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VNS – URUGUAY Ddl su eutanasia e suicidio assistito. Vescovi: accompagnare i malati con cure palliative, non ucciderli

VNS – URUGUAY Ddl su eutanasia e suicidio assistito. Vescovi: accompagnare i malati con cure palliative, non ucciderli

(VNS) – 18mag21 – Esseri contro l’eutanasia non significa essere a favore dell’accanimento terapeutico o della sofferenza inutile del malato: così, in sintesi, la Conferenza episcopale dell’Uruguay chiarisce la sua posizione, dopo una riunione con il Comitato per la Salute della Camera dei rappresentati. Al centro del confronto, svoltosi su Zoom il 12 maggio, il disegno di legge sull’eutanasia e il suicidio medicalmente assistito. Il primo luogo, informa il sito web della Ceu, “la non accettazione di un trattamento che tende a prolungare la vita per un breve periodo in mezzo a molta sofferenza non è eutanasia”, così come non lo è "la sedazione palliativa, sia essa profonda, superficiale o intermittente". Proteggere la dignità del morire significa, invece, “escludere sia l’eutanasia che l’accanimento terapeutico”, sia “accompagnare il paziente sofferente, curarlo, alleviare il suo dolore e aiutarlo affinché possa vivere l’ultima tappa della sua vita nel modo più sereno possibile”.

Il sollievo che si può dare ad un ammalato, continua la Ceu, non deriva solo “da un approccio tecnico-scientifico, ma anche affettivo ed emotivo”, perché “l’angoscia causata dalla malattia non sempre è accompagnata dal dolore fisico, bensì da un crollo emotivo che spesso porta il paziente alla depressione”. La sua libertà di scelta risulta, quindi, condizionata dal fatto che “qualsiasi forma di fuga è migliore della situazione” che sta vivendo. Di qui, il richiamo dei presuli ad incentivare le cure palliative, perché chi chiede di morire, in realtà, non vuole la morte in sé per sé, bensì desidera solo “non vivere più in quelle condizioni”. E infatti l’esperienza dimostra che “quando si interviene sulle cause della sofferenza, l’eutanasia non è più richiesta”.

In quest’ottica, i presuli chiedono “un impegno determinato” per portare le cure palliative a chi ne ha bisogno, per applicarle “non solo in fase terminale, ma come una prospettiva integrale di cura in relazione a qualsiasi patologia cronica e/o degenerativa”. Esse, infatti, sono “uno strumento prezioso e indispensabile per accompagnare il paziente nelle fasi più dolorose, croniche e terminali della malattia". Ma non solo: le cure palliative sono “un diritto di ogni persona e allo stesso tempo costituiscono l'espressione più autentica dell'azione umana e cristiana basata sull'etica della cura”, permettendo “l'umanizzazione della medicina".

La Ceu fa notare, inoltre, che “in un contesto in cui le cifre sui suicidi sono tra le più alte del continente” è incoerente “naturalizzare e giustificare un simile flagello riconoscendo, attraverso la legge, un nuovo ‘diritto a rinunciare a tutti i diritti’ e permettendo il suicidio medicalmente assistito con una sola causa, quella della sofferenza fisica o morale insopportabile”. Al contrario, è urgente pensare a “leggi che impediscano e non favoriscano tale pratica, in nessuna forma”. Inoltre, i presuli evidenziano che il Ddl stabilisce “legalmente una categoria di persone che possono essere uccise o aiutate a suicidarsi perché sono più limitate nella loro autonomia, malate o sofferenti”, mentre “coloro che sono sani e autonomi non possono essere uccisi o aiutati a suicidarsi”, perché “le loro vite hanno un valore sociale” tutelato dalla legge. La proposta normativa, finisce quindi per sancire “una discriminazione contraria alla pari dignità intrinseca di ogni essere umano”.

"La cosa più indegna è uccidere una persona – ribadisce la Ceu – quando invece la sua dignità esige, in primo luogo, il dovere di non ucciderla" e poi "azioni positive, come aiutarla, alleviarne la sofferenza e accompagnarla”. Le leggi che “cercano di legalizzare l’eutanasia o quelle che giustificano il suicidio e il suicidio assistito con il falso diritto di scegliere una morte definita, impropriamente, dignitosa solo perché scelta ‘liberamente’ – continuano i vescovi dell’Uruguay – sono gravemente ingiuste”, perché solo le azioni “conformi alla dignità rappresentano l’esercizio di un diritto”. Pertanto, queste normative “violano il fondamento dell'ordine giuridico, il diritto alla vita e l'esercizio della libertà umana". Morire con dignità, quindi, significa innanzitutto “non essere ucciso e poi essere tenuto in considerazione, accompagnato, aiutato, sollevato, fino alla fine”.  

Infine, la Chiesa cattolica dell’Uruguay ricorda che “il grado di sviluppo di un Paese si misura soprattutto dal modo in cui tratta i suoi membri più vulnerabili"; sarebbe quindi “molto triste se, nel momento di maggiore fragilità, quando il malato ha più bisogno di compassione, soccorso e accompagnamento, la società uruguaiana offrisse come risposta la morte”. All’incontro on line hanno preso parte Monsignor Arturo Fajardo, presidente della Ceu; Monsignor Pablo Jourdan, teologo morale ed esperto di eutanasia e malattie terminali; l'avvocato Diego Velazco e la dottoressa Ana Guedes, oncologa, laureata in Cure palliative e in Bioetica.

Il Ddl in questione prevede che la richiesta di eutanasia possa essere avanzata da una persona maggiorenne, capace di intendere e volere, affetta da una patologia terminale irreversibile e afflitta da sofferenze insopportabili, con il parere del suo medico curante e di un altro medico, che devono informarla sui possibili trattamenti terapeutici e sulle cure palliative disponibili. La richiesta di eutanasia è sempre revocabile senza nessuna formalità. È prevista l’obiezione di coscienza, ma il medico obiettore è obbligato a iscriversi in un apposito registro onde evitare che il richiedente si rivolga a lui.

Vatican News Service – IP

18 maggio 2021, 11:08