Ettore Vernazza, un maestro della solidarietà nella Roma del Cinquecento
Di Emilio Artiglieri*
In un celebre testo dedicato alla figura di San Filippo Neri e alla società romana del suo tempo (1931, Luigi Ponnelle e Luigi Bordet), si ricorda che, dieci anni prima del celebre sacco di Roma, del 1527, “un germe a Roma era stato gettato, del quale si poteva sperare che divenisse un grand’albero. Lo spirito di santa Caterina da Genova riviveva in Ettore Vernazza, suo compatriota…, il quale, verso il 1517, impiantava a Roma la fondazione genovese dell’Oratorio del Divino Amore”.
Ci si può chiedere quale efficacia abbiano avuto questi uomini, che costituirono l’Oratorio del Divino Amore, in una Roma all’epoca paganizzante.
Certamente quella del lievito, che prepara oscuramente la trasformazione di tutta la massa; senza contare che il loro zelo li portava alle opere esteriori della carità, tra le quali la trasformazione dell’ospedale di San Giacomo in Arcispedale degli Incurabili.
L’Oratorio romano sarà anche il luogo in cui si incontreranno Gaetano da Thiene (1480 – 1547) e Gian Pietro Carafa (1476 – 1559), i due fondatori del primo Ordine di Chierici Regolari, l’Ordine dei Teatini.
Chi era Ettore Vernazza (Genova 1470 – 1524), ossia colui che portò a Roma la spiritualità e la disciplina del Divino Amore, maturate alla scuola della mistica Santa Caterina da Genova?
Del Vernazza è ora pendente, presso il Dicastero delle Cause dei Santi, la causa di beatificazione promossa dalla stessa Arcidiocesi di Genova; nel 2024 ne è stato solennemente celebrato il V Centenario dalla morte, proprio nello stesso anno in cui i Teatini ricordavano il V Centenario della loro fondazione.
È difficile sintetizzare l’ampia opera del Vernazza, notaio, padre di famiglia (ebbe tre figlie, tra cui la sua biografa, Tommasa, che assunse il nome religioso di Battistina e fu canonichessa regolare lateranense, ora Venerabile), e che, rimasto vedovo, dedicò tutte le sue energie a quelle opere buone, di natura assistenziale, (come la Compagnia del Mandiletto), ma anche educativa e culturale, e più propriamente religiosa, di cui sembrava non saziarsi mai e per le quali mise a disposizione le sue capacità giuridiche e finanziarie (suscita ammirazione il suo progetto di “moltiplico” dei fondi depositati presso il Banco di San Giorgio, conosciuto come Instrumentum locorum), infine sacrificando la stessa vita nell’eroico volontario servizio agli appestati.
Il 26 dicembre 1497, il Vernazza fu tra i promotori di una “devotissima compagnia” laicale che - espressione di un’interiorità più profonda e di una dedizione non comune agli scopi caritativi - si poneva quale fine principale quello di “radicare e piantare nei cuori l’amore di Dio, cioè la carità” con l’esempio della vita e nel nascondimento.
Tale Compagnia, denominata Fraternitas Divini Amoris sub divi Hieronymi protectione, risultò essere un’importante esperienza nel contesto del movimento ecclesiale pretridentino.
L’oratorio, in cui i membri laici con alcuni sacerdoti si riunivano - come previsto dallo Statuto - divenne il centro, ispiratore e propulsore, dei molteplici progetti assistenziali che ebbero - in Ettore Vernazza ed in alcuni altri autorevoli membri della stessa Compagnia - sia la forza spirituale, sia la concretezza operativa, necessarie a rendere efficaci le risposte alle esigenze individuate nella società del tempo.
I confratelli della Compagnia, originariamente, non dovevano superare il numero di trentasei membri laici e quattro sacerdoti, questi ultimi scelti dai confratelli stessi.
Che la Compagnia istituita verificasse nella concretezza dell’agire la ricerca dell’amore di Dio nei fratelli viene testimoniata dalla costituzione, a Genova, della Compagnia de Santa Maria del Ridutto de’ Poveri incurabili, i cui membri costruirono e poi gestirono un nuovo ospedale - per distinguerlo da quello di Pammatone - chiamato “Ospitaletto” o Hospitalis reductus infirmorum incurabilium, specializzato nell’assistenza degli ammalati incurabili – oggi definiti terminali – e di sifilide, nuovo flagello, allora ritenuto incurabile, abbattutosi sull’Italia a seguito della calata delle truppe francesi guidate da re Carlo VIII e per questo chiamato “mal francese”.
Circa i viaggi del Vernazza a Roma, il primo risulta effettuato dall’autunno 1511 alla primavera 1512.
Ritornò nuovamente a Roma nell’ottobre 1512 e vi rimase fino all’aprile del 1513.
Motivo principale fu quello di presentare a Giulio II, che sarebbe poi deceduto nel febbraio 1513, la supplica per l’approvazione dei Capitoli della Compagnia del Divino Amore: richiesta che venne concessa il 6 dicembre 1512 e poi confermata dal successore Leone X.
In quel periodo, tra i diversi prelati, ebbe anche modo di incontrare Gian Pietro Carafa, allora vescovo di Chieti, poi Paolo IV, che a Roma partecipava al Concilio Lateranense V (1512 – 1517), accompagnato dal protonotario apostolico Gaetano da Thiene, poi cofondatore dei Chierici Regolari Teatini.
Tutte queste relazioni permisero al Vernazza di attivare anche a Roma un primo nucleo del Divino Amore, che trovò sede presso la chiesa dei SS. Silvestro e Dorotea, a Porta Settimiana in Trastevere.
L’istituzione della Compagnia fu il primo passo verso l’apertura di un ospedale per gli ammalati incurabili ed un conservatorio per le donne “convertite”, sul modello delle istituzioni genovesi.
Tra i confratelli figurava Gaetano da Thiene, familiare di un altro genovese, Giovanni Battista Pallavicino.
Dagli statuti romani – che rispecchiano quelli genovesi - furono però bandite le pratiche penitenziali più severe, al posto delle quali la devozione si incentrò sulla liturgia eucaristica e sulla pratica sacramentale; inoltre il numero degli aderenti poteva essere, ed in effetti fu, superiore a quello di 40, aumentando anche la percentuale dei chierici rispetto ai laici.
Nel 1515 la sede per l’assistenza agli incurabili venne individuata nell’antico ospedale di San Giacomo in Augusta, gestito dalla Compagnia di S. Maria del Popolo per gli ammalati generici, come già Niccolò V aveva stabilito.
I suoi membri si fusero con quelli del Divino Amore e si adeguarono, o riscrissero, le regole alle nuove esigenze di assistenza.
L’ospedale venne trasformato ed ampliato ed ottenne l’approvazione da parte di Leone X il 19 luglio 1515 con il Motu Proprio Salvatoris nostri.
Lo stesso nosocomio venne poi eretto in arcispedale e con la Bolla Ex supernae dispositionis arbitrio del 18 giugno 1516 lo si rendeva immediatamente dipendente dal Sommo Pontefice: questo permetteva ai confratelli della compagnia romana che lo gestiva, ma anche a quelle ad esso correlate, la facoltà di gestire direttamente i beni dei singoli enti.
Oltre al ruolo di promotore, il Vernazza intervenne anche economicamente nella fase edificatoria dei nuovi spazi anticipando, a titolo di mutuo senza interesse, la significativa somma di 100 ducati.
Tra febbraio e marzo 1515 Ettore era ancora a Roma come risulta da un’annotazione presente in un atto contenuto nella sua filza notarile conservata presso l’Archivio di Stato di Genova. Nei mesi successivi rientrò a Genova per un breve periodo, come testimoniato da tre atti da lui rogati a favore di istituti religiosi.
Vi si trattenne per qualche tempo fino a quando, a seguito di problemi di gestione dell’ospedale romano dovette ritornare ed assumere in prima persona la carica di Camerlengo, come risulta da una sua sottoscrizione “Hector de Vernacia camarlingo” apposta in calce ad un’annotazione trascritta il 12 gennaio 1517.
Alcune fonti ricordano, a proposito dei rapporti tra il Vernazza e Leone X, che il primo si sarebbe così rivolto al Papa: “Voi, Santità, avete un bel proteggere le arti e le lettere, ma questa Roma non potete lasciar contristata da sì miserando spettacolo”.
Al di là dell’episodio, è certo che Leone X favorì moltissimo l’Ospedale degli Incurabili e l’Oratorio del Divino Amore.
L’attività del Vernazza si spinse fino a Napoli, dove, ugualmente, costituì con Maria Lorenza Longo, ora beata, un Ospedale per gli Incurabili.
Come si è accennato, la morte colse il Vernazza il 27 giugno 1524, per contagio, nel volontario servizio agli appestati, per i quali aveva anche costruito a Genova un Lazzaretto: anche se la causa di beatificazione è stata impostata sulla eroicità delle virtù, la sua fu una vera e propria eroica offerta della vita, offerta che rappresenta sicuramente il sigillo ad una esistenza tutta dedicata all’amore di Dio e del prossimo.
Roma lo ricorda ancora nella Basilica di Sant’Andrea della Valle dei Padri Teatini, dove è posta una targa, che ricostruisce la storia della Compagnia del Divino Amore, che, dopo la dispersione seguita al saccheggio di Roma del 1527, fu ristabilita nel 1667 presso la Chiesa di S. Maria in via Lata.
Nel 1751 l’Ordine teatino accoglieva la confraternita in Sant’Andrea della Valle, dove si trasferì con decreto del Cardinal Guadagni, Vicario di Sua Santità, che ne approvò gli statuti e l’eresse in arciconfraternita: si manifestava così lo stretto persistente legame tra la Compagnia del Divino Amore e l’Ordine Teatino, proseguendo l’amicizia spirituale tra i rispettivi fondatori.
*Postulatore della Causa di Beatificazione di Ettore Vernazza
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