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Czerny, costruire relazioni umane in un mondo avvelenato dall'odio

Alla Veglia di preghiera che ieri sera ha introdotto alla Marcia per la pace #PerugiAssisi, il prefetto del Dicastero per lo Sviluppo Umano Integrale ha offerto due meditazioni per sottolineare, alla luce del Vangelo, l'urgenza di gesti di fraternità e riconciliazione, soprattutto in questo tempo di guerra. "Avere un cuore ricolmo di compassione - ha detto Czerny - per coloro che sono vittime innocenti dell’odio umano e dell’ubriacatura del potere"

Antonella Palermo - Città del Vaticano

È stato il cardinale Michael Czerny, prefetto del Dicastero per lo Sviluppo Umano Integrale, a presiedere ieri sera la Veglia di preghiera ad Assisi, momento di preparazione alla Marcia Straordinaria per la Pace #PerugiAssisi, che si svolge oggi nella cittadina umbra. Nella Chiesa inferiore della Basilica di San Francesco è risuonato l'invito alla fraternità in questo tempo buio di guerra.

Rimanga viva in noi la memoria dell'atrocità delle guerre

Nella prima meditazione, guardando al testo evangelico che mette in luce le "rivalità" tra i discepoli della prima ora, Czerny ha insistito sulla "differenza cristiana" che definisce "rivoluzionaria" e che Gesù stesso ha invitato a fare propria: deporre l’ansia per il primato, fermare la corsa verso la vittoria a tutti i costi, perché "ciò distrugge noi stessi e lacera tutte le relazioni". Il porporato ha ricordato che, mentre giungono a noi le orribili notizie delle guerre, siamo chiamati ad avere uno sguardo e un atteggiamento controcorrenti. Iniziando dai nostri piccoli gesti, "dobbiamo ritornare umani", ha detto Cnerny. "In un mondo avvelenato dalle rivalità, dagli odi e dalla violenza, siamo chiamati a essere costruttori di relazioni umane, fondate sull’accoglienza e sull’amore reciproco. Se la logica del potere affascina i cuori di molti - ha precisato - noi ascoltiamo la Parola di Gesù che ci invita a farci servi della felicità degli altri, servi gli uni degli altri. Invece che schiacciare gli altri, ci abbassiamo per lavare loro i piedi". Perché la proposta di Gesù - ha osservato ancora - non mortifica le nostre giuste aspirazioni umane, ma "ci invita a leggere tutto nella chiave dell’amore e della fraternità". E poi ancora un auspicio: "Che rimanga viva in noi la memoria delle atrocità delle guerre che spesso - cita Papa Francesco - abbiamo dimenticato". Una memoria che invita sempre alla riconciliazione.

Dio si china sull'umanità ferita

Alla luce del brano biblico del Buon Samaritano, il cardinale Czerny si è soffermato, nella sua seconda meditazione, su quel "chinarsi" di Dio sulle nostre sofferenze: "non rimane indifferente alle lacrime versate dalle sue creature". Gesù scende sulla nostra via e si fa prossimo per lenire le nostre ferite. Il passaggio centrale della riflessione del gesuita ha riportato alla mente quelle scene buie in cui possiamo sentirci intrappolati: "Mentre scendiamo negli abissi a volte più oscuri e incomprensibili della vita; mentre sperimentiamo l’oppressione del peccato; mentre portiamo il peso di una solitudine che ci disorienta quando non riusciamo a trovare senso e significato per le cose che viviamo; mentre ci sovrasta la paura di non farcela in tante cose della vita; mentre tocchiamo con mano le ferite della nostra fragile vita, spesso segnata dai fallimenti, dalla sofferenza e dal dolore; mentre gli egoismi e le chiusure ci condannano all’isolamento, e l’odio e il rancore scatenano conflitti e guerre che seminano scie di sangue nel nostro mondo; mentre viviamo tutto questo e sempre portiamo nel cuore, nello spirito e spesso nella carne le piaghe di un’umanità ferita, non siamo soli: Dio si è abbassato".

Compassione per le vittime innocenti dell'ubriacatura del potere

Imitare lo stile di Gesù che con il suo Spirito ridona forza e rimette in cammino: questa la sollecitazione di Czerny alla vigilia della Marcia della Pace. E ripete: "Nessuno di noi rimanga prigioniero dell’indifferenza rispetto a quanto accade attorno e alle ferite sanguinanti dei fratelli". E, ancora, un appunto su un certo modo di vivere la pratica di fede, partendo dalla considerazione dell'atteggiamento del levita della parabola: "Preoccupati delle nostre cose e perfino dei nostri doveri religiosi - ha detto il cardinale - possiamo rischiare di passare oltre senza fermarci per raccogliere il grido del fratello".  "Non c’è religione autentica senza la pratica dell’amore e della compassione verso l’altro" ; l’altro, cioè il nostro prossimo, non è uno che scegliamo noi, che ci sta simpatico o suscita la nostra pietà, che facciamo entrare nel nostro orizzonte", ma chiunque incrociamo sul nostro cammino. La meditazione si è conclusa con l'invito a denunciare "quanto sta accadendo a tante persone innocenti, diffondendo una cultura della pace insieme a piccoli gesti di riconciliazione nella vita quotidiana", perché siamo tutti - come afferma il Papa nella Fratelli tutti - corresponsabili. Infine il cardinale sottolinea la necessità di  avere un cuore ricolmo di "compassione per coloro che sono vittime innocenti dell’odio umano e dell’ubriacatura del potere". 

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24 aprile 2022, 09:00