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 Arcivescovo Filippo Santoro Arcivescovo Filippo Santoro 

Sinodo. Santoro (Italia): cura Creato entri nel catechismo

Secondo monsignor Filippo Santoro, arcivescovo di Taranto e fra i partecipanti al Sinodo per l’Amazzonia, le questioni ambientali affrontate dall’assemblea riguardano anche i territori italiani

Fabio Colagrande - CIttà del Vaticano 

Le motivazioni con cui l’arcivescovo Filippo Santoro partecipa a questo Sinodo per la regione panamazzonica sono legate al ministero che ha svolto per ventisette anni in Brasile come sacerdote fidei donum e dopo come vescovo di Petrópolis. Ma anche oggi, come pastore a Taranto, città italiana sede di un grande stabilimento siderurgico, la questione ambientale lo interessa molto.

Prospettiva di fede

“Mi sembra che fin dall’inizio dei lavori il Papa ci abbia fornito una prospettiva molto chiara: franchezza, dialogo e rispetto reciproco, ma soprattutto una prospettiva di fede”, spiega monsignor Santoro che è uno dei padri sinodali di nomina pontificia. “I giudizi sulla realtà – aggiunge – possono partire solo da un cuore cristiano, dal cuore di discepoli missionari e mi sembra che già l’inizio dei lavori sia stato ispirato a questo stile di rispetto e attenzione”.

Le questioni ecologiche riguardano anche l’Italia

Secondo l’arcivescovo di Taranto gli aspetti centrali del Sinodo sono la necessità di fare luce sui problemi ecclesiali della regione amazzonica, ma anche sulle questioni ecologiche e ambientali che riguardano i territori delle chiese locali. “Penso in particolare ai siti italiani intensamente inquinati, i cosiddetti ‘Sin”, i siti contaminati d’interesse nazionale”, commenta il presule. “Ciò che si sta approfondendo per la situazione amazzonica avrà infatti un ritorno molto utile per la nostra. La devastazione ambientale che caratterizza quell’immensa parte dell’America Latina è infatti presente, pur in termini diversi, anche nei nostri territori. C’è una causa che le unisce: quella del profitto ad ogni costo. Qui al Sinodo si sta ribadendo invece il principio del diritto dei popoli sia a un ambiente sano che a un lavoro degno”.

Interesse per la Casa Comune entri nel Catechismo e nella Liturgia

Secondo Santoro “c’è da fare ancora parecchio per affermare nella Chiesa il principio della necessità di un’ecologia integrale, ribadito da questo Sinodo e al centro della Laudato si’. “Oggi – spiega – l’attenzione per l’ambiente viene considerato un aspetto della dottrina sociale della Chiesa o una questione che riguarda chi ha un interesse per le tematiche ‘verdi’. Invece è un tema che è importante nella formazione catechistica dei bambini, ma anche degli adulti”. “A partire dal Magistero degli ultimi Papi, ma soprattutto a partire dalla Laudato si’ – sostiene l’arcivescovo di Taranto – si sta sviluppando nella Chiesa un interesse per la cura della ‘Casa Comune’ che deve entrare a far parte della formazione catechetica, sin dai primi passi, ma anche della celebrazione liturgica”. “Quando preghiamo, infatti, ringraziamo il Signore e poi gli offriamo il pane e il vino, frutto della terra e del lavoro degli uomini. Quindi tutto è unito, connesso, collegato, come dice Papa Francesco”. “Solo una formazione adeguata spinge a dare una risposta anche a questo punto di vista, capace di valorizzare tante buone pratiche che già si stanno diffondendo”.

Combattere massimizzazione profitto

Secondo il presule la Chiesa ha un campo d’azione importante nella tutela della dignità del lavoro e nella tutela della salute di lavoratori e cittadini. “Tutto ciò che riguarda la vita delle persone ci tocca, ci raggiunge e io dico ci deve ferire”, afferma. “Ci ferisce il numero delle vittime dell’inquinamento che abbiamo a Taranto come in altri siti inquinati in Italia. Oggi si parla di quarantuno monitorati dal Ministero dell’Ambiente e altri diciassette dipendenti dalle Regioni e tutti comportano un grave danno sanitario”. “Tutto ciò che è umano ci tocca e ci ferisce e quindi come pastore, anche a partire dall’esperienza che ho vissuto in Brasile, mi sento particolarmente toccato e ferito da questa problematica. Per questo ho creato in diocesi una commissione per la custodia del Creato e un vicario episcopale per questo settore. Ci sono tutte le esigenze delle ottomila persone impiegate direttamente alla ex acciaieria Ilva e delle altre settemila dell’indotto che si chiedono quale sarà il loro futuro. Quindi serve un’attenzione che vada incontro alla crisi ambientale come a quella sociale che, come ci ricorda il Papa, sono un’unica crisi antropologica”. “Quella che deve essere sconfitta – chiarisce mons. Santoro – è la massimizzazione del profitto come criterio supremo. Al centro ci deve essere invece la cura della persona: della sua salute e della dignità del suo lavoro”.

Resurrezione di Cristo deve essere un bene per tutti

A chi ha timore che il Sinodo possa introdurre dei mutamenti inaccettabili della dottrina cattolica, l’arcivescovo Santoro risponde che innanzitutto è necessario mettersi in ascolto della testimonianza di chi vive laddove la Chiesa è presente, in particolare in Amazzonia. “Io non avrei troppi timori: certo sono necessari discernimento e attenzione, ma la prima cosa deve essere l’ascolto, attento e cordiale. Allo stesso tempo, bisogna riaffermare la prospettiva della Chiesa: una teologia della Creazione, e quindi del rispetto dell’ambiente, ma anche della Redenzione e cioè dell’annuncio di Cristo in situazioni simili. Il nostro punto di partenza deve essere sempre la Resurrezione del Signore che è un bene per tutte le culture e anche per la ‘cosmovisione’ amazzonica”.

Ascolta l'intervista all'arcivescovo Santoro

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10 ottobre 2019, 08:00