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Quale pastorale familiare nell’Anno dedicato all’Amoris laetitia

Modello di comunione ecclesiale. La riflessione del sotto-segretario del Dicastero per i laici, la famiglia e la vita sulle pagine de L'Osservatore Romano

di Gabriella Gambino *

L’esperienza della pandemia si sta prolungando nell’anno pastorale che il Santo Padre ha voluto dedicare alla famiglia, in occasione del quinto anniversario della pubblicazione dell’esortazione apostolica Amoris laetitia (Al). Un testo che si potrebbe definire un programma di impegno ecclesiale per la famiglia, da attuarsi con le famiglie. Una novità, questa, che ora ci interroga e ci chiede di mettere in campo una riflessività relazionale dentro la Chiesa. Che tipo di pastorale vogliamo attuare con le famiglie? Che tipo di relazioni ecclesiali possiamo impostare per accompagnarle, rendendole protagoniste e soggetti della pastorale familiare (Al 200)?

 Al riguardo, Amoris laetitia ci chiama a una «conversione missionaria» (Al 201), che ci aiuti a non fermarci più «ad un annuncio meramente teorico e sganciato dai problemi reali delle persone», specialmente adesso. In mezzo alle difficoltà accentuate dalla pandemia, che «lacerano la vita della famiglia e la sua intima comunione di vita e di amore» (Al 19), la famiglia si mostra oggi più che mai “segno dei tempi” e la Chiesa, chiamata a cercare questi segni, è invitata ad inserire le famiglie nello spazio ecclesiale per potersi avvicinare ad esse e sostenerle nella loro vocazione, a partire da quel “principio di realtà”, che deve sciogliere ogni timore di avvicinarci alle difficoltà in cui oggi le famiglie sono ancora sovente lasciate sole.

La famiglia, «via della Chiesa» (cfr. Al 69), ci richiede, infatti, uno sguardo capace di stupirsi di fronte a ciò che essa è: «Comunità di vita e di amore» (Gaudium et spes 48). In tal senso, può rappresentare uno stile di relazione ecclesiale, che può aiutarci ad orientare la pastorale familiare.

Le famiglie cristiane, infatti, durante la pandemia hanno mostrato la forza della stabilità dei legami fondati sul matrimonio, la potenza delle relazioni di fiducia, la resilienza generata nella fede, anche nelle situazioni più difficili. Gli sposi cristiani hanno respirato la profonda relazione filiale verso una Chiesa Madre, che come mai si è fatta presente dentro le case con la messa quotidiana celebrata dal Santo Padre, che con delicatezza entrava nell’intimità familiare all’alba di ogni giorno, segnando il passo con le sue parole affettuose e concrete, che ci aiutavano a capire come impostare la giornata nel nostro cuore e nelle relazioni con chi ci era accanto. È stato per tutti noi un pastore, un padre, un fratello, un maestro, in ogni caso “via” per centrare la nostra vita in Cristo. Le famiglie si sono sentite accompagnate, parte della Chiesa, «tralci di un’unica vite» (cfr. Gv 15, 5), corpo insieme al Pontefice, ma anche ai vescovi, con i loro sacerdoti, che si sono adoperati per farsi presenti nelle nostre case con nuove modalità e nuovi mezzi.

In questo dinamismo lento, ma in molti contesti efficace, che gradualmente ha preso forma dentro la Chiesa, ciò che si è rivelato vitale sono state queste tracce di comunione. Quella meravigliosa caratteristica che scaturisce dallo Spirito Santo, l’ossigeno che ci ha permesso di continuare a “respirare” la Chiesa, la nostra appartenenza al Corpo di Cristo, che ci ha permesso di nutrire la nostra fede e il bisogno di speranza. Le famiglie, oggi, hanno bisogno di sentirsi parte della Chiesa, perché il senso di appartenenza sottrae le persone all’individualismo e alla solitudine, il cui antidoto sta proprio nell’esperienza della comunione (cfr. Al 201). La pastorale non nasce da una programmazione meccanica di attività, ma da una effettiva comunione di vita, dall’ascolto delle famiglie e dalla solidarietà nelle difficoltà. Per questo abbiamo bisogno di vivere la comunione e di vederla in azione (cfr. Al 325). «Solo una Chiesa che vive e celebra in se stessa il mistero della comunione [...] può essere soggetto di una efficace evangelizzazione» (Cei, Comunione e comunità).

Qual è il modello di comunione che ci propone la famiglia cristiana? Seguendo, in pochi passi, Amoris laetitia, al n. 71 si legge: «La famiglia è immagine di Dio, che [...] è comunione di persone». In maniera più specifica, «la Trinità è presente nel tempio della comunione matrimoniale» (Al 314). «Una comunione familiare vissuta bene è un vero cammino di santificazione nella vita ordinaria e di crescita mistica, un mezzo per l’unione intima con Dio» (Al 316). E in relazione alla forza espansiva della comunione familiare, al n. 196 di Al si legge: «“l’amore tra l’uomo e la donna nel matrimonio e, in forma derivata ed allargata, l’amore tra i membri della stessa famiglia [...] conduce la famiglia ad una comunione sempre più profonda ed intensa [...]”. In tale ambito si inseriscono anche gli amici e le famiglie amiche, ed anche le comunità di famiglie che si sostengono a vicenda nelle difficoltà, nell’impegno sociale e nella fede». È qui che si innesta lo sguardo di stupore della Chiesa sulla famiglia per comprendere la ricchezza che può rappresentare per lo stile pastorale della Chiesa. «Così che la Chiesa, per comprendere pienamente il suo mistero, guarda alla famiglia cristiana, che lo manifesta in modo genuino» (Al 67). Lo stile dell’amore familiare, fondato sulla comunione e la complementarietà degli sposi, può divenire, infatti, uno stile ecclesiale, dal momento che «la Chiesa è famiglia di famiglie, costantemente arricchita dalla vita di tutte le Chiese domestiche. “In virtù del sacramento del matrimonio ogni famiglia diventa a tutti gli effetti un bene per la Chiesa”» (Al 87).

* Sotto-segretario del Dicastero per i laici, la famiglia e la vita

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26 agosto 2021, 08:00