VNS – INDIA Prorogato fino al 5 luglio il ricovero in ospedale di Padre Swamy

VNS – INDIA Prorogato fino al 5 luglio il ricovero in ospedale di Padre Swamy

(VNS) - 18giu21 – Resterà in ospedale fino al 5 luglio padre Stan Swamy, l’anziano gesuita indiano, attivista per i diritti degli indigeni nello Stato del Jharkhand, arrestato lo scorso 8 ottobre dall’Agenzia antiterrorismo indiana (Nia) per presunti legami con i ribelli maoisti. Il sacerdote è accusato di sedizione e di essere coinvolto nei disordini scoppiati nel 2018 a Bhima-Koregaon, nello Stato del Maharashtra. Il religioso, che ha sempre respinto le accuse, ha 84 anni, è malato di Parkinson e ultimamente ha contratto anche il Covid-19. Il carcere ha aggravato ulteriormente la sua salute e quindi il 28 maggio è stato ricoverato a Mumbai, presso l’ospedale cattolico della Sacra Famiglia. Le sue dimissioni erano previste per il 14 giugno; poi l’Alta Corte dello Stato di Maharashtra ha concesso una proroga fino al 18 giugno ed oggi un’ulteriore deroga fino al 5 luglio, dato che le condizioni fisiche del gesuita sono state definite dal personale medico “particolarmente critiche”.

I confratelli di Padre Swamy hanno accolto con favore la decisione del Tribunale, anche se hanno riferito di non aver letto alcun referto medico e di non conoscere altri dettagli al riguardo. “Siamo comunque felici - ha detto padre Arockiasamy Santhanam, avvocato gesuita che segue il caso – che l’Alta Corte abbia consentito una proroga al suo ricovero in ospedale e continuiamo a pregare per la sua guarigione e la sua salute”. Intanto, è stata fissata per il 3 luglio la prossima udienza per la richiesta di rilascio su cauzione.

Da ricordare che in favore della liberazione di Padre Swamy si sono levate sin da subito molte voci: il 17 novembre scorso, ad esempio, un gruppo di leader cristiani ha presentato una petizione al premier Narendra Modi e al Capo dello Stato Ram Nath Kovind, mentre ad ottobre la Conferenza episcopale indiana ha parlato di “arresto incomprensibile”, ribadendo il notevole impegno del sacerdote a tutela dei diritti degli Adivasi, gli aborigeni indiani.

I vescovi hanno ricordato, inoltre, che “i cattolici in India sono sempre stati elogiati da tutti come una comunità di cittadini leali, rispettosi della legge e al servizio della ‘Madre India’. Hanno sempre contribuito alla costruzione della nazione e continuano a collaborare con il Governo per il bene comune di tutti gli indiani e per il progresso del nostro Paese. Chiediamo seriamente che i diritti, e i doveri di tutti i cittadini siano salvaguardati e che prevalgano pace e armonia tra tutti”.

Anche la Conferenza dei religiosi dell’India ha lanciato un appello per la scarcerazione di padre Swamy, così come la Federazione delle Conferenze episcopali asiatiche (Fabc) che, in una nota, ha scritto: “L'arresto e la spietata incarcerazione di padre Stan Swamy ci rammentano il trattamento riservato al Mahatma Gandhi quando si è battuto per i diritti del popolo indiano”. Da ricordare poi la partecipazione di Monsignor Peter Machado, arcivescovo di Bangalore, alla catena umana di solidarietà, lunga 3 km, che si è svolta nei mesi scorsi nella città dello Stato del Karnataka. "Il sacerdote deve essere rilasciato - ha detto ai media il presule - Invece di perseguitarlo, il governo dovrebbe incoraggiarlo per il grande servizio che ha reso ai poveri e ai diseredati”.

Sul caso è intervenuta anche l’Alto Commissario Onu per i diritti umani, Michelle Bachelet che, in una dichiarazione rilasciata ad ottobre 2020, ha chiesto al Governo di New Delhi di proteggere i diritti degli attivisti umani e delle ong, chiamando in causa la controversa l’Unlawful Activities Prevention Act (Uapa), la legge sulla prevenzione delle attività illegali in forza della quale padre Swamy è stato arrestato.

Vatican News Service -IP

18 giugno 2021, 18:56