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Zollner: l’isolamento, un rischio grande per i bambini più vulnerabili

Nel corso del webinar di oggi dedicato alla tutela on line in tempo di pandemia, padre Hans Zollner, presidente del Centro della protezione dei minori della Pontificia Università Gregoriana, ha indicato alcune buone pratiche per proteggere i bambini che accedono al web e che diventano facili prede di abusatori. Forte la denuncia di un fenomeno in crescita che vede tra le vittime anche bimbi di due anni

Benedetta Capelli – Città del Vaticano

Colpiscono i numeri in aumento degli abusi on line sui bambini e le persone vulnerabili. L’isolamento ha favorito un maggiore accesso al web dove è più semplice produrre e condividere materiale pedopornografico, adescare i soggetti più deboli, intimidirli. Sono stati segnalati abusi anche sui bambini di età inferiore ai due anni. Le stime sono state riportate da padre Hans Zollner, membro della Pontificia Commissione per la tutela dei minori, che ha condotto il webinar: “La tutela on line in tempo di isolamento”. Si tratta del secondo confronto dei quattro in programma promosso dalla Pontificia Commissione per la tutela dei minori, dall'Unione Internazionale delle Superiore Maggiori, dal Centro per la protezione dei minori della Pontificia Università Gregoriana e da Telefono Azzurro. Almeno 300 persone si sono collegate da tutto il mondo per prendere parte al webinar.

Trend paurosamente in crescita

Se internet ha migliorato le nostre vite – ha sottolineato nel corso del webinar padre Zollner – è anche vero che ha sollevato importanti domande sugli “aspetti fisici, sessuali, psicologici, educativi, relazionali e spirituali della nostra vita”. Il ricorso al web da parte degli abusatori si trasforma in “adescamento online, sexting (che spesso si svolge tra coetanei), abusi sessuali in diretta, cyber-bullismo e intimidazioni”. La fascia di età più colpita è quella tra gli 11-13 anni, a seguire quella tra i 7-10 anni. Nel mirino soprattutto le ragazze, il 90% dei casi. Nel Regno Unito ci sono stati 9 milioni di tentativi, in aprile, di accedere a siti web contenenti abusi sessuali su minori. L’accesso a video hot in Spagna è cresciuto del 20%, in Australia si è registrato un aumento delle immagini degli abusi pari all'86% nelle prime tre settimane dopo il 21 marzo.

Nel mirino bimbi di due anni

Padre Hans Zollner, presidente del Centro della protezione dei minori della Pontificia Università Gregoriana, spiega nel dettaglio l'aumento dei casi di abusi durante la pandemia di Covid-19: 

Ascolta l'intervista a padre Hans Zoellner

R. - Quello che sappiamo è che ci sono  già  alcune  statistiche  e  anche dei dati  che  abbiamo  ricevuto sia  dalle forze dell'ordine sia  da  studiosi.  Indicano  che  certamente  questo  periodo,  come  era  prevedibile,  ha portato  un  rischio  maggiore  di  abuso  tramite  quello  che  si  chiama  in  inglese  il  grooming, ovvero  l'adescamento. E’ il relazionarsi dei giovani  tramite  chat con una persona che è in realtà un’altra ma che si nasconde, fingendosi della stessa  età,  dello  stesso  sesso, camuffando  la  vera  identità  e  così  entrando  in  confidenza  con  lo  scopo  ultimo di  un  contatto  sessuale  o  almeno  di avere immagini  sessuali  da parte  del  giovane  con  cui  si  è  entrati in contatto.

Già prima del lockdown, le stime sull’adescamento online erano molto alte, oggi queste stime sono ulteriormente aumentate. C’è un particolare allarme che vuole lanciare per determinati Paesi?

R. - Penso  che  siano  numeri  che  abbiamo  da  tutte  le  parti  del mondo e che  indicano  che  il  problema  è  lo  stesso,  perché  appunto  il  lockdown  era  o  è,  più  o  meno,  lo  stesso in  tutti  o  quasi  tutti  i  Paesi  del  mondo. Quindi  il  fatto  che  una  persona  giovane stia  a  casa  tanto  tempo,  da  sola,  on-line, con nessuna  supervisione o nessun controllo  e  che  tutti  i  canali  di  chat  siano  aperti  e  anche  il  materiale  pornografico diventa più accessibile  perché  non  ci  sono  i  controlli  dell'età, ci porta a dire che ci sono molti rischi che  aumentano  quando  i  giovani,  e  non  solo  i  giovani,  non  hanno  alcuna indicazione  su  cosa  fare  e  cosa  non  fare. Non hanno dei limiti e non sanno cosa possono fare per proteggersi anche  di  fronte  a  persone  sconosciute  che  vogliono  entrare  in  contatto. Particolarmente  grave  è  la  situazione  quando  tutto  il  mondo  vive  praticamente  molto  tempo  di  fronte  allo  schermo, ed è quello  che abbiamo  vissuto  tutti  noi  negli  ultimi  tre  o  quattro  mesi. Dunque dobbiamo  educare  per  proteggere  la dignità e il rispetto  delle  persone  vulnerabili  innanzitutto  dei  giovani.

La  protezione  dei  bambini  è  stata  relegata  ad  una  priorità  inferiore  in  questo  tempo  di  lockdown, secondo lei? 

R. -  Ma  è  proprio  questo che  abbiamo  dovuto  notare.  Quando tutto il mondo pensa, anche  comprensibilmente,  alla  propria  salute,  al  proprio  stato  economico, il fatto di non pensare ai bambini è quasi scontato e  purtroppo  questo  avviene  proprio  nel  momento  in  cui  ci  sarebbe  la  necessità  di  stare  attenti  rispetto  ai  rischi  che  i  giovani  e le altre  persone  vulnerabili  corrono. Pensiamo ad esempio che sono a casa  eventualmente con  una  persona  che  abusa  di loro dentro  la loro  famiglia, dunque  senza  ulteriore  protezione,  senza  la  possibilità  di  contattare  i  servizi  sociali  o  la  polizia. A noi occidentali è successo qualcosa  che  in  molte  parti  del  mondo avviene quando c’è una guerra o una catastrofe naturale, quando la  situazione  economica è spaventosa: non ci si preoccupa della  sicurezza e della dignità dei  bambini. E’ successo proprio nei nostri Paesi dove pensavamo che l'area della protezione dei minori avesse già acquisito una posizione fondata e solida.

Lei  ha  detto  che  ci  sono  state segnalazioni di  abusi anche su  bambini  di età  inferiore  a  2  anni..

R. - E questo purtroppo è il numero in  assoluto, per quello  che  sappiamo, che  sta aumentando ed è molto  preoccupante.

Quali sono le buone pratiche da seguire da  parte della famiglia e degli educatori?

R. -  Una buona pratica che veramente  ha un  effetto positivo è ad esempio quella di comprare alcuni software  che  limitano  l'accesso  a certi  siti  e  non  permettono l’accesso ad  altri.  Però questa non è una  misura di sicurezza  assolutamente  solida  perché  i  giovani  di  oggi  sono  molto  capaci  in  qualche  maniera  di trovare  una  strada. E’ necessario  educare  ad  un  uso  limitato  sia nel  tempo che nello spazio,  ad  esempio  creare  spazi  in  cui  non  si  usa  lo  smartphone.  So  molto  bene  che  questo è difficile  da  introdurre,  soprattutto  se non  ci sono delle  regole  ma  senza  queste  regole   penso  che  non  arriveremo  mai  a  una  vera protezione. E’ poi importante conoscere  ciò  che  stanno  usando  i  giovani, quali  sono i loro canali di comunicazione  sia  Facebook che  Snapchat. Educare anche  tramite  l'esempio,  cioè  guardare  con  loro,  andare  sui  siti  ammissibili con  loro, giocare on-line con loro ma dimostrando cosa si  fa e cosa non si fa.

Quale ruolo  può  giocare  la  Chiesa  in questo ambito?

R. -  Io penso che  con  tutte  le  nostre  scuole  che  sono  più  di  220  mila  scuole  cattoliche  nel  mondo,  con le  nostre  università  che  sono  1500,   con  tutte  le  nostre  altre  istituzioni  accademiche ed educative, abbiamo  veramente  un  grande  peso  e  una  grande  responsabilità  in  questo. Mi  pare  che  potremmo  fare  molto  nell’educazione  sana  di  bambini nell'ambito della sicurezza  su internet. Possiamo  fare  molto come Chiesa e  non  vedo molte altre  organizzazioni,  non  vedo  molte  altre  istituzioni  che prendono  sul  serio questo problema. Parliamo  di  una  questione  veramente  importante  soprattutto per  il  futuro  dell'umanità.

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18 giugno 2020, 14:09