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Tertio Millennio, il festival del cinema che si prende cura della marginalità

Si è aperta in Vaticano, sul tema “Prendersi cura, quando il cinema guarda e non passa”, la 25.ma edizione di Tertio Millennio Film Fest, la rassegna cinematografica del dialogo interreligioso, promossa dalla Fondazione Ente dello Spettacolo, in collaborazione con il Dicastero della Comunicazione e il Pontifico Consiglio della Cultura. Premiato il film documentario “Futura”, che fa parlare dei loro sogni e progetti i giovani italiani tra i 15 e i 20 anni

Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano

Un cinema “che guarda le domande e le ferite dell’uomo, ma anche il suo desiderio di speranza e di autenticità”, e se ne fa carico, “si lascia agitare da queste domande”. E’ quello proposto dal Tertio Millennio Film Fest, il festival cinematografico del dialogo interreligioso, con la scelta di 8 lungometraggi e 8 cortometraggi, che si possono vedere dal 9 al 13 novembre, al Cinema Doria di Roma. Opere scelte per questa edizione numero 25 del festival voluto da san Giovanni Paolo II, e affidato alla Fondazione Ente dello Spettacolo della Conferenza Episcopale Italiana, sul tema “Prendersi cura, quando il cinema guarda e non passa”, con chiaro riferimento al tempo della pandemia ma anche al l’episodio evangelico del Buon Samaritano.

Sedici film al Cinema Doria di Roma dal 9 al 13 novembre

Gli 8 lungometraggi in programma, ad ingresso gratuito ma con prenotazione sul sito www.tertiomillenniofilmfest.org, girati in 15 Paesi diversi, hanno in comune personaggi posti in posizioni di marginalità per motivi differenti, per identità di genere, razza, estrazione sociale o familiare. “Abbiamo voluto valorizzare titoli che parlano di solidarietà e realizzazione di sé, del tentativo di affrancarsi da posizioni di marginalità imposte da retaggi culturali o sociopolitici” spiega monsignor il presidente della Fondazione Ente dello Spettacolo, monsignor Davide Milani. Tertio Millennio Film Fest si svolge sotto la direzione artistica di Marina Sanna e di Gianluca Arnone e si propone come luogo di dialogo interreligioso e interculturale tra le comunità cattolica, protestante, ebraica, islamica, induista e buddhista a partire dai film in concorso e dai temi da questi proposti. 

Una scena di "The Sleeping Negro"
Una scena di "The Sleeping Negro"

Prime opere: "The Letter Room" e "The Sleeping Negro" (Usa)

Per questo il festival, che ha il patrocinio, tra gli altri, del Dicastero per la Comunicazione della Santa Sede, del Pontificio Consiglio della Cultura, del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso e dell’Ufficio Nazionale per l’Ecumenismo e il Dialogo Interreligioso della Cei, si apre 0ggi 9 novembre, alle ore 18, con il corto The Letter Room (Usa) di Elvira Lind, candidato agli Oscar 2021, con Oscar Isaac nel ruolo di un agente di correzione che, trasferito nella stanza delle lettere, si ritrova presto invischiato nella vita privata di un prigioniero. E con l’anteprima internazionale di The Sleeping Negro (Usa), nel quale il regista e protagonista afroamericano Skinner Myers, presente in sala, offre una visione molto personale sulla questione razziale negli Stati Uniti.

La consegna del premio Fuoricampo a "Futura"
La consegna del premio Fuoricampo a "Futura"

Pre-apertura in Filmoteca Vaticana con "Futura"

Ma nella prestigiosa sede della Filmoteca Vaticana a Palazzo San Carlo, il Tertio Millennio Film Fest ha avuto l' 8 novembre, la sua pre-apertura con la consegna del Premio Fuoricampo a Futura di Pietro Marcello, Francesco Munzi e Alice Rohrwacher, che è stato poi proiettato in sala. Presentato in prima mondiale alla Quinzaine des Réalisateurs di Cannes, il documentario è stato premiato dai tre festival di cinema religioso Tertio Millennio Film Fest, Religion Today di Trento e Popoli e Religioni di Terni, come film italiano dell'ultimo anno che meglio ha saputo “rilanciare e declinare il tema della ricerca del significato più profondo della vita illuminando quello che normalmente si trova, appunto, fuoricampo”. Futura è un’inchiesta collettiva svolta dai tre registi, che hanno esplorato l’idea di futuro di ragazze e ragazzi tra i 15 e i 20 anni, incontrati nel corso di un lungo viaggio attraverso l’Italia, iniziato prima della pandemia, nel gennaio 2020, e che si è concluso a pandemia ancora in corso. Un ritratto del Paese osservato attraverso gli occhi di adolescenti che raccontano i luoghi in cui abitano, i propri sogni e le proprie aspettative tra desideri e paure.

Una scena del film-documentario "Futura"
Una scena del film-documentario "Futura"

Il regista Munzi: laboratorio di ascolto per i ragazzi

“Volevamo stare insieme a loro, ascoltarli, creare un archivio, per il futuro e perciò, Futura! – ha spiegato prima della proiezione Francesco Munzi - Il nostro scopo era essere un laboratorio di ascolto per i ragazzi”. Il tema centrale di questo film è infatti il futuro, con le implicazioni legate al presente. “È stata offerta ai ragazzi la possibilità di raccontarsi da soli – ha detto ancora Munzi - e di esprimersi, liberi di creare una propria narrazione".  Il Tertio Millennio Film Fest proseguirà fino al 13 novembre presso il Cinema My Cityplex Doria di Roma, con proiezioni di anteprime internazionali, eventi speciali, incontri con attori e registi.

Paolo Ruffini alla pre-apertura del Tertio Millennio Film Fest
Paolo Ruffini alla pre-apertura del Tertio Millennio Film Fest

Ruffini: mette insieme gli sguardi di tanti giovani

Ad accogliere in Vaticano il Tertio Millennio Film Fest, il prefetto del Dicastero per la Comunicazione, Paolo Ruffini, con la delegata alla Filmoteca Claudia Di Giovanni. “Questo festival – ha sottolineato Ruffini – mostra quanto il cinema sia importante per fermarsi a vedere le cose, per dare loro una prospettiva, per saperle leggere”. Ecco il prefetto al microfono di Vatican News.

Ascolta l'intervista a Paolo Ruffini (Dicastero per la Comunicazione)

Paolo Ruffini, “Prendersi cura, un cinema che guarda ma non passa”, è il tema del festival. Quanto può essere utile lo sguardo dei media su chi soffre per cambiare almeno in parte la sua condizione?

Se non ce lo sguardo non c'è incontro, se non c'è racconto non c'è una prospettiva, ma c'è solo una somma di momenti slegati l'uno dall'altro, una confusione di atomi, un balbettio confuso. Il cinema ha questo di bello, come costruire un edificio, mettere insieme tanti sguardi e costruire un punto di vista e quindi fa saper vedere il futuro attraverso la lettura del presente, dell’oggi. “Prendersi cura” vuol dire saper vedere il bisogno del nostro tempo, vuol dire saper leggere nel presente qualcosa che ancora non è, e ciò che ci pare una difficoltà senza soluzione, diventa la scintilla di futuro che insieme potremmo costruire. In particolare il film che viene premiato oggi ha la bellezza di mettere insieme gli sguardi di tanti ragazzi, confusi anche, ma che ancora non hanno smesso di sognare e di metterlo insieme attraverso lo sguardo di tre registi, non di uno solo. Quindi è davvero una cosa che ci dice una parola: “insieme”. E’ una cosa che il Papa ha ripetuto molto, riguardo alla difficoltà del nostro tempo. Questo è il tempo del nostro giudizio, quindi dello sguardo giusto e puro sulla realtà, e solo insieme ne sapremo uscire, recuperando la verità di quello che ci unisce.

Monsignor Milani: tutto è iniziato con Giovanni Paolo II

Ecco come monsignor Davide Milani ricorda l’origine e la storia del festival, voluto da san Giovanni Paolo II, “che vide nel cinema il mezzo per interrogare il tempo presente”:

Ascolta l'intervista a monsignor Davide Milani (Feds)

Monsignor Davide Milani, il Tertio Millennio Film Fest compie 25 anni. Quale bilancio si può fare e come si è evoluta la manifestazione in questi anni?

Papa Giovanni Paolo II pensa a questo festival, e lo consegna alla Fondazione ente dello spettacolo, come strumento per il cambio di millennio: lo chiama appunto Tertio Millennio Film Fest, in analogia con la sua Enciclica Tertio Millennio Adveniente. Quindi da una parte vediamo confermata l'importanza del cinema come strumento di conoscenza e di dialogo, e come occasione per leggere l'uomo aperto alla speranza, l'uomo nella possibilità della fede. Il secondo elemento è che nei cambi d'epoca, come fu appunto la fine del ventesimo secolo e adesso ci troviamo ancora in un altro cambio di paradigma, nel breve volgere di due decenni, uno strumento come un festival, che è un luogo di incontro, dove la cinematografia arriva sintesi, dove i registi si incontrano, dove tanti lavori che provengono da Paesi lontani, sono oggetto di analisi, è importante. Negli anni, grazie all'azione dei presidenti che mi hanno preceduto, si è aggiunta un'altra caratteristica, quella del dialogo ecumenico e interreligioso. Abbiamo questo comitato che si ritrova e lavora insieme: il fatto che io, i rappresentanti della comunità ebraica, dell'islam, del protestantesimo, del buddismo, siamo insieme seduti intorno a un tavolo, per confrontarci sul cinema, sulla cultura, su quello che sta capitando, è un esercizio di dialogo in atto, efficace, non è un auspicio di un dialogo, ma è una cosa che accade. Quindi ancor prima di vivere il festival abbiamo già portato a casa un guadagno, una conoscenza reciproca, un arricchimento. Ed è un segno che rimane. Ci sta accompagnando in questo percorso anche la Cei, attraverso il direttore dell'ufficio Ecumenismo e dialogo, don Giuliano Savina, e sentiamo anche l'accompagnamento di due realtà della Santa Sede: il Pontificio Consiglio della Cultura, con il suo presidente, il cardinale Gianfranco Ravasi e il Dicastero per la Comunicazione con il prefetto Paolo Ruffini, che sono sostenitori di questo festival. Questo stile del dialogo efficace, ci ha consigliato di provare ad allargare questa rete. Allora abbiamo coinvolto gli altri due festival importanti di cinema religioso in Italia, Religion Today di Trento e Popoli e Religioni di Terni. Insieme siamo qui per dare un premio un film che incarna un po' i valori dei nostri tre festival. Allora stasera premiamo Futura, il film documentario a sei mani di Munzi, Marcello e Rohrwacher, che scava dentro la condizione giovanile. Ascolta i giovani, dà voce ai giovani, non fa ragionamenti sui giovani, ma li ascolta.

Monsignor Davide Milani alla pre-apertura del Tertio Millennio Film Fest
Monsignor Davide Milani alla pre-apertura del Tertio Millennio Film Fest

Prendersi cura, è il tema che avete scelto per l'edizione del venticinquennale del festival Tertio Millennio. Cosa c'è della pandemia nei film che avete scelto, protagonisti dell'evento?

Non c'è la pandemia, in quanto tale, ma c’è il cambiamento che la pandemia ha imposto. A parte qualche film grottesco, marginale nella produzione cinematografica, non solo italiana ma mondiale, la pandemia, in quanto tale non è entrata nel cinema come tema diretto. Sono entrate le conseguenze, i cambiamenti, le domande che ci siamo fatti. Noi abbiamo assunto una delle domande sulle quali siamo stati sfidati durante la pandemia. Abbiamo tentato inizialmente di salvarci da soli, ci siamo chiusi nelle nostre case, abbiamo badato a conservarci in salute, a proteggerci dagli altri, dal contagio, ma abbiamo visto che già nel breve periodo, questa via è stata problematica. Sì, non ci saremmo ammalati di virus, ma si sarebbe ammalata l'anima, saremmo diventati ancora più tristi. Abbiamo compreso che, con le dovute precauzioni sanitarie, prendersi cura di qualcuno dava senso a quella vita che si stava spegnendo. Prendersi cura è il tema di questa edizione del festival, un prendersi cura che nasce da una ferita. Il sottotitolo del cinema che guarda e non passa, ha un’ ispirazione evangelica, parte dalla suggestione del buon samaritano, che a differenza di chi lo ha preceduto, passando su quella strada dove c'era il malcapitato ferito a terra, vede le ferite di quest'uomo, ne ha compassione e non passa oltre. Il samaritano se lo carica sul suo cavallo. Noi amiamo un cinema così, un cinema che vede le domande, il dolore, le ferite, il desiderio di speranza, di autenticità dell'uomo e se ne fa carico e si lascia agitare da queste domande. Non una cinematografia che si preoccupa di intrattenere e divertire o di deludere le domande per imporre delle tesi.

Nel comunicato del festival voi scrivete che film hanno in comune l’ indagare la marginalità. Prendersi cura di chi è ai margini è un elemento comune delle grandi religioni del mondo?

Sì, perché i margini hanno tante funzioni, ovviamente i margini non sono il tutto della realtà, ne delimitano il perimetro. La condizione di marginalità e non è una questione matematica, non c'è un di più da una parte, e un meno dall'altra. Se i margini sono solidi e diventano capaci di contenere una realtà, allora tutta la realtà è solida. Se gli ultimi sono amati, assistiti, sostenuti, tutta la realtà è forte. Quando Gesù dice che sono beati gli ultimi, non lo fa per castigare i primi, ma perché gli ultimi hanno bisogno di questa beatitudine, di questa grazia. Hanno bisogno loro affinché tutto il mondo sia redento. Gesù si è fatto ultimo proprio per questo: se c'è possibilità di salvezza per gli ultimi c'è per tutti. E Gesù parte da qui e questo metodo, ovviamente, ci interroga.

Guarda il trailer del film "Futura", premio Fuoricampo

Raccontare i giovani è un primo passo del prendersi cura di loro. E’ per questo che avete deciso di premiare l’inchiesta “Futura”?

Sì, il film di Munzi, Marcello, Rorhwacher ci ha colpito perché per una volta non fa un ragionamento sui giovani, non dà una rappresentazione sui giovani, non fa una sceneggiatura sui giovani, ma fa parlare i giovani e allora ci mettiamo in ascolto dei desideri, delle speranze, della richiesta di futuro che i giovani ci avanzano.

Dopo la premiazione, il regista di "Futura", Francesco Munzi, ha risposto alle domande dei giornalisti presenti sulla genesi di quell'"affresco del nostro Paese" che è il film collettivo girato insieme a Pietro Marcello e Alice Rohrwacher. Ecco come parla, prima di tutto, del premio "Fuoricampo" e delle sue motivazioni.

Ascolta l'intervista a Francesco Munzi (Futura)

Il premio mi fa molto piacere, soprattutto per la motivazione, perché riconosce anche quelle che erano le nostre intenzioni cinematografiche, ma anche extra cinematografie. Cioè quelle di fare un film che fosse anche un po' per la collettività e che fosse anche un modo di metterci veramente al servizio della materia che raccontavamo, non il contrario, come succede quando si fa un film di finzione, nel quale cerchi di dire tu qualcosa, di proporre la tua visione. Qui eravamo veramente quasi tre ricercatori che stavano cercando di catturare qualche cosa di molto difficile da catturare, le voci dei ragazzi, che spesso vengono fatti parlare troppo poco.

Che riscontro è arrivato dal pubblico dei ragazzi?

Le proiezioni che abbiamo visto sono state molto entusiasmanti e soprattutto perché i ragazzi ritengono il film un oggetto strano, perché loro sono molto abituati ad autorappresentarsi con i social, con Instagram, però spesso raccontano o storie individuali, o comunque storia che rimangono dentro un ambito autoreferenziale. Qui si sono trovati di fronte a un oggetto molto diverso, intanto perché abbiamo sempre girato questo film in 16 millimetri, quindi con una macchina “antica”, che loro trovano come autorevole, quindi c'è stata anche una concentrazione in più, secondo me, rispetto a loro facilità di esporsi. Ma soprattutto noi non chiedevamo le loro storie private, intime: noi volevamo sapere le opinioni dei ragazzi, non i loro stati d'animo. E nel loro dirci cosa pensavano del mondo, usciva anche fuori, forse, un sentimento non era più individuale, ma forse collettivo.

Francesco Munzi alla pre-apertura del "Tertio Millennio Film Fest" in Vaticano
Francesco Munzi alla pre-apertura del "Tertio Millennio Film Fest" in Vaticano

Quali sono i diversi futuri che immaginano i giovani?

Abbiamo sentito in loro una difficoltà di raccontare il futuro, di immaginarlo… per loro è sempre un po' opaco. In più abbiamo girato durante la pandemia e questo ha reso ancora più difficile sentire lo sforzo di progettare in avanti. Però questa fatica di guardare il futuro ci dice anche molto del nostro presente, nel quale forse si guarda un po' troppo vicino. E questo i ragazzi ce lo dicono in maniera molto esplicita, quasi come un allarme.

Come ha cambiato, questo film, il suo sguardo verso i giovani e cambiato anche il suo modo di fare cinema?

Questo film mi ha confermato l'idea di un cinema che è anche un po' avventura, un po' ricerca e anche relazione con l'altro. Nei film io scrivo la sceneggiatura ma poi c'è un incontro con la materia. Sentendo poi questi giovani, mi sono reso conto di quanto sono capaci, intelligenti anche molto più preparati di quello che io immaginassi.

Com'è nata questa collaborazione con gli altri due registi? Da dove è nata questa idea di fare insieme il film?

Noi tre ci conosciamo da tempo, ci stimiamo, e Pietro ha avuto l’idea di fare qualcosa insieme. All’inizio ci è sembrata veramente una cosa folle, non tanto il progetto in sé, quanto l'idea di farlo insieme, perché è anche difficile tenere una stessa lingua. Come un romanzo, uno scrive una frase, poi continua l'altro. Però il tema era così sentito da tutti, e alla fine ci siamo un po' lasciati prendere, ed è stata un’esperienza molto bella di confronto.

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09 novembre 2021, 14:32