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La “famiglia” del Papa tra Avvento e solidarietà

In attesa del Natale la comunità di lavoro della Segreteria di Stato si ritrova ogni giorno per pregare davanti al presepe e intonare canti di varie lingue e tradizioni. E con una iniziativa solidale per i detenuti di Regina Coeli

Alessandro De Carolis – Città del Vaticano

Sono tra i primi collaboratori del Papa e le mura secolari che custodiscono il loro lavoro sembrano fatte apposta per destare un senso di mistero, peraltro spesso alimentato dai pruriti di una certa vulgata sempre in ballo tra cronaca e fiction. Certo, è il palazzo dei Papi, dove chi presta servizio lo fa per uno dei massimi leader mondiali, dove si indossa la discrezione perché è l’abito del rispetto per quanto di delicato si affronta ogni giorno. Ma è anche il palazzo di una “famiglia”, in cui rapporti professionali e amicizie, levigate da una condivisione di attività non comune, sono allo stesso tempo quanto di più quotidiano e lontano dalla ragnatela di intrighi che tanto piace ai cacciatori di suggestioni.

I canti natalizi durante gli Angelus in Segreteria di Stato

È stato sufficiente attraversare un corridoio e entrare in una grande sala per constatare come la magnificenza sia la casa degli affetti e perché no, dei talenti. Accade che in questi giorni di Avvento il sostituto della Segreteria di Stato, l’arcivescovo Edgar Peña Parra, responsabili e dipendenti delle varie sezioni si riuniscano a mezzogiorno per recitare assieme l’Angelus e per raccogliersi attorno ai presepi – uno con grandi statue di provenienza messicana e uno più tradizionale e dalla scenografia “romana” – e intonare, non di rado con notevole tecnica, canti natalizi noti e meno. Protagonisti i membri delle varie sezioni linguistiche della Segreteria di Stato, che ogni giorno, dal 16 al 23 dicembre, si alternano con melodie e nenie, ciascuno nel proprio idioma, che è come un giro del mondo dall’arabo allo spagnolo, dal latino allo slavo.

Il diacono Andrea Ciamprone spiega l'iniziativa per i detenuti di Regina Coeli

“Il presepe – scrive il Papa nella sua recente Lettera Admirabile signum – è un invito a ‘sentire’, a ‘toccare’ la povertà che il Figlio di Dio ha scelto per sé nella sua Incarnazione”. È “un appello a seguirlo sulla via dell’umiltà, della povertà, della spogliazione, che dalla mangiatoia di Betlemme conduce alla Croce”. Le ceste poste davanti ai presepi e una cassetta delle offerte nelle vicinanze sono la prova della sintonia con il cuore di Francesco. Oltre alle preghiere e ai canti c’è spazio per la solidarietà, una iniziativa che porterà il diacono di Roma, Andrea Ciamprone, in servizio presso l’Ufficio Corrieri, a recapitare cibo e ad acquistare biancheria per una categoria di invisibili, i detenuti indigenti di Regina Coeli.

Un quarto d’ora, poco più, poi la piccola cerimonia si scioglie e si torna in ufficio a sostenere il Papa nel governo della Chiesa mondiale. Il gruppo che sciama verso gli uffici lascia vuota la sala della magnificenza e della povertà. Assieme all’idea che nessun muro per quanto spesso, nessuna pietra per quanto antica, non abbia un varco da cui vivere la fede “in uscita”.

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20 dicembre 2019, 12:00