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Tornano le mostre ai Musei, con Pietro e Paolo di Raffaello e fra Bartolomeo

Dal 25 settembre al 9 gennaio 2022, i visitatori dei Musei Vaticani potranno ammirare, senza supplemento, i due grandi dipinti raffiguranti i patroni di Roma, ideati da fra Bartolomeo. L'artista completò solo san Paolo, mentre su san Pietro mise mano, dopo la sua morte, l’amico Raffaello Sanzio. Per la prima volta saranno accanto ai cartoni e ai disegni preparatori, prestati dalle Gallerie degli Uffizi di Firenze

Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano

La prima mostra nei Musei Vaticani dopo quasi due anni “è una grande festa”, se poi è un’esposizione eccezionale di due dipinti che dal 1963 si posso ammirare solo negli appartamenti del Papa, che per la prima volta, dopo 500 anni, sono riuniti ai disegni e ai cartoni preparatori, diventa davvero un evento da ricordare. Dal 25 settembre al 9 gennaio, nella piccola Sala XVII della Pinacoteca Vaticana, i visitatori delle collezioni d’arte e storia dei Papi, senza nessun supplemento al biglietto d’ingresso, potranno ammirare le due grandi tavole, preparate tra il 1513 e il 1514 dal frate domenicano fiorentino Bartolomeo per la chiesa di San Silvestro al Quirinale, che raffigurano i patroni di Roma, gli apostoli san Pietro e san Paolo.

Due dipinti pensati per la chiesa di san Silvestro al Quirinale

L’artista domenicano del convento fiorentino di San Marco, arrivò a Roma, nell’autunno del 1513, dove fra Mariano Fetti, collaboratore del cardinale Giovanni de’ Medici, futuro Papa Leone X, gli commissionò i due quadri. Fra Bartolomeo realizzò i disegni e i cartoni preparatori e dipinse il san Paolo, ma un’improvvisa crisi artistica gli impedì di terminare il lavoro. Quasi certamente dopo la sua morte avvenuta nel 1517, il san Pietro venne completato da Raffaello, come viene attestato dal Vasari.

San Pietro, completato da Raffaello e San Paolo, opera di Fra Bartolomeo
San Pietro, completato da Raffaello e San Paolo, opera di Fra Bartolomeo

Una mostra nata tra Musei Vaticani e Gallerie degli Uffizi

I due dipinti, acquistati da Papa Clemente XI nel 1707, passarono dalla Pinacoteca dei Papi all'appartamento pontificio di Castel Gandolfo nel 1963 e dal 1974 nell'appartamento delle udienze nei Palazzi Vaticani. Sono stati sottoposti a restauro dal 2019, in previsione delle Celebrazioni Raffaellesche del 2020. Durante il restauro, protratto più a lungo del previsto causa pandemia, sono stati oggetto di esami e studi specifici e di particolari ricerche nel Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi, dove sono conservati i disegni e i cartoni preparatori delle due opere. Da queste ricerche è nata l’idea di questa straordinaria esposizione in collaborazione fra i Musei Vaticani e le Gallerie degli Uffizi, che hanno concesso in prestito i disegni e i cartoni.

Il restauro conferma che sul san Pietro c'è la mano di Raffaello

L’analisi tecnica e stilistica delle due opere, compiuta in occasione del restauro, conferma che i dipinti sono stati preparati entrambi da fra Bartolomeo, che avrebbe poi completato la sola tavola del san Paolo. Mentre il san Pietro, rimasto allo stadio di disegno preparatorio ombreggiato e forse con alcuni abbozzi di colore nei panneggi, sarebbe stato totalmente dipinto da Raffaello secondo uno stile che lo avvicina alle opere del periodo più tardo della sua attività.

Barbara Jatta, direttore dei Musei Vaticani
Barbara Jatta, direttore dei Musei Vaticani

Jatta: così chiudiamo le celebrazioni per il Divin pittore

“L’eccezionale novità della sicura attribuzione a Raffaello del dipinto di san Pietro progettato da fra Bartolomeo ben s’inserisce nelle celebrazioni in onore del Divin pittore” sottolinea Barbara Jatta, direttore dei Musei Vaticani. “Il dialogo vivacissimo fra tre dei massimi artisti del Cinquecento, che i visitatori possono avvertire nella sala di Raffaello agli Uffizi, trova continuazione e culmine nella mostra che adesso si può visitare ai Musei Vaticani” commenta il direttore delle Gallerie degli Uffizi Eike Schmidt. Abbiamo chiesto al direttore Jatta di presentarci la mostra e il convegno che si apre lunedì 27 settembre.

 

Barbara Jatta, perché questa mostra per i Musei Vaticani è una festa?

Perché è un segno di ripartenza dopo un periodo complesso. Ripartiamo con una esposizione piccola, ma preziosissima, non soltanto dal punto di vista artistico e per la storia degli studi su Raffaello, ma anche devozionale, e questo mi piace sottolinearlo. Presentare i due principi degli Apostoli, i due patroni di Roma che vengono dall’ appartamento delle udienze del Santo Padre e presentarli al grande pubblico dopo un restauro così accurato e rivelatore, e soprattutto affiancati ai cartoni preparatori che vengono dagli Uffizi, penso che farebbe felice qualunque direttore.

I dipinti dei due apostoli, affiancati ai cartoni preparatori
I dipinti dei due apostoli, affiancati ai cartoni preparatori

Un grande risultato di questo restauro è anche la conferma dell’attribuzione del san Pietro a Raffaello…

Certamente sì. E’ una conferma già attestata dalle fonti, dal Vasari ma anche da alcuni documenti. E il restauro condotto nei nostri laboratori di Restauro pittura dei Musei Vaticani e anche tutte le indagini diagnostiche, hanno confermato sicuramente non soltanto un ductus pittorico ascrivibile proprio al fare di Raffaello della tarda produzione e il san Pietro ricorda moltissimo il san Pietro della Liberazione dal carcere della stanza di Eliodoro, nelle Stanze vaticane, ma anche e soprattutto i restauri hanno testimoniato che questa ariosità e condotto pittorico e non è ascrivibile ad un restauro settecentesco, quindi ad una modernizzazione del tratto, ma è ascrivibile proprio a Raffaello che si dimostra ancora una volta un grandissimo e universale pittore.

 

Una mostra che accompagnerete, da lunedì 27, con un convegno su “Raffaello in Vaticano”. Ce lo può presentare?

 Sì, abbiamo voluto inaugurare questa volta proprio in concomitanza con il convegno per chiudere le celebrazioni dei 500 anni della morte di Raffaello, funestate dalla pandemia. Un convegno anche questo rimandato, come la mostra, ma un convegno internazionale di studi che da’ conto di 37 anni di studi, dalle celebrazioni dei 500 anni della nascita, negli anni 1983-84 alle celebrazioni della 500 anni della morte. Trentasette anni nei quali i Musei Vaticani, con tutta la comunità scientifica internazionale, hanno ragionato, restaurato, curato e soprattutto valorizzato il tanto che di Raffaello è custodito in Vaticano. Ne diamo conto in una tre giorni suddivisa in sei sezioni che analizzano i diversi aspetti dell'arte di Raffaello in Vaticano. Raffaello è stato anche architetto della Fabbrica della grande Basilica in costruzione di San Pietro, è stato commissario alle antichità, con tutta l'attenzione verso la memoria archeologica e storica della romanità. Ma è stato anche un grande affrescatore, un grande pittore di cavalletto e un grande influenzatore delle arti cosiddette decorative, come la ceramica, le stampe, ma anche un grandissimo disegnatore. Tutto questo verrà raccontato da altissimi specialisti internazionali che da anni si occupano di Raffaello in questi tre giorni, dal 27 al 29 settembre.

Il convegno "Raffaello in Vaticano" dal 27 al 29 settembre

Ai dodici anni di Raffello Sanzio in Vaticano, "che lo hanno visto magister dell'arte, conservatore delle antichità, e architetto della Fabbrica di San Pietro con due Papi, Giulio II Della Rovere e Leone X Medici", come ricorda Jatta, i Musei Vaticani dedicano così un convegno di studi dal 27 al 29 settembre. Si parlerà del Divin pittore ma anche dell'arrtista universale, che spazia dalla pittura murale alle incisioni, dagli arazzi al dipinto su tavola. Non mancherà il Raffaello architetto, nella Basilica Vaticana come per i suoi palazzi romani.

Da sinistra: il direttore delle Gallerie degli Uffizi Eike Schmidt, Barbara Jatta, direttore dei Musei Vaticani e Guido Cornini, delegato scientifico della direzione dei Musei, alla presentazione della mostra ai media
Da sinistra: il direttore delle Gallerie degli Uffizi Eike Schmidt, Barbara Jatta, direttore dei Musei Vaticani e Guido Cornini, delegato scientifico della direzione dei Musei, alla presentazione della mostra ai media

Schmidt: la grande amicizia di Raffaello e fra Bartolomeo

Il direttore delle Gallerie degli Uffizi Eike Schmidt, nel rispondere alle domande di Vatican News, mette in risalto la novità di questa collaborazione piena, "unendo le forze" tra il museo fiorentino e i Musei Vaticani.

Direttore Eike Schmidt, c’è una chiasmo particolare in questa collaborazione tra Musei Vaticani e Gallerie degli Uffizi: il museo dei Papi ospita le opere del laico Raffaello e il laico museo fiorentino quelle del religioso fra Bartolomeo…

Sì c’è un interessantissimo chiasmo. Qui abbiamo, alla fine di questo periodo di lockdown, per marcare proprio questo momento di ripresa delle mostre ai Musei Vaticani, questa collaborazione tra le Gallerie degli Uffizi, museo laico, e i Musei Vaticani, museo spirituale. E questo rispecchia, però in maniera chiastica, proprio la collaborazione tra un grande artista laico del Rinascimento, Raffaello e un altro grande artista, invece frate domenicano, Fra Bartolomeo. Un artista che non è meno importante dei grandi artisti che oggi vengono ammirati da tutti, Michelangelo Raffaello. E’ allo stesso livello, storicamente, eppure oggi, nella percezione della gente, è spesso un po' marginalizzato. Quindi è anche una grande occasione in quest'anno 2021, Ottavo centenario della morte di San Domenico, di ricordarci dell’importanza degli artisti domenicani, ma anche quelli spirituali in genere, per il Rinascimento. Che non sarebbe stato possibile senza questa grande forza che univa arte e spiritualità e credo che Fra Bartolomeo è un ottimo esempio. Lui già nel periodo fiorentino di Raffaello era diventato molto amico dell’Urbinate e poi, nell’inverno 1513-14 era in contatto con Raffaello e questo ha portato a questa collaborazione.

Eike Schmidt, direttore delle Gallerie degli Uffizi di Firenze
Eike Schmidt, direttore delle Gallerie degli Uffizi di Firenze

Ci parli della figura artistica e spirituale del frate fiorentino e del motivo che lo ha portato a non completare il “San Pietro”

Giorgio Vasari ci racconta la storia che Fra Bartolomeo è stato chiamato a Roma, per questa commissione, che poi ha lasciato per tornare a San Marco di Firenze e quindi non può essere un caso che proprio il suo amico Raffaello, poi completò il San Pietro. Effettivamente qui abbiamo una collaborazione interessante dal punto di vista del processo creativo, che possiamo ripercorrere senza prepararci solo guardando per bene, paragonando i cartoni con i dipinti finiti e vediamo sia gli sviluppi coloristici di Fra Bartolomeo, che era un grande colorista, ma possiamo anche vedere poi la pennellatura diversa di Raffaello. Quindi senza essere necessariamente esperti già prima, guardando per bene queste quattro opere che sono messe una accanto all'altra, ognuno lo può percepire, ognuno può effettivamente diventare una sorta di esperto della storia dell’arte per quanto riguarda questi due pittori. Vediamo anche l'importanza della scultura romana, nella tridimensionalità delle figure di Fra Bartolomeo. Qualcosa che già nelle opere di un decennio prima si vede molto fortemente, quindi per fra Bartolomeo il tornare a Roma per vedere le statue romane era certamente una delle motivazioni artistiche a parte quella ovviamente spirituale di passare alcuni mesi qui dell'Urbe.

Cornini: opere fondamentali ma poco note al grande pubblico

Chi ha effettivamente ideato e progettato l'eccezionale esposizione è però Guido Cornini, delegato scientifico della Direzione dei Musei Vaticani, che così ricorda a Vatican News la genesi del progetto.

Guido Cornini, com’è nata l’idea di questa mostra?

E’ nata perché in occasione dei 500 anni della morte di Raffaello, guardandoci un po' intorno, valutando anche le iniziative dei colleghi degli altri musei che in tutto il mondo hanno opere di questo grande maestro del nostro Rinascimento, ci siamo resi conto che qui in Vaticano c'era un'opera, forse due, che poteva riferirsi in qualche modo all'attività di Raffaello, che era finora sfuggita ai radar degli specialisti. Si tratta del San Pietro del San Paolo, una coppia di tavole eseguite da Fra Bartolomeo che era un collega di Raffaello negli anni fiorentini dell’artista di Urbino e che quindi aveva un rapporto di collaborazione con Raffaello che preesisteva al loro successivo incontro nella Roma di Papa Leone X. Un rapporto che fa in modo che, quando poi Fra Bartolomeo lascia la città lasciando incompiuto uno dei due quadri, l'incarico di completamento di uno dei due, cioè il San Pietro vada allo stesso Raffaello.  Sulla base di queste indicazioni ci siamo resi conto che questi due quadri dagli anni ‘60 si trovavano per volontà di Paolo VI nell'appartamento pontificio di rappresentanza, quindi dove soltanto poca gente ha accesso e possibilità di vederli. C'era ora l'occasione per ritirarli, studiarli, conservarli, cioè vedere come stavano ed eventualmente attuare delle misure di conservazione più efficaci. Cosa che abbiamo fatto. E poi ci siamo anche resi conto che era possibile immaginare una mostra nella quale ambiziosamente accostare all'originale dipinto anche il cartone, cioè il progetto grafico uno a uno che l'artista è solito utilizzare per trasferire l'idea originaria dal disegno all'opera pittorica. Dato che questi cartoni esistevano, erano in buone condizioni, anche se non ancora restaurati e potevano forse essere prestati, abbiamo cominciato a intavolare un rapporto con le Gallerie degli Uffizi, che hanno accettato con entusiasmo questa idea, e hanno cominciato a restaurare i cartoni, specialmente il San Pietro e non era mai stato fatto oggetto di azioni conservative.  Così per la prima volta, possiamo dire, in 500 anni, le pitture tornano accanto ai disegni da cui erano state tratte. E abbiamo aggiunto addirittura alcuni stadi di progettazione grafica con dei piccoli disegni che raffigurano rispettivamente San Pietro e San Paolo che a loro volta testimoniano come si arriva ai cartoni e in ultima analisi alle pitture da parte di Fra Bartolomeo. Raffaello ha soltanto completato genialmente qualcosa che era rimasto incompiuto, per quanto riguarda il San Pietro, e l’ha anche un po' modificato.

Guido Cornini, delegato scientifico della Direzione dei Musei Vaticani
Guido Cornini, delegato scientifico della Direzione dei Musei Vaticani

Si tratta quindi di opere rimaste lontane per anni dagli occhi del grande pubblico ma che in origine hanno influenzato l’immaginario sulle figure dei due apostoli, principi della Chiesa?

E’ proprio così, perché questi santi furono collocati in origine nella chiesa di San Silvestro al Quirinale che era un polo religioso molto importante nei pontificati di Leone X e dei suoi successori, più o meno fino alla fine del Cinquecento. Poi passo in mano ai teatini e in quell’ occasione le tavole furono cedute al Papa Benedetto XIV. Ma prima di allora fecero in tempo ad esercitare una grande influenza sul pubblico dei conoscitori e degli artisti. Per esempio, nelle guide di Filippo Titi, che è un notissimo scrittore che si occupa di cose d'arte nella Roma fra Seicento e Settecento, era ben nota questa presenza, e l’autore la sottolinea, li descrive ancora ai lati dell'altare maggiore di questa chiesa. E noi oggi siamo in grado, retrospettivamente, di attribuire alla loro influenza tutte le serie di filiazioni, sparse nella pittura d'Europa perché Pietro e Paolo erano i principi degli apostoli, ma anche i patroni di Roma, e in qualche modo i protettori del papato in quanto tale. Quindi avevano un enorme diffusione, specialmente in area gesuitica fra Sei e Settecento.

Un restauro che comunque era necessario, visto che il precedente risaliva al 1983, e che vi ha dato importanti conferme sull’attribuzione del San Pietro?

Sì, questo restauro ha potuto intanto perfezionare quello che già si era fatto nel 1983, nell’unica occasione in cui, dagli anni ‘60 questi due quadri sono stati portati fuori dall'appartamento pontificio. Dopodiché si è potuto verificare lo stato conservativo sia della pellicola pittorica sia del supporto, e si è intervenuto su entrambi migliorando, per quanto riguarda il supporto, le condizioni della parchettatura posteriore e rifacendo ex novo la pulitura che nel frattempo si è ossidata e consolidando la parte pittorica. In quell'occasione, grazie anche all'aiuto degli strumenti diagnostici che non c'erano negli anni ‘80 e quindi penetrando in profondità con le immagini riflettografiche, abbiamo visto l’ underdrawing, cioè tutto il disegno che è sotto la pellicola pittorica, che conferma il passaggio di mano da Fra Bartolomeo a Raffaello e nella versione pittorica finale, anche la componente avveniristica di Raffaello che ne annuncia gli sviluppi della pittura futura, rispetto al più statico, anche se sempre sublime, Fra Bartolomeo.

Ingresso per non più di 10 persone alla volta 

Il restauro dei due dipinti in mostra è stato realizzato grazie al sostegno della famiglia d’Urso, del Capitolo di New York dei Patrons of the Arts in the Vatican Museums, mentre quello dei cartoni è stato reso possibile dalla disponibilità degli Amici degli Uffizi e dei Friends of the Uffizi Gallery.  La mostra è accompagnata dal catalogo (Edizioni Musei Vaticani) a cura di Barbara Jatta e Guido Cornini, con la collaborazione di Fabrizio Biferali. Nella sala della mostra potranno accedere, per il rispetto delle disposizioni sanitarie relative alla pandemia di Covid-19, non più di 10 visitatori alla volta. 

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Il dipinto su tela accanto al suo cartone: tutto il percorso artistico
24 settembre 2021, 14:01