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Sinodo. Lazzari (Ecuador): passare da una Chiesa che visita ad una che rimane

E'necessario riconoscere il lavoro fondamentale che tanti laici già oggi fanno nelle comunità amazzoniche. Lo mette in luce nell’intervista monsignor Celmo Lazzari, vicario apostolico di San Miguel de Sucumbíos, in Ecuador

Debora Donnini – Città del Vaticano

Terza ed ultima settimana di lavori al Sinodo per l’Amazzonia dove oggi è stato illustrato il progetto del documento finale, frutto del cammino percorso finora, anche se continua il processo di ascolto. Uno dei Paesi coinvolti è senz’altro l’Ecuador dove l’area amazzonica copre il 48 per cento del territorio nazionale e dove vive il 5 per cento della popolazione ecuadoriana, cioè 740mila persone. A conoscere bene quest’area è monsignor Celmo Lazzari, che dal 2013 è vicario apostolico di San Miguel de Sucumbíos. Nell’intervista a Vatican News monsignor Lazzari si sofferma sugli aspetti che, in questo cammino sinodale, l’hanno maggiormente colpito:

R. – Direi che i punti importanti sono due: uno sul versante dell’ecologia integrale, dove vediamo una violenza senza frontiere contro queste popolazioni indigene, contro tutti quelli che si oppongono a questa idea di sfruttamento delle risorse naturali. Questo per me è stato forte. Ho conosciuto un po’ questa violenza anche in Ecuador, però mi sembra che in Brasile e in altri Paesi sia molto più grande. L’altro punto riguarda il versante della Chiesa, che cerca nuovi cammini per evangelizzare. Certamente ci colpisce questa mancanza di ministri ordinati.

Al Sinodo si è parlato della questione di nuovi ministeri per i laici. Questa le sembra la strada?

R. - Nel vicariato dove lavoro, a Sucumbíos, il mio predecessore, monsignor Gonzalo López Marañón, aveva già iniziato un lavoro non solo con i ministri straordinari dell’Eucarestia, ma con un raggio più grande dove le persone si dedicano secondo le proprie inclinazioni. Abbiamo chi visita i carcerati, gli ammalati, coloro che si dedicano alla catechesi, all’animazione delle comunità …

Ascolta l'intervista a monsignor Celmo Lazzari

Quindi secondo lei il cuore è rilanciare il ruolo dei laici, secondo il Concilio Vaticano II?

R. - Senza dubbio e che siano riconosciuti, perché il lavoro viene svolto dai laici e soprattutto dalle donne. Credo che laici formati e riconosciuti nei ministeri possano aiutare a fare in modo che le comunità non si sentano orfane, abbandonate, dai ministri ordinati – vescovi e sacerdoti – ma sentano che grazie a queste persone possono avere accesso alla Chiesa.

È vero che c’è questa grande presenza - sempre più forte e numerosa - delle chiese evangeliche e pentecostali. Secondo lei questo può dire qualcosa alla Chiesa cattolica?

R. - Credo che ci insegnino soprattutto lo stare, l’essere presenti. È una delle sfide che il Papa ci lancia, ovvero passare da una Chiesa in visita, che visita le comunità, ad una Chiesa che rimane, che è presente. Noi abbiamo quasi 400 comunità e abbiamo sei sacerdoti diocesani, altri tre fidei donum di altre diocesi, e tre comunità religiose. Ci mancano almeno quattro o cinque sacerdoti affinché ci sia per ogni zona pastorale una presenza, ogni tanto. Certo abbiamo anche comunità religiose che fanno un lavoro inestimabile, però lo spazio è tanto. Le chiese evangeliche ci fanno vedere che la presenza è molto importante, indispensabile.

L'intervista a monsignor Lazzari

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21 ottobre 2019, 14:10