Cerca

Rose Busingye Rose Busingye 

In Uganda un centro di assistenza ed educativo valorizza e sostiene gli ultimi

Alla Conferenza internazionale "Donne che costruiscono una cultura dell'incontro interreligioso” in corso a Roma, ha raccontato la sua esperienza di cultura dell’incontro Rose Busingye, ugandese, che ha fondato il Meeting Point International, che a Kampala, ispirandosi ai valori trasmessi da don Luigi Giussani, aiuta i malati, le persone più povere e offre istruzione primaria e superiore

Tiziana Campisi – Città del Vaticano

Ci sono anche storie di vita che emergono alla Conferenza internazionale "Donne che costruiscono una cultura dell'incontro interreligioso” in corso alla Pontificia Università Urbaniana per iniziativa del Dicastero per il Dialogo Interreligioso e dell'Unione Mondiale delle Organizzazioni Femminili Cattoliche. Perché l’idea è non solo di confrontarsi sulle figure femminili nella Scrittura, sugli insegnamenti religiosi per una cultura dell'incontro e sugli esempi di sante e sagge, ma anche di ascoltare il vissuto delle donne, le loro esperienze, da ogni parte del mondo, nella quotidianità. L’incontro e il dialogo dal basso, dove ogni giorno ciascuno ha a che fare con i propri problemi, le proprie necessità, la propria famiglia.

Rose Busingye, memor domini, ugandese, da oltre vent’anni è impegnata nel suo Paese al fianco di malati di Aids e sopravvissuti alle guerre del passato. Lei stessa ha visto orrori, morte e miserie. Per offrire il suo aiuto agli altri si è diplomata come infermiera e ostetrica e si è poi specializza in malattie infettive, cardiochirurgia e maternità. È fondatrice e direttrice del Meeting Point International, che, in aderenza agli insegnamenti sociali della Chiesa cattolica, mira a sostenere le persone e le comunità più svantaggiate dell'Uganda, con particolare attenzione alle donne e ai bambini nella loro lotta per una vita e uno sviluppo migliori, dando priorità all'assistenza alle vittime dell'Hiv, promuovendo l'istruzione a tutti i livelli e impegnandosi a ridurre la povertà. Il volto di Rose regala sorrisi e serenità. Avrà sicuramente visto tanto dolore e tanta sofferenza, eppure in lei traspare la gioia di amare e di aiutare il prossimo.

Ascolta l'intervista a Rose Busingye

Ci può descrivere il contesto nel quale lei vive?

Io vivo in Uganda a Kampala. Kampala è su sette colline e i poveri vivono ai piedi di queste colline. Io lavoro qui, con i malati di AIDS. Portiamo avanti dei progetti per loro. Diamo medicine, cibo, ma tutto per far capire all’altro che ha un significato, un valore infinito, che non è ridotto dalla povertà, non è ridotto della malattia, e che non dipende nemmeno dalla sua ricchezza. Ciascuno ha un suo valore, è prezioso al di là di quello che subisce.

Qual è la realtà sociale a Kampala?

Non c’è un grande divario, come a Nairobi, tra ricchi e poveri. Però se qualcuno soffre c’è tanta indifferenza, non si vede nell’altro una persona uguale a sé, che ha bisogno di acqua, cibo. Non si è toccati dall’altro che soffre. Ci sono quelli che si commuovono e che non fanno niente, ci sono quelli che si commuovono e che fanno qualcosa.

Che tipo di dialogo esiste? Il rapporto tra le religioni è pacifico? 

Si, in Uganda grazie a Dio non c'è differenza tra una religione e l'altra. Grazie a questo presidente (Yoweri Museveni, ndr), non siamo l’uno contro l'altro. Se preghi e non disturba l’altro va bene. Ci ha sostenuti anche nel nostro lavoro negli slums. Io lavoro con tante persone, musulmani, cattolici, e siamo tutti uguali, non giudichiamo l’altro.

Cosa può dire di questa esperienza di convivenza interreligiosa? 

Mi sto accorgendo che ogni persona ha un cuore, un cuore che può accorgersi di essere voluto bene. Ogni uomo lo può sentire, infatti è quello che io sto sentendo. Sono stata al fianco di una donna musulmana che viene dalle Filippine e non vedeva differenze tra me e lei, perché si commuoveva, come me, davanti a un bambino che piangeva e davanti a chi soffriva si commuoveva come tutti. Tutti gli uomini hanno un cuore che si commuove, che può muoversi.

Lei viene dall'esperienza del Meeting Point International, che cos'è esattamente?

È un luogo dove ci incontriamo, incontriamo tutti, ormai. Prima era solo per i malati di AIDS e anche per gli orfani, ma ora tutti, persone con deficit mentali, anziani, vengono e cercano un abbraccio, cercano chi li valorizzi e che faccia comprendere loro di non essere perduti, di essere amati così come sono. Noi, come Meeting Point, tra bambini, mamme, papà, stiamo curando quasi 5mila persone. Abbiamo creato anche scuole, dell’infanzia, materne e superiori intitolate a Luigi Giussani. Perché vogliamo educare ogni uomo, anche insegnando, ad esempio, matematica, perché ciascuno possa scoprire che ha un valore infinito, che la vita ha un significato.

Dunque un'esperienza che porta al dialogo, all'incontro e alla pacifica convivenza…

Si, tu sei in pace proprio quando scopri che sei importante, che sei amato nella tua condizione. Infatti essere amato è la cosa che dà all'uomo equilibrio, certezza e anche stabilità.

Secondo lei, il Meeting Point International è un modello da esportare?

Io penso di sì, perché vuole dire a ogni uomo che non siamo definiti da quello che possediamo, ma da un valore più grande. Non sei grande perché hai tante cose, ogni uomo è grande, ogni uomo è importante. Non siamo importanti nemmeno perché abbiamo dei ruoli, ma siamo importanti perché è la nostra natura che tutta grida che siamo qualcuno, che abbiamo un senso, un significato.

L'esperienza di questo centro in che modo raggiunge le persone?

Ogni giorno siamo in un quartiere povero, incontriamo tanti tipi di persone: malati, non malati, bambini, giovani. I giovani che frequentano le nostre scuole elementari, secondarie, e poi le università, incontrano altri ragazzi a loro volta e così via, in una catena di comunicazione. Ci hanno detto che i nostri ragazzi che vanno all'università non cedono alle cose banali. Ci è stato detto che anche quelli che hanno i voti più bassi hanno però un livello avanzato, non si possono paragonare a qualsiasi ragazzo. Perché crescono con la mente aperta. Don Giussani ci diceva che se non hai la mente aperta, puoi confondere le cose, puoi pensare, guardando una mosca, che è un elefante. I nostri ragazzi sono capaci di guardare la realtà con l'intelligenza della fede.

Secondo lei quanto è importante la conferenza di questi giorni?

È un ritrovarsi, forse perché come donne siamo materne, madri, ed è qualcosa di familiare. Infatti non ci siamo trovate una diversa dall’altra, subito ci siamo trovate in modo familiare e mi sembra che questa familiarità possa accogliere qualunque cosa, qualunque persona. Io penso che è importante. Mi ero chiesta cosa avrei trovato in questo incontro e ho ritrovato tanta maternità che accoglie. Vedo che la donna ha più familiarità, è madre, madre di tutto.

Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui

26 gennaio 2023, 12:11