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L’etica nell’intelligenza artificiale

Cosa significa mantenere l’uomo al centro quando si parla di nuove tecnologie? Risponde padre Carlo Casalone, consulente scientifico della Pontificia Accademia per la Vita che affronta uno dei temi chiave del convegno annuale della struttura vaticana

Eugenio Bonanata e Giovanni Orsenigo – Città del Vaticano

Il rapporto fra etica e innovazione tecnologica. È questo uno degli argomenti sul tavolo del Convegno che nel pomeriggio entra nel vivo in Vaticano a cura della Pontificia Accademia per la Vita dal titolo: "The “good” Alghoritm? Artificial Intelligence: Ethics, Law, Health". A riflettere sul potere dell’algoritmo e sul ruolo della tecnologia a servizio dell’uomo è padre Carlo Casalone, consulente scientifico dell'Accademia.

La definizione

Il punto di partenza del percorso è la definizione di etica. “L'etica – spiega il gesuita - è la riflessione sull’agire umano che ha a che fare con la responsabilità propria dei comportamenti. Infatti – prosegue - noi agiamo cercando di realizzare quel bene che comprendiamo e di cui ci sentiamo responsabili nella nostra vita”. Più concretamente, Padre Casalone ricorda che le macchine non sono capaci di prendere decisioni.

L’autonomia della tecnologia

“Di fatto – precisa – le macchine eseguono degli ordini: pur avendo un certo livello di automazione, si attivano sulla base di segnali che colgono dall’ambiente. Segnali – prosegue – che è l’uomo ad aver inserito, affinché in un dato momento vengano riconosciuti. Quella di attribuire alla macchine delle funzioni che sono propriamente umane – avverte – non è altro che una nostra proiezione”.

I pregiudizi delle macchine

Padre Casalone cita una prassi che riguarda il settore giudiziario. “Negli USA – racconta – i giudici vengono assistiti dalle macchine a calcolare gli elementi raccolti durante un processo e a decidere se concedere o no la libertà vigilata. Si è visto che questi algoritmi hanno al proprio interno una serie di filtri che, ad esempio, penalizzano la popolazione afroamericana rispetto ai bianchi. L’utilizzo etico di questi strumenti prevede di togliere queste distorsioni di calcolo che l’algoritmo fa per assegnare risultati diversi a seconda del colore della pelle”.

Il limite

Il punto nodale del ragionamento è legato al rischio che l’uomo venga sostituito dalla tecnologia. Tuttavia, questo è proprio ciò che l’intervento dell’etica vuole evitare. “Il ruolo delle macchine – ribadisce padre Casalone – è di assistere le decisioni umane. Ma è la persona, con le sue capacità di coscienza, di libertà e di responsabilità, che deve rimanere al centro. Quindi – conclude – l’obiettivo è costruire una tecnologia umano-centrica, cioè un nuovo umanesimo che la tecnologia non possa soppiantare”.

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26 febbraio 2020, 09:00