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La copertina del libro "Papi di famiglia" La copertina del libro "Papi di famiglia" 

Dalla Torre, cento anni di una famiglia a servizio dei Papi

Rapporti stretti e diretti con i Pontefici nell'arco di un secolo. È la storia dei Dalla Torre, antica famiglia di origine trevigiana, per quattro generazioni – nonno, padre e nipote – a servizio in Vaticano, da Pio X a Francesco. La rievoca il libro “Papi di famiglia”, scritto da Giuseppe Dalla Torre, per 25 anni presidente del Tribunale dello Stato della Città del Vaticano, con la prefazione del cardinale Pietro Parolin

Alessandro De Carolis – Città del Vaticano

Le corse infantili nei Giardini Vaticani, luoghi della meraviglia da esplorare a occhi sgranati, tra battaglie di schizzi d’acqua di giorno e caccia alle lucciole la sera, avendo la Cupola di San Pietro come “quinta” e sullo sfondo il panorama di Roma. Uno spettacolo che non si dimentica se hai la ventura di crescere all’interno delle Mura vaticane. E non lo ha dimenticato Giuseppe Dalla Torre, giurista, una vita trascorsa, come suo padre e suo nonno prima di lui, avendo il Papa – anzi i Papi, ben dieci in totale – come interlocutori diretti non solo per motivi professionali, ma spesso come amici intimi e talvolta, prima dell’elezione al Soglio, vicini di casa.

Una finestra aperta

Il volume “Papi di famiglia – Un secolo di servizio alla Santa Sede”, racconta questa singolare vicenda dinastica, tessendo con lo stile della memorialistica una trama che parte dalla fine dell’Ottocento con Pio X, per arrivare all’attualità del Pontificato di Francesco. Per certi versi le pagine sono una sorta di backstage di quel mondo vaticano che – rileva nella sua prefazione il cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin – è “circondato da un alone di riservatezza, che esercita sempre nell’immaginario individuale e collettivo un grande fascino, suscitando palpabile interesse e talora fantasiose ricostruzioni”.

Il giornalista del Papa

I primi capitoli sono dedicati alla figura di Giuseppe Dalla Torre, nonno e omonimo dell’autore del libro e soprattutto firma prestigiosa del giornalismo, avendo diretto per 40 anni, dal 1920 al 1960, l’Osservatore Romano. Il nipote lo descrive come un uomo energico dalla personalità estroversa, un combattente in punta di penna come all’epoca la professione del giornalista veniva esercitata da tante firme del mondo cattolico, in un periodo in cui si avvicina la soluzione concordataria della “Questione romana” e il giornale “si sprovincializza”, acquisendo una dimensione internazionale grazie anche a informazioni di prima mano ottenute attraverso la rete capillare delle Chiese locali.

Correzioni pontificie

Lungo tutto il libro non mancano squarci di vita e aneddoti, come quello di Benedetto XV – un Papa, scrive l’autore, che “legge, corregge, approva o meno gli articoli” del quotidiano della Santa Sede – il quale un giorno emendando una serie di inesattezze (personalità erroneamente indicate presenti a una cerimonia e invece altrove o addirittura defunte, un’isola attribuita all’America invece che all’Asia) fa recapitare queste righe: “Dunque L’Osservatore Romano dona l’ubiquità; trasporta da un continente all’altro le terre; risuscita i morti”. Una ironia bonaria, segno di una familiarità che trascendeva il rapporto di lavoro. Una caratteristica questa spesso ricorrente nei rapporti dei Papi con i Dalla Torre.

I Musei rinnovati

Giuseppe Dalla Torre scompare nel 1967, dopo la lunga stagione del conflitto mondiale, delle dittature, della rinascita e del Concilio. Diverso l’ambito in cui si muove Paolo Dalla Torre, padre dell’autore, classe 1910, impegnato in Azione Cattolica, che nel ’60 viene chiamato da Giovanni XXIII alla direzione generale dei “Monumenti, Musei e Gallerie Pontificie”, come allora venivano chiamati i Musei Vaticani. Musei che proprio sotto la sua gestione vedono la costruzione della nuova ala in grado di ospitare importanti opere prima ubicate in altri palazzi.

Anni recenti

Di questo periodo il volume fa emergere dal passato il rapporto di grande vicinanza della famiglia Dalla Torre con Paolo VI, legame risalente ben più addietro rispetto al Pontificato, cementato negli anni difficili dell'età fascista. E facendo un balzo in avanti, gustosa è l’analoga conoscenza che la famiglia Dalla Torre sviluppa nel tempo col vicino di casa, il cardinale Joseph Ratzinger, prima della sua elezione al Soglio petrino nel 2005. E infine ci sono i ricordi in presa diretta dell’autore, in particolare il lungo rapporto con Giovanni Paolo II che lo chiama nel ’94 a dirigere il Tribunale dello Stato vaticano e prima ancora le responsabilità che lo vedono, fra gli altri, impegnato nel processo ad Ali Agca, l’attentatore di Papa Wojtyla, e nella revisione del Concordato.

Piramide a rovescio

“Abbiamo sempre percepito il Papa – scrive a mo’ di summa l’autore – non come il vertice di una istituzione, ma come la sua base, il suo fondamento: oggi questo viene confermato da Papa Francesco, il quale ama dire che la Chiesa è ‘come una piramide capovolta’, in cui ‘il vertice si trova al di sotto della base’”.

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03 giugno 2020, 15:30