Tutela dagli abusi, la Chiesa moltiplica l'impegno Tutela dagli abusi, la Chiesa moltiplica l'impegno 

Caffo: proteggere dagli abusi richiede un attento lavoro di coordinamento

La Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori ha concluso ieri due giorni di lavoro in plenaria. A Vatican News, uno dei componenti, Ernesto Caffo, invoca un “cambio di cultura”: gli abusi sessuali e di potere chiedono un intervento precoce, altrimenti i “rischi che ricadono sulle persone che stanno in silenzio diventano drammatici”

Alessandro De Carolis – Città del Vaticano

La pandemia non ha arrestato il fenomeno degli abusi ma, come in altri ambiti, ha fatto riconsiderare in positivo le potenzialità dell’“aiuto digitale”. Ernesto Caffo, fondatore e presidente di “Telefono Azzurro”, fa il punto sulla plenaria svoltasi dal 16 al 18 settembre, che ha visto anche diversi membri della Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori sfruttare le piattaforme web per condurre i lavori.

Quattro i binari del confronto – divulgazione, studio, ricerca e istruzione online – e diverse le opportunità di valutare esperienze di salvaguardia sperimentate nel mondo ecclesiale. Fra gli altri, spiega un comunicato della Commissione, spicca un panel condotto in Brasile tra vittime di abusi e consultori, che ha dato impulso alla creazione di ufficio di supporto alla Task force istituita in febbraio, per volontà di Papa Francesco, con il compito di assistere Conferenze episcopali e realtà ecclesiali in materia di tutela dei minori.

Vademecum e nuovi strumenti

Una sottolineatura la Commissione pontificia ha voluto farla sul Vademecum pubblicato lo scorso 16 luglio da parte della Congregazione per la Dottrina della Fede, definito un contributo al “"rafforzamento dell'amministrazione della giustizia” che “chiarisce meglio come debbano essere ascoltati coloro che hanno subito abusi”. Il Vademecum si aggiunge al complesso di normative che, afferma Ernesto Caffo, rendono più incisivo il lavoro della Commissione:

Ascolta l'intervista a Ernesto Caffo

R. – Da una parte, avendo strumenti così importanti occorre declinarli in azioni concrete, in una formazione di tutti coloro che sono coinvolti, partendo ovviamente dalle Conferenze episcopali a tutte le varie Congregazioni, cercando di trovare il modo di spiegare secondo il Vademecum come attuare scelte legate a nuove competenze che devono maturare, sapendo bene che ci sono tantissime aree di difficile interpretazione che vanno lette guardando anche alle diverse culture. Quindi questo è stato ed è lo sforzo un po' di tutta la Chiesa oggi, e anche della nostra Commissione, di trasformare questa notevole mole di strumenti normativi in azioni.

Anche perché i bisogni che vediamo emergere di tutela dei minori aumentano, quindi dobbiamo assolutamente trovare modalità ancora più efficaci e più adeguate ai tempi.

Secondo lei, manca ancora qualcosa a livello normativo per affrontare compiutamente il fenomeno degli abusi?

R. – Credo che uno dei temi maggiori sia il coordinamento tra tutte le iniziative e tutte le diverse componenti della Chiesa per affrontare questo tema, che deve essere visto sia all'interno e sia all'esterno della Chiesa – anche nei movimenti laici – perché possa in qualche modo essere efficace. Ci deve essere un cambio anche di cultura per comprendere che attorno al tema degli abusi sessuali c'è tutta una serie di tematiche legate per esempio all’abuso di potere e tutto quello che è il tema di non rispetto dei diritti. È molto interessante vedere come stiano maturando idee anche posizioni all'interno della Chiesa che possono essere di grande aiuto.

Nel corso dell'estate si sono tenuti una serie di webinar sulla tutela dei minori e delle persone vulnerabili durante il Covid-19, iniziativa che si è svolta in collaborazione con l'Unione nazionale delle superiori generali (Uisg). Che risultati ha prodotto questo lavoro?

R. – È emerso un grande bisogno di confronto e anche, devo dire, l’esigenza di poter avere risposte ai grandi temi che sono quelli legati alla tutela dei più fragili. La cosa interessante è stata la presenza globale in tante persone che da tutte le parti del mondo si interrogavano e questo ci porta ovviamente a cogliere quest'opportunità come uno stimolo per andare avanti, però con una grande voglia da parte di tutti di potersi confrontare cercando di utilizzare le best practices, le conoscenze a disposizione, rendendole fruibili a tutti. E le nuove tecnologie sicuramente hanno prodotto un grande vantaggio per tutti e questo va mantenuto e va sviluppato ulteriormente tra Commissione e Usg in questa direzione.

L’Associazione “Telefono Azzurro” che lei presiede è da tanti anni il “termometro”, in particolar modo in Italia, delle voci delle vittime di abusi e delle loro famiglie. Qual è la situazione oggi?

R. – Sicuramente questo periodo di Covid ha facilitato l'accesso a sistemi di aiuto che possono essere anche quelli digitali. Noi abbiamo visto emergere molte violenze familiari e tanti disagi che prima erano presenti sotto il profilo mentale che poi diventano anche violenze quando molte volte non c'è un supporto adeguato alla famiglia. Quello di cui c'è bisogno oggi sono modalità per chiedere aiuto, ma questo vale anche per quanto riguarda la Chiesa, cioè sui temi che le diocesi italiane hanno attivato di ascolto delle vittime, di ascolto delle famiglie fragili, tutto questo è molto importante perché dobbiamo dare voce a chi ha bisogno. E questo è un po' un percorso che riteniamo vada ancor più sviluppato e su questo vedo la Chiesa molto sensibile e molto attenta, come devo dire lo sta diventando parte del mondo delle istituzioni. Perché se non interveniamo precocemente, i rischi che ricadono sulle persone che stanno in silenzio e che non chiedono aiuto a nessuno diventano drammatici.

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19 settembre 2020, 13:33