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Parolin: cinque anni dopo l’Accordo di Parigi è una “sfida di civiltà”

In un videomessaggio al webinar organizzato dalle ambasciate britannica, francese e italiana presso la Santa Sede per l'anniversario dell'Accordo sul clima, il segretario di Stato sollecita lo sviluppo di una “cultura della cura”: la coscienza della società civile è aumentata, deve crescere la volontà politica. Annunciato un intervento del Papa al “Virtual Climate Ambition Summit” del 12 dicembre

Alessandro De Carolis – Città del Vaticano

Il riscaldamento del clima e adesso la pandemia. Due questioni “globali” che nessun governo del pianeta può eludere o trattare con inerzia, né – per dirla con Papa Francesco – può affrontare pensando di salvarsi da solo. L’analisi che il cardinale Pietro Parolin fa dello scenario internazionale maturato dopo gli Accordi di Parigi è chiara: a una maggiore sensibilità generale sul tema dei cambiamenti climatici, riscontrabile dal 2015 in qua, fa da contraltare una più “lenta” crescita della “volontà politica” nel mettere in campo azioni di contrasto.

Agenda per un cambiamento

Il segretario di Stato affida a un videomessaggio il proprio contributo alla Tavola rotonda online promossa dalle ambasciate di Regno Unito, Francia e Italia presso la Santa Sede sul tema "Affrontare il cambiamento climatico: da Parigi a Glasgow via Milano". L’orizzonte della riflessione si sviluppa tenendo conto di una serie di appuntamenti a partire da quel 12 dicembre di cinque anni fa – quando l’Accordo siglato nella capitale francese diventava realtà: dall’High Level Virtual Climate Ambition Summit di sabato prossimo – al quale, annuncia il cardinale Parolin, anche Papa Francesco “prenderà la parola – ma con lo sguardo teso alla COP26, il vertice climatico di Glasgow in programma nel novembre 2021, preceduto dalla tappa intermedia di Milano in settembre.

La politica "lenta"

“Alla Cop-26 non possiamo mancare l’opportunità di rendere manifesto questo momento di cambiamento e di presa di decisioni concrete e improcrastinabili”, è l’invito rivolto ai leader politici dal segretario di Stato, che in precedenza aveva citato i valori della Laudato si’ e in particolare l’auspicio del Papa all’indomani dell’Accordo di Parigi perché l'intesa fosse attuata in modo solidale, con “una particolare attenzione alle popolazioni più vulnerabili”. In realtà, rileva il porporato, a fronte di un aumento nella società civile della consapevolezza “della complessità del fenomeno dei cambiamenti climatici e dei suoi impatti”, gli “impegni attuali presi dagli Stati” in questo ambito “sono molto lontani da quelli effettivamente necessari” per raggiungere gli obiettivi fissati dall’intesa parigina. E quindi, dichiara, l’obiettivo di rafforzare la volontà politica ““è uno dei motivi per cui siamo qui”.

Tre concetti per il bene comune

Per il cardinale Parolin è necessario “elaborare un nuovo modello culturale improntato sulla cultura della cura”, intesa come “cura degli altri, cura dell’ambiente, al posto della cultura dell’indifferenza, del degrado e dello scarto: scarto di sé, dell’altro, dell’ambiente”. Un modello, precisa, che “deve far leva su tre concetti: coscienza, saggezza, volontà”. La coscienza, spiega, si rifà a una “ricerca” delle scienze fisiche e umanistiche “capace di far dialogare a livello interdisciplinare i vari tipi di sapere”. La saggezza è quella fondata su “principi etici di lungo respiro e propositivi”, con la Chiesa in prima linea nel proporrre gli insegnamenti della dottrina sociale. E infine la volontà, che in sostanza traduce l’azione politica in ricerca del bene comune.

"Cambiamento dello sguardo"

Il segretario di Stato conclude anticipando un paio di sottolineature che Papa Francesco farà al Summit del 12 dicembre: l’"alleanza tra l’essere umano e l’ambiente”, che rispetti le persone “più fragili”, e in secondo luogo l'individuazione di “soluzioni politiche o tecniche” che favoriscano un “processo educativo” in grado di promuovere “soprattutto tra i giovani, nuovi stili di vita e una nuova “umanità”, favorendo un cambiamento dello “sguardo”. La COP26, che sarà celebrata dopo la prova della pandemia, conclude il cardinale Parolin, “sarà un momento centrale per misurare e stimolare la volontà collettiva e il livello di ambizione dei singoli Stati”.

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10 dicembre 2020, 12:14