Viaggio apostolico di papa Giovanni Paolo II in Thailandia 2 maggio - 12 maggio 1984 Viaggio apostolico di papa Giovanni Paolo II in Thailandia 2 maggio - 12 maggio 1984 

L’ex-segretario di Giovanni Paolo II: ci ha insegnato a fidarci di Dio

Monsignor Mieczysław Mokrzycki, arcivescovo di Leopoli in Ucraina, per nove anni secondo segretario personale di San Giovanni Paolo II, ricorda la grande umanità e capacità di ascolto del Papa polacco di cui il 18 maggio ricorre il centenario della nascita

Fabio Colagrande – Città del Vaticano

“Alla fine di ogni giornata, Giovanni Paolo II, terminate le preghiere, si avvicinava alla finestra della sua stanza e impartiva la benedizione. Io pensavo sempre: sta benedicendo Roma, la Chiesa o forse tutto il mondo”. È uno dei ricordi personali del pontificato di Karol Wojtyla che porta con sé monsignor Mieczysław Mokrzycki, oggi arcivescovo di Leopoli in Ucraina ma dal 1996 al 2005 secondo segretario personale di San Giovanni Paolo II. Il presule, che tutti ricordano in Vaticano come don Mietek,ha sempre parlato del Papa polacco come di un uomo che aveva una grande fiducia in Dio e per questo amava affidargli nella preghiera la Chiesa e tutta l’umanità. In occasione del centenario della nascita di Papa Wojtyla, l’arcivescovo Mokrzycki lo ricorda così ai microfoni di Radio Vaticana Italia:

Ascolta l'intervista a monsignor Mieczysław Mokrzycki,

R. - Giovanni Paolo II ci ha insegnato soprattutto ad avere fiducia nel Signore. Subito, all’inizio del suo pontificato, ci ha invitato ad aprire le porte a Cristo, perché con il Suo aiuto possiamo creare un mondo di pace, generare il bene e far progredire tutta l’umanità. Lui stesso, nel corso della vita, ha dato una grandissima prova di umanità. Era sempre molto umano, generoso, disponibile. Nonostante fosse a capo di tutta la Chiesa e dello Stato della Città del Vaticano era sempre molto aperto, naturale nei suoi atteggiamenti. Aveva sempre tempo per gli altri, sapeva ascoltare il prossimo. Non dava mai l’impressione agli altri che avesse delle faccende più importanti da sbrigare. Soprattutto ci ha insegnato che con la preghiera dobbiamo e possiamo risolvere tutti i problemi della vita e del mondo.

Papa Francesco ha ricordato di recente “la grande passione per l’umano” di Papa Wojtyla, “la sua apertura, la sua ricerca del dialogo con tutti”. Secondo lei, da dove nascevano queste sue attitudini?

R.- Giovanni Paolo II nella sua vita è stato provato da tanti avvenimenti. Ha sperimentato grandi gioie, ma anche momenti di profonda tristezza e di dolore. È nato poco dopo la fine della Prima Guerra Mondiale, ha attraversato e vissuto anche la Seconda Guerra mondiale. Poi, ha trascorso moltissimi anni sotto il regime comunista. Tutto ciò gli aveva insegnato quanto sia importante in questo mondo ottenere la pace, godere dei diritti umani e delle libertà, Per questi valori ha combattuto tanto e ha pregato. Per questo ha dialogato con i Capi di Stato, con i Leader delle religioni mondiali, ha viaggiato per tutto il globo predicando la fraternità.

Ci sono altri aspetti del magistero di Papa Francesco che a suo parere sono un’eredità del Pontificato del Papa polacco?

R.- Il Santo Padre Francesco, come sacerdote, come vescovo,  come cardinale, per molti anni ha potuto seguire la vita di Giovanni Paolo II e mi pare che oggi anche lui si muova sulle sue orme. Pensiamo ai tanti viaggi internazionali di Francesco, ai suoi incontri con i giovani, alla cura e all’attenzione che dimostra per i malati, i poveri, per i carcerati. Sono tutti atteggiamenti che erano anche tipici di Giovanni Paolo II. Noi siamo molto contenti che Francesco porti avanti la sua missione di Pastore della Chiesa universale come faceva il suo predecessore.

Lei ha avuto anche il privilegio di essere testimone degli ultimi giorni di vita di S. Giovanni Paolo II, quelli più dolorosi. Quale testimonianza ci ha lasciato nel suo modo di vivere la malattia?

R.- Giovanni Paolo II ha dimostrato una grande forza. Nonostante nell’ultimo periodo avesse difficoltà a parlare, a muoversi e soffrisse molto, ci ha mostrato che non dobbiamo mai scoraggiarci. Ci ha insegnato che ogni momento, ogni stato della nostra vita, è importante e che possiamo sempre fare molte cose e che siamo utili, necessari per questo mondo. Per questo, fino all’ultimo, ha continuato a svolgere il suo ruolo, a pregare per l’umanità. Quando poi ci ha lasciato, ho potuto vedere come muore una persona che ha una grande fede, una grande fiducia e un contatto speciale con Dio. Perché quando è tornato alla Casa del Padre, lo ha fatto serenamente, quasi addormentandosi, dimostrando a tutti noi che fino all’ultimo lo abbiamo custodito e servito una grande pace e tranquillità nel cuore.

 

Il motto più celebre di Giovanni Paolo II è “non abbiate paura”. Cosa dice oggi il suo magistero all'umanità così spaventata dalla pandemia di coronavirus?

R.- Anche Papa Wojtyla, durante il suo pontificato, ha attraversato diversi momenti difficili: disastri, guerre, attentati e malattie. Eppure non si è mai scoraggiato e in questi frangenti ci insegnava che dobbiamo rivolgerci a Dio, a Gesù Cristo che è il solo che può fermare le tempeste e guarirci. Ma ci ha mostrato anche che dobbiamo rivolgerci alla Madre di Dio, che può intercedere per noi, aiutarci. Dopo la tempesta, infatti, viene sempre il sole. Ma dobbiamo imparare ad attraversarla per ottenere la vera pace e la vera gioia nella nostra vita.

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17 maggio 2020, 08:00