Per il Triduo torna il podcast “Lettere da Gerusalemme”
Fabio Colagrande - Città del Vaticano
“Celebrare la settimana santa a Gerusalemme per noi cristiani è una grande grazia, uno straordinario privilegio, perché possiamo vivere e abitare quei luoghi santi dove si è compiuta la passione del Signore”. Si apre con queste parole il primo episodio del podcast “Lettere da Gerusalemme. Meditazioni sul Triduo in tempo di guerra”, scritto e interpretato, anche quest’anno per Radio Vaticana Vatican News, da don Filippo Morlacchi. Dal settembre 2018 in Terra Santa, come sacerdote fidei donum della Diocesi di Roma, don Filippo gestisce a Gerusalemme la “Casa Filia Sion” accanto alla Porta di Damasco, una delle principali della città vecchia. Un appartamento situato nella parte araba della Città Santa, al confine con quella ebraica, destinato ad accogliere piccoli gruppi di sacerdoti, seminaristi e laici della Capitale, in una zona strategica rispetto ai luoghi santi.
Un pellegrinaggio spirituale nei luoghi "svuotati" dalla guerra
Abituato da tempo a guidare gruppi di pellegrini nei luoghi della Passione, Morte e Resurrezione di Gesù, Morlacchi, dallo scorso anno, ha deciso di accogliere il nostro invito e realizzare un podcast che aiuti a meditare e pregare nei giorni del Triduo compiendo un percorso spirituale per le vie di pietra bianca di Gerusalemme: dal Cenacolo al Getsemani, poi lungo la Via dolorosa, fino al Calvario, per fermarsi al Santo Sepolcro. Luoghi che dal 7 ottobre 2023, per la nuova sanguinosa fiammata del conflitto mediorientale, sono ormai meta solo di gruppi sparuti di visitatori. Una grave perdita per la Chiesa di Terrasanta abituata a respirare con due polmoni: le comunità locali e i pellegrini. Docente di teologia, guida autorizzata, nonché appassionato del dialogo ebraico-cristiano, don Filippo scrive le sue meditazioni intrecciando le pagine del Vangelo con l’angoscia, la paura e il dolore, generati dalla guerra tra Israele e Hamas, e le speranze di pace che accomunano tutte le popolazioni.
Siamo noi la "chaburah" di Gesù
Nell’episodio del Giovedì santo ci mostra Gesù che sale a Gerusalemme insieme ai suoi discepoli per celebrare la Pasqua, secondo la prescrizione ebraica, organizzando una chaburah: un gruppo di pellegrini che diventano “casa e famiglia”. “Oggi ci stringiamo nel cenacolo, intorno al Signore, per essere la sua chaburah - spiega don Filippo - e nella memoria del suo “amore libero, immolato e senza limiti, troviamo un argine solido alla potenza del male” e cioè della guerra.
Pasqua con i samaritani
Il Venerdì santo, don Morlacchi ci accompagna invece sul monte Garizim, in Samaria, per vivere la celebrazione della Pasqua con i samaritani, secondo la loro millenaria tradizione. Pecore, agnelli e capre, dopo la preghiera, vengono uccisi pubblicamente in un “sanguinoso banchetto rituale, che nella sua cruda brutalità”, ci costringe a ripensare in termini più realistici al sacrificio dell’“agnello di Dio”. “Il mondo - commenta - troverà la pace quando ogni uomo sacrificherà sé stesso e la sua volontà invece di quella dei fratelli”.
Il giorno del grande silenzio
Il Sabato santo è il giorno del “grande silenzio” di Dio e “dell’attesa fiduciosa” dei suoi tempi. “Quante volte, in questi mesi di guerra - si chiede Morlacchi - in questa Terra, da una parte e dall’altra del confine, qualcuno ha invocato, nella sua lingua e secondo la sua fede: perché non intervieni, Signore?”. Ma “questo silenzio misterioso e incomprensibile diventerà il grembo della vita nuova”.
La fonte della nostra Resurrezione
La Domenica, nell’anno in cui tutte le confessioni cristiane celebrano la Pasqua nello stesso giorno, siamo con don Filippo nell’edicola del Santo Sepolcro accanto alla tomba vuota di Gesù per leggere un’iscrizione sulla parete ovest: “hê peghê tês hemôn anastáseos”, e cioè “la fonte della nostra resurrezione”. “Il mistero della Pasqua - spiega la nostra guida - è proprio questo. Gesù non ha vissuto la sua Pasqua ‘in solitaria’, ma ci ha aperto la strada”.
Sirene di guerra
“Ho terminato di scrivere queste meditazioni al ritorno a casa dopo la gioiosa processione della domenica delle palme”, conclude Morlacchi. “Mentre scrivevo le ultime parole, ha iniziato a risuonare in città il sinistro ululato delle sirene, mentre l’applicazione del cellulare faceva squillare l’allarme, segnalando l’arrivo di missili nei sobborghi di Gerusalemme. Che fare? Non mi scompongo più di tanto, saranno di nuovo i ribelli Houti, ormai ci sono abbastanza abituato. Mi metto a pregare con il salmo 122: ‘Chiedete pace per Gerusalemme: vivano sicuri quelli che ti amano… Per i miei fratelli e i miei amici io dirò: su di te sia pace’ ".
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