Biblioteca Apostolica, segni e alfabeti per dialoghi di senso
Maria Milvia Morciano - Città del Vaticano
"Parole aperte. Lessico giubilare del nostro tempo", l’iniziativa della Biblioteca Apostolica Vaticana (Bav), in collaborazione con l’Istituto di cultura e formazione Antonio Rosmini, è giunta al termine della rassegna scegliendo un tema che si riflette nel titolo stesso dell’evento: 'parola', che in questo ciclo di incontri, in cui sono stati approfonditi alcuni termini presenti nella bolla di indizione del Giubileo Pellegrini di speranza, diventa concentrazione, punto di arrivo "della possibilità di far dialogare fede, cultura, arte, varie espressioni artistiche in un luogo, il Salone sistino, che ha un valore storico legato proprio alla vocazione stessa della biblioteca", osserva don Mauro Mantovani, prefetto della Biblioteca Apostolica Vaticana.
Tutto è parola
Nel Salone Sistino, che ha fatto da teatro all'incontro, tutto rimanda alla parola: gli affreschi che lo decorano traducono in immagini diversi alfabeti e linguaggi, danno vita a un concerto simbolico creando un ponte tra la tradizione teologica, il magistero della Chiesa rappresentato dai concili e le grandi biblioteche dell’antichità: un legame e una sinergia volti a far coltivare e fiorire l’umano, a far dialogare quindi fede, cultura, aprendosi al dialogo con le varie culture e tradizioni religiose.
Come un cuore
Biblioteca e parole sono due realtà inscindibili e monsignor Giovanni Cesare Pagazzi, archivista e bibliotecario di Santa Romana Chiesa, osserva che la Bav è come un cuore che pulsa in due tempi, si apre e si chiude. Un duplice movimento, essenziale per la vita di un vivente, ma anche per una biblioteca, per la sua funzione di custode del sapere da trasmettere alle generazioni future. Il progetto "Parole aperte" si basa sull’idea che le parole abbiano il potere di aprire e creare relazioni, così come i primi balbettii che impariamo nell’infanzia, come “mamma” e “papà”, sono un’apertura all’affetto e alla comunicazione.
Esperienza degli uomini e la vera Parola
"Nelle parole si esprime tutta l’esperienza e la sapienza degli uomini", ha spiegato monsignor Andrea Lonardo, direttore dell’Ufficio per la catechesi e il catecumenato della Diocesi di Roma. Tuttavia, "ci troviamo a vivere in un contesto in cui c’è grande diffidenza della parola". Nonostante le apparenze, tutti ne diffidano e i ragazzi sanno scrivere e parlare sempre meno, la parola degli specialisti diventa sempre più arcana, complicata, filologica. E Lonardo cita Andrea Moro, un neuropsicologo: "l’uomo è l’unico essere che fa un uso infinito di segni finiti". La parola è un segno finito: uno scimpanzé conosce 130 simboli, può impararli, ma non sa scrivere una poesia, non sa dire una preghiera. "La parola è quella capacità che ha l’uomo in maniera infinita di poetare o di vedere con la scienza, la religione, la fede, la preghiera, perfino la bestemmia di rapportarsi in relazione all’universo", prosegue il direttore dell'Ufficio della Diocesi romana, "ma Cristo è più grande di tutta l’esperienza degli uomini, è la parola". Lo ha ricordato Papa Francesco quando ha detto che "la parola di Dio precede ed eccede la Sacra scrittura", è più grande. "Non basta leggere la Scrittura per capirla, bisogna avere in mente Gesù, perché lui è la vera Parola", conclude Lonardo.
Immagini e parole che sembrano cantare
Gennaro Colangelo, direttore artistico del progetto "Parole aperte", ha introdotto l’attore Emmanuel Casaburi, che ha recitato una rassegna di letture legate ai Papi, da Giovanni XXIII fino a Leone XIV. Si tratta di testi fondamentali che indicano come i pontefici abbiano espresso la loro vicinanza rispetto al mondo della comunicazione e dell’arte.
Il discorso del 12 maggio scorso di Leone XIV agli operatori della comunicazione ci ha portato fino ai giorni nostri. Tutti i testi, attraversando quasi un secolo, compongono un ideale lessico di valori che il Giubileo raccoglie come eredità viva. È stato altresì toccante il monologo "La Madonna delle rose", tratto dall’opera teatrale Filumena Marturano di Eduardo di Filippo, al quale Papa Pio XII riconobbe valore di preghiera.
Fanno da corolla all’evento alcune opere che rievocano il tema della parola, come i facsimili del Papiro Hanna, tra le prime attestazioni della Sacra Scrittura, databili al III secolo d.C., dove si vede il punto in cui termina il Vangelo di Luca e comincia quello di Giovanni, e la Bibbia di Gutenberg. Per quanto riguarda l’arte figurativa, sono esposti la bellissima acquaforte con l’Annunciazione di Federico Barocci, traduzione grafica del dipinto realizzato tra il 1582 e il 1584, oggi nella Pinacoteca vaticana e alcuni dei Cento acquerelli del Commento al Vangelo dell'artista toscano Sigfrido Bartolini, realizzati tra il 1996 e il 1998.
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