porta comunque una candela alla Madonna. Il Papa ha sottolineato l’importanza per le nuove generazioni di avere queste radici da cui si traggono le proprie origini, arricchendoci nel rapporto con gli altri.
Quindi il Papa ha attraversato il ponte di barche ed è arrivato a San Marco: nell’omelia Francesco ha detto molte cose su Venezia, la sua fragilità di città d’acqua e le sue potenzialità; e ha definito Venezia “terra che fa fratelli”.
Quest’ultima frase è stata la sintesi di altre considerazioni: Venezia città a misura di uomo, bambino, famiglia; città dove il bello deve essere offerto con generosità, ma anche una città che si difende da un turismo che potrebbe divorarla. Venezia deve restare città abitata, dell’incontro, non un luogo di passaggio ma di costruzione di presente e di futuro. La bellezza di Venezia è l’acqua, la laguna, i ponti che uniscono una serie di isolotti. Venezia è città non solo bella, è unica. Il Papa ci ha parlato di un’idea futura di Venezia, in cui l’inclusività è fondamentale. Ci ha richiamato a una responsabilità particolare. A Venezia si trova la verifica di quello che il Papa scrive nelle sue encicliche Fratelli tutti e Laudato si', testi così profetici e nello stesso tempo concreti.
Quale cammino è chiamato a compiere la diocesi ora sull’insegnamento del Papa?
Il Papa si è fermato per alcuni minuti in una preghiera silenziosa sull’altare della basilica cattedrale e cioè sulla tomba dell’evangelista Marco: lì mi è parso di vedere il richiamo del ritorno al Vangelo scritto da quello che fu segretario di Pietro, il primo Papa. Questo Vangelo, molto essenziale, che viene prima degli altri e dove Gesù pare apparire stizzato dai versetti brevi e nervosi, certe volte, di Marco, è il richiamo a trovare la nostra forza dall’origine, come ci ricorda la stessa basilica cattedrale. Pietro, Marco, il Papa ci richiamano a essere Chiesa. In motoscafo, andando verso l’elicottero per la ripartenza, abbiamo parlato un po’ e si vede, nella sua richiesta di preghiera per lui, la gioia ma anche l’impegno per le sfide della Chiesa. Siamo chiamati a partecipare di tutto questo iniziando dalla preghiera.
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