Pasolini: Dio attraverso la Croce ci rivela che siamo eterni, non immortali
Vatican News
La nostra epoca ha generato un’illusione di immortalità, alimentata dal progresso e dal benessere, che ci porta a ignorare i limiti della condizione umana. Anche la Chiesa, talvolta, fatica a ridimensionarsi per offrire una testimonianza credibile del Regno di Dio. Questa rimozione della morte si manifesta nell’incapacità di vivere serenamente l’attesa e nell’ossessione per l’iperattività e la presenza costante sui tanti fronti in cui la realtà ci sollecita. La paura della morte ha reso difficile affrontare scelte definitive, favorendo il disimpegno e l’illusione di poter sempre revocare le decisioni prese.
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La società contemporanea ha cancellato i rituali e le parole che un tempo aiutavano ad affrontare il passaggio della morte con senso e coraggio. Oggi, il morire è spesso ridotto a spettacolo mediatico o a problema tecnico della scienza medica. Questo allontanamento dal concetto di morte impedisce di comprendere il senso più profondo della vita e della speranza cristiana. San Francesco d’Assisi, chiamandola “sorella morte”, offre un’alternativa radicale: accettare la finitudine umana come parte di un percorso che conduce all’eternità.
Il peccato, inteso come uso fallimentare della libertà, nasce spesso dal tentativo di sfuggire alla precarietà della vita. Tuttavia, l’unico vero antidoto è l’amore, vissuto in maniera concreta e profonda, come testimoniano le parole di san Giovanni: “Noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita, perché amiamo i fratelli” (1Gv 3,14). Amare fino alla fine significa accettare il limite e trasformarlo in un’opportunità per donarsi senza riserve.
Cristo non ha eliminato la morte, ma l’ha attraversata per mostrarci che può essere abitata e trasfigurata. L’incarnazione non è solo una risposta al peccato, ma un gesto d’amore radicale con cui Dio si è coinvolto nella nostra esistenza. Il Vangelo di Marco sottolinea il paradosso di un Dio che salva attraverso la croce, rivelandoci che, pur essendo eterni, non siamo immortali.
Paolo avverte i Galati sul rischio di tornare a una fede fondata sulla paura e sulla legge, anziché sulla fiducia nel dono gratuito di Dio. Giovanni esorta a discernere gli spiriti, riconoscendo l’incarnazione non come un’idea, ma come un modo concreto di vivere la realtà. L’incarnazione ci chiede di rimanere saldi nella fiducia che la realtà, nonostante le sue difficoltà, è il luogo del regno di Dio. Vivere come figli di Dio e fratelli tra noi è una scelta da rinnovare ogni giorno, nella certezza che l’amore fino alla fine non solo è possibile, ma è già stato testimoniato da tante generazioni di uomini e donne. Questo canto d’amore possiamo intonarlo anche noi, con la nostra vita.
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