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Tempo di conversione: diciamo qualche "no" per dire un grande "sì" a Cristo

Nella settimana di esercizi spirituali del Papa e della Curia Romana proponiamo, in collaborazione con Telepace, un ciclo di meditazioni preparate per l'occasione dall'arcivescovo Giacomo Morandi, segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede, dal titolo “Redenti dal peccato, annunciatori del Vangelo”. La catechesi di oggi è sulla novità di vita che porta Gesù e sulla disponibilità a farsi trasfigurare da lui

Antonella Palermo - Città del Vaticano

La lectio di oggi realizzata nel cammino di Quaresima da monsignor Giacomo Morandi, segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede - realizzata nell’ambito del ciclo “Redenti dal peccato, annunciatori del Vangelo”, in collaborazione con Telepace - si sofferma sulla chiamata alla gioia del cristiano, ripercorrendo il capitolo 2 del Vangelo di Marco in cui si descrivono le reazioni di perplessità degli scribi e dei farisei di fronte al mancato rispetto della tradizione del digiuno settimanale da parte dei discepoli di Gesù.

L’incontro con Gesù trasfigura la nostra umanità

Interpellato dalle domande di scribi e farisei circa la non adesione alle norme tramandate, come il digiuno, Gesù risponde cercando di far capire il carattere nuovo del tempo che stanno vivendo. “Non è questione di aggiungere qualche pratica in più, ma di cogliere come l’incontro con Gesù conduce gli uomini a rivisitare completamente la loro vita”, spiega il presule, ricordando le due immagini: quella del vestito nuovo messo su un vestito vecchio, e quella del vino nuovo messo in otri vecchi. In entrambi i casi, l’effetto è di rovinare, disperdere il vecchio e il nuovo. “Tante volte – precisa il presule – nel nostro cammino di conversione siamo tentati di trovare modalità di compromesso, vogliamo in sostanza continuare a condurre la vita che conduciamo senza introdurre cambiamenti radicali. Magari in Quaresima facciamo qualche fioretto, qualche rinuncia ma il nostro modo di vivere non cambia nel profondo”. Vogliamo, insomma, cambiare ma non troppo. Gesù invece vuole farci comprendere che nel momento in cui incontriamo lui è tale la pienezza che ne scaturisce che tutta la nostra umanità ne viene trasfigurata. 

Custodire un tesoro

Monsignor Morandi insiste sulla necessità di diventare consapevoli che l’incontro con Cristo è l’incontro con un grande tesoro, con qualcosa di straordinario che porta inevitabilmente dei cambiamenti. Da qui deriva il fatto che le nostre opere sono una risposta a questa intuizione, non il contrario. “L’ascesi è sempre una risposta non è mai un punto di partenza – precisa ancora il segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede – muove dal desiderio di custodire un tesoro. In questa prospettiva siamo naturalmente portati a non dilapidarlo, a non farlo portare via da altri”. 

Non mettere “rattoppi” alla nostra vita

La prima vera conversione è essere e vivere nella gioia, primo segno che qualcosa di importante è accaduto tra noi e il Signore. È questo un aspetto su cui molto si concentra il presule citando anche un grande autore inglese, Lewis, che intitola il racconto della propria conversione “Sorpreso dalla gioia”. Si tratta di attivare un cambiamento non solo nel proprio cuore ma anche nel proprio modo di agire. Gesù dice: non pensate di fare un restauro conservativo. “Noi siamo esperti in questo tipo di lavori: gli architetti ci dicono pure che sono molto costosi – avverte il presule – bisogna invece evitare di mettere dei rattoppi nella nostra vita. Diventare una realtà nuova comporta che chiudiamo certe porte, facciamo scelte coraggiose, diciamo dei no, anche severi, perché abbiamo detto un sì grande al Signore. Questo fonderà in modo solido il nostro itinerario di conversione”. E fa l’esempio di scegliere di rinunciare ad Internet perché vogliamo stare con Gesù.

Il cammino di conversione è sempre un cammino di gioia

Tornando all’immagine del vino nuovo, come non citare l’episodio delle nozze di Cana? “Dicono gli studiosi che la quantità di vino frutto del miracolo sarebbe stata di circa 600 litri di vino, di ottima qualità”. Per dire che è stato un fiume di vino riversato sulle nozze di Cana. La catechesi si conclude con il ribadire che il vino è sempre associato alla gioia: lo si ripete nel Siracide, nei Salmi (cfr. “il vino che allieta il cuore dell’uomo… l’olio che fa brillare il suo volto…), nella Lettera ai Galati quando Paolo elenca i frutti dello Spirito e parla in primis dell’amore e della gioia. “Eliminiamo tutto ciò che compromette questa gioia – raccomanda monsignor Morandi – così che sia visibile dai nostri visi quella letizia che scaturisce dall’incontro con Lui”.

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26 febbraio 2021, 11:34