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Incontro con Seminaristi Sacerdoti Religiosi e Religiose nella Parrocchia di San Pietro Incontro con Seminaristi Sacerdoti Religiosi e Religiose nella Parrocchia di San Pietro  Editoriale

Dove tutti vedevano peccatori e malfattori, Gesù ha saputo vedere apostoli

Come si annuncia il Vangelo? A partire dallo sguardo positivo che il Nazareno aveva su coloro che incontrava. Così Francesco ha parlato di missione e inculturazione nel suo terzo giorno in Thailandia

ANDREA TORNIELLI - Bangkok

“Dove molti vedevano solo un peccatore, un blasfemo, un esattore delle tasse, un malfattore, perfino un traditore, Gesù è stato capace di vedere apostoli. E questa è la bellezza che il suo sguardo ci invita ad annunciare, uno sguardo che trasforma e che fa emergere il meglio degli altri”. Queste parole, che diventano carne nella testimonianza vissuta di tanti cristiani in ogni parte del mondo, sono la chiave di lettura della missione proposta da Francesco nel suo terzo ed ultimo giorno in Thailandia. Il Papa l’ha offerta parlando ai sacerdoti, religiosi, religiose, seminaristi e catechisti nella parrocchia di San Pietro di Wat Roman a Tha Kham, un villaggio a poche decine di chilometri da Bangkok.

È uno sguardo, quello di Gesù, che “rompe tutti i determinismi, i fatalismi e gli schemi”. Perché, come ha detto poco dopo il Papa ai vescovi thailandesi radunati nel santuario del beato Nicholas Boonkerd Kitbamrung, “la missione, prima che attività da realizzare o progetti da porre in atto, richiede uno sguardo e un ‘fiuto’ da educare; richiede una preoccupazione paterna e materna, perché la pecora si perde quando il pastore la dà per persa, mai prima”.

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Conseguenza di questo sguardo positivo è l’inculturazione, tipica della missione cristiana e capace di valorizzare tutto ciò che può essere valorizzato nelle culture e nelle tradizioni dei diversi popoli. “Il Signore - ha detto il Papa ai religiosi - non ci ha chiamati per mandarci nel mondo a imporre obblighi alle persone, o carichi più pesanti di quelli che già hanno, e sono molti, ma a condividere una gioia, un orizzonte bello, nuovo e sorprendente”. Non bisogna dunque “aver paura di inculturare il Vangelo sempre di più. Bisogna cercare le forme nuove per trasmettere la Parola capace di scuotere e ridestare il desiderio di conoscere il Signore” lasciando “che il Vangelo si svesta di vestiti buoni ma stranieri, per risuonare con la musica che a voi è propria in questa terra e far vibrare l’anima dei nostri fratelli con la stessa bellezza che ha incendiato il nostro cuore”.

 

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22 novembre 2019, 08:30