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Giovani ospiti in un campo profughi di Bihac, in Bosnia ed Erzegovina Giovani ospiti in un campo profughi di Bihac, in Bosnia ed Erzegovina 

Scuola e pandemia: impegno della Chiesa per non privare i giovani del futuro

L’emergenza sanitaria da Covid-19 ha costretto le scuole del mondo a chiudere i battenti, privando i giovani di un luogo sicuro di crescita. Ma la Chiesa è in prima linea nella tutela del diritto all’istruzione

Isabella Piro - Città del Vaticano

Aule chiuse, corridoi silenziosi, cortili vuoti. Nessun vociare chiassoso, nessuna risata, nessuno zaino a colorare i banchi e le sedie. La pandemia da Covid-19 ha dipinto molti scenari desolanti, ma quello della scuola, forse, lo è più di tanti altri. La chiusura degli Istituti educativi, infatti, in osservanza alle normative anti-contagio, ha privato oltre un miliardo di minori, in tutto il mondo, “di un luogo sicuro dove poter crescere e costruire un futuro”: lo sottolinea il numero settimanale del Bollettino sulle persone vulnerabili e fragili in movimento in epoca di Covid-19, a cura della Sezione per i migranti e i rifugiati del Dicastero per lo Sviluppo umano integrale.

I minori rifugiati sono i soggetti più a rischio 

“L'istruzione è un diritto fondamentale che apre la possibilità di esercitare altri diritti – si afferma -. Per questo motivo, è importante che sia sempre accessibile e garantito a tutti”. Di qui l’impegno che diversi organismi ecclesiali, in diverse parti del globo, hanno assunto per permettere ai ragazzi di proseguire gli studi con regolarità, nonostante l’emergenza sanitaria. L’attenzione, in particolare, si è soffermata sui minori rifugiati, soggetti maggiormente a rischio di dispersione scolastica, nonché di abusi. Degli oltre 40 milioni di persone che, in tutto il mondo, sono vittime di schiavitù, lavoro forzato o violenza, infatti, una su quattro è un bambino.

Australia: lotta al lavoro minorile

A contrastare tale drammatico scenario, un primo esempio virtuoso arriva dall’Australia, dove il Catholic education di Melbourne, in collaborazione l’arcidiocesi locale e l’Australian catholic religious against trafficking in humans, ha sviluppato un kit di risorse per aiutare le scuole a creare un ambiente libero dalla schiavitù. Il kit offre una guida specifica su dove acquistare tè, caffè, cioccolato e altri prodotti non provenienti dallo sfruttamento di bambini o adulti che lavorano in condizioni di schiavitù. “Decidendo di acquistare solo prodotti certificati e non frutto di schiavismo – afferma il Bollettino - possiamo contribuire a sradicare il lavoro minorile, il lavoro forzato e il traffico di esseri umani per fare la differenza in questo mondo”.

Burundi: parità di accesso a educazione e giustizia sociale

Altre due testimonianze arrivano dall’Africa: la prima riguarda il Burundi, dove l’ong dei padri gesuiti “Entreculturas” ha avviato un progetto per incoraggiare la parità di accesso all’istruzione e la giustizia sociale. Nel mese di febbraio, dunque, è stato avviato un programma educativo, di livello primario e secondario, rivolto ad oltre 15mila studenti congolesi rifugiati. “Tenendo conto che una persona sfollata con la forza trascorre in media 17 anni in un campo profughi – spiega il Bollettino - è chiaro che il diritto fondamentale dell'istruzione non può essere negato per così tanto tempo”. Il progetto è stato reso possibile dalla partecipazione degli stessi studenti che, insieme ai docenti, ai genitori ed al personale di supporto dei campi-profughi, hanno stabilito la linea d’azione da seguire, strutturandola in tre ambiti: la tutela del diritto all’istruzione; la necessità di salvaguardare il benessere emotivo dei giovani rifugiati; e la parità di genere, così da incoraggiare la formazione anche delle studentesse.

L’istruzione salva vite presenti e future

Il progetto sarà sviluppato in tre fasi: la prima, già conclusa, è stata dedicata alla costruzione di aule scolastiche sicure, così da permettere la frequenza dei ragazzi in tutta tranquillità. Tra l’altro, questa fase ha portato anche alla generazione di reddito per la popolazione locale, spesso gravata da difficoltà occupazionali. La seconda tappa del programma mira, invece, al miglioramento della didattica in classe e prevede, quindi, la formazione degli stessi insegnanti ed il sostegno specifico degli alunni che hanno difficoltà di apprendimento. La terza fase del progetto, infine, avrà inizio nel 2021 e vedrà il rafforzamento dei legami familiari di ogni studente, con il coinvolgimento diretto dei genitori nell’educazione dei figli. “L'istruzione salva vite presenti e future – sottolinea ancora il Bollettino del dicastero - ed è essenziale che sia messa al centro della risposta umanitaria ad una situazione di crisi o di emergenza”.

Kenya: borse di studio universitarie per giovani rifugiati

Il secondo esempio proveniente dall’Africa coinvolge, invece, il Kenya: qui, il Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati (Jrs) ha avviato alcune borse di studio per garantire l'accesso all'istruzione universitaria ai rifugiati vulnerabili. Attraverso tale iniziativa, pensata in collaborazione, tra gli altri, con la Southern New Hampshire University negli Stati Uniti, il Jrs cerca di offrire a 21 giovani “protezione, opportunità e partecipazione” sociale. Il corso di laurea sostenuto dalla borsa di studio è quadriennale ed è in materia di “Comunicazione ed Economia aziendale”; aperto a persone di tutte le età e di tutte le fedi, viene preceduto da un tirocinio di tre mesi, in presenza o a distanza. Infine, il Jrs facilita un servizio di tutor per gli studenti e un sistema di contatti con il mondo del lavoro, così da garantire ai neo-laureati un maggiore accesso all’occupazione.

 

Papa Francesco: “L’educazione è un atto di speranza”

Da ricordare che l’importanza dell’istruzione è al centro del videomessaggio che Papa Francesco ha rivolto oggi ai partecipanti all’incontro, in Vaticano, per il lancio della Missione 4.7 e del Global Compact on Education. “L'educazione – ha detto il Pontefice - è sempre un atto di speranza che, dal presente, guarda al futuro”, affinché si superino “l'attuale globalizzazione dell'indifferenza e la cultura dello scarto”, due “grandi mali della nostra cultura”.

Per i precedenti numeri di questo Bollettino, visitare il sito: migrants-refugees.va/it/bollettino-c-19

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16 dicembre 2020, 17:08