Athletica Vaticana e l’asta solidale. Ravasi: dal Papa un grande sostegno

A una settimana dalla partenza della gara di solidarietà in favore degli ospedali di Brescia e Bergamo, in prima linea nella lotta al Covid-19, la testimonianza del cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, che spiega: “Lo sport è come l'arte, un gesto libero e creativo che unisce grandi campioni e atleti per passione”

Fabio Colagrande – Città del Vaticano

Il prossimo 8 giugno parte sulla piattaforma digitale "Charitystars.com" l’asta di beneficenza “We Run Together” voluta da Athletica Vaticana, Fiamme Gialle, il “Cortile dei Gentili” e Fidal-Lazio per sostenere il personale sanitario degli ospedali di Brescia e Bergamo, in questi mesi in prima linea nella lotta alla pandemia di Covid-19. In palio, in questa inedita gara di solidarietà, oggetti ed esperienze sportive con campioni olimpici plurimedagliati, ma anche alcuni doni speciali offerti personalmente per l’occasione da Papa Francesco.

"We run together"

Lo scorso 20 maggio il Pontefice aveva infatti ricevuto nella sua Biblioteca privata una piccola rappresentanza degli atleti che avrebbero dovuto prendere parte al Meeting omonimo, previsto per il 21 maggio e poi sospeso a causa della situazione sanitaria internazionale.

Nell’occasione Papa Francesco aveva mostrato grande interesse per l’iniziativa della “sua” squadra podistica, ricordando l’esempio dei pellegrini medievali che andavano “al passo del più debole” così come i campioni che hanno scelto di partecipare alla manifestazione e poi a questa gara virtuale. Lo conferma in questa intervista, il cardinale Gianfranco Ravasi, che come presidente del Pontificio Consiglio della Cultura ha presentato al Papa l’asta di beneficenza:

Ascolta l'intervista al cardinale Gianfranco Ravasi

R.- Quello con il Papa è stato un incontro di particolare intensità, anche perché l'ha voluto espressamente lo stesso Pontefice. Io non avevo infatti richiesto un’udienza in questa occasione. Lo avevo fatto per il previsto evento sportivo del 20-21 maggio, quello con i campioni olimpici che, secondo il programma, avrebbero dovuto gareggiare a Castelporziano con atleti paralimpici, sportivi con disabilità mentali, rifugiati, migranti e carcerati. Ma non mi immaginavo di poter fare lo stesso, solo con un piccolo gruppo, questa udienza papale che avrebbe dovuto svolgersi con centinaia di persone. Invece Francesco l’ha organizzata in un certo senso lui stesso. Era un mercoledì e c’era stata l’udienza generale nella Biblioteca privata del Pontefice e noi dovevamo incontrarlo brevemente in una delle sale laterali, un salottino, mentre il Papa ha voluto che l’incontro si svolgesse ancora in Biblioteca e nell’occasione ha fatto tutta una serie di dichiarazioni dimostrando un’appassionata partecipazione all’iniziativa. Forse, anche perché il saluto che gli ho rivolto aveva come punto di riferimento soprattutto la frase “We run together”, che è in lingua inglese ma ha anche una trascrizione un po' libera in latino - che è pur sempre la lingua ufficiale della Santa Sede - “Simul currebant”.  Dietro queste parole si nasconde infatti una citazione non facile che il Papa ha subito riconosciuto: quella del capitolo ventesimo del Vangelo di Giovanni, quando nella mattina di Pasqua, due discepoli, e cioè il prediletto, che poi è stato identificato in Giovanni, e Pietro, corrono insieme - si dice esplicitamente “simul currebant” nella traduzione latina del Vangelo di Giovanni - per andare alla tomba di Cristo avendo ricevuto la notizia che forse c'era qualcosa di inaspettato. Ma la cosa curiosa è che quella corsa avviene in una maniera particolare: chi corre di più evidentemente è il discepolo che Gesù amava, il più giovane, mentre Pietro resta indietro. Ma arrivato davanti al Sepolcro di Cristo, Giovanni si ferma e quasi con un “fair play” sportivo aspetta che arrivi Pietro e gli concede il primo ingresso nella grotta sepolcrale. Ecco, questa frase che poi il Papa ha commentato era un po’ un simbolo di questa iniziativa, perché gli atleti olimpici che partecipano sono pronti anche un po' a cedere il passo agli atleti di altre categorie che erano rappresentati anche in quella giornata.

Athletica Vaticana in udienza dal Papa il 20 marzo scorso
Athletica Vaticana in udienza dal Papa il 20 marzo scorso

La squadra di Athletica Vaticana e questa particolare iniziativa di solidarietà che la riguarda nascono entrambe nell'ambito del Dicastero che lei presiede, come lo spiega?

R.- Quando si parla di sport è importante risalire sempre alla sua genesi. L’attività sportiva riflette spesso oggi le degenerazioni della persona umana e della società: pensiamo alla violenza negli stadi, al razzismo, al fenomeno del doping o agli eccessi economici e alla corruzione che dominano soprattutto nel mondo del calcio, che è lo sport più popolare. Ma di sua natura, come dicevo, lo sport è nato come un atto gratuito ed è, in un certo senso, simile all'arte. Siamo sempre infatti nell’ambito del gioco e quest’ultimo è sempre qualcosa che si compie in maniera libera e creativa, non per interesse. Per cui effettivamente lo sport dovrebbe essere in un certo senso l'espressione quasi della creatività della persona e quindi un fenomeno culturale di base. Secondo i grandi antropologi culturali, infatti, l'ominide, l'uomo vero e proprio, l'Homo sapiens sapiens, è apparso veramente nell'evoluzione quando - come dice un bel testo simbolico giapponese - per la prima volta questa specie di primate che era l'uomo colse dei fiori e dell’erba, non per nutrirsene ma per creare una collana e metterla al collo della sua donna. In quel momento esegue un atto inutile dal punto di vista economico, ma da lì nasce attraverso il simbolo, il gioco, l'arte, nasce veramente la creatura umana. Ecco perché è stato detto giustamente che lo sport dovrebbe essere come la musica: una sorta di esperanto universale, un linguaggio universale. Ed è per questo che noi abbiamo voluto che nella squadra vaticana e in questa iniziativa fossero coinvolte anche persone prive di quelle “attrezzature” che possiede lo sportivo campione. All’udienza con Papa Francesco c'era una ragazza di 11 anni che è un po' la mascotte di Athletica Vaticana: Sara Vargetto, è un'atleta su sedia a rotelle con una malattia degenerativa. Oppure c'era anche uno straniero, Charles Ampofo, che è un atleta migrante del Ghana che è arrivato in Italia su un barcone dopo una lunga prigionia in Libia. C'era un atleta che è una detenuta nel carcere femminile di Rebibbia, dov’è capitano della squadra di calcetto. E poi c'erano i grandi atleti come Fabrizio Donato, lunghista e triplista, capitano della Nazionale italiana di atletica. Ecco quindi che lo sport autentico è un fenomeno antropologico, cioè umano, radicale che può essere declinato in forme diverse da tutti, non solo dallo sportivo professionale.

Il giorno di Pentecoste il Papa ha detto che il peggio di questa pandemia sarebbe il dramma di sprecarla. Anche questa iniziativa di beneficenza di Athletica Vaticana va in questo senso?

R. - Certamente. Questa è una corsa in un certo senso virtuale: si svolge su una piattaforma digitale - “Charitystars.com” - che dall’8 giugno all'8 agosto, ogni settimana, avrà la sua scansione, un significato simbolico, ma anche dei doni importanti. Noi partiremo proprio con un oggetto che il Papa, un po’ a sorpresa, ha deciso di regalarci. Francesco ci ha regalato la bicicletta personalizzata coi colori della Santa Sede e dell’Argentina che aveva ricevuto dal campione del mondo di ciclismo, Peter Sagan. Ma poi il Papa ha donato ancora altri oggetti perché vuole partecipare idealmente a questa gara e così ogni settimana sarà messo all’asta un oggetto speciale donato da lui. Ma poi ci sono tutti gli altri doni che saranno offerti da un numero enorme di atleti che hanno messo a disposizione i loro simboli, le loro divise o equipaggiamenti agonistici: le maglie da gioco, gli scarponi da sci ecc.. C'è persino la possibilità di svolgere un tour su una delle imbarcazioni a vela Luna Rossa, attualmente in rada nel porto di Cagliari. Ci sono infine degli atleti che oltre ad offrire la casacca che hanno indossato per partecipare ai Giochi Olimpici, come fa per esempio l’ex-canoista Antonio Rossi, mettono all’asta anche la possibilità di una cena con uno dei vincitori o con due dei vincitori, una cena magari preparata dalla loro stessa moglie o dal marito. Delle occasioni di incontro con grandi campioni dello sport italiano che si possono guadagnare, insomma, con un’offerta di solidarietà.

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02 giugno 2020, 08:00