Sinodo. Coter (Bolivia): verso un osservatorio ecclesiale sui diritti degli indigeni

Il vicario apostolico di Pando, nell’Amazzonia boliviana, tocca alcuni temi forti emersi durante il Sinodo: dalla difesa dei diritti dei popoli originari, con la valorizzazione dei 1200 laici, religiosi, sacerdoti e anche un vescovo, che in 40 anni, solo in Brasile, hanno dato la vita per questo, alla richiesta di risposte concrete per la mancanza di sacramenti nelle comunità isolate

Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano

Incontriamo al Sinodo per la Regione Panamazzonica monsignor Eugenio Coter, vescovo italiano, nato a Bergamo, ma “fidei donum” in Bolivia, alla guida del vicariato apostolico di Pando, 111 km quadrati e solo 11 sacerdoti, alla vigilia delle elezioni politiche previste il 20 ottobre, e mentre è in corso, ci ricorda, la decima Marcia indigena verso la capitale La Paz. Gli indigeni marciano contro la decisione del governo di Evo Morales, che si è ricandidato alla presidenza, di espandere la frontiera agricola in Bolivia. Questo, lamentavano i vescovi della Bolivia l’11 settembre, lanciando l’ecumenica “Marcia della fede”, “senza tenere conto degli interessi della casa comune, né dei principi di base dell'etica ecologica, né dei popoli indigeni". I vescovi puntano il dito contro i disastrosi incendi, si sospetta dolosi, nell’est del Paese, che hanno già distrutto 2 milioni di ettari di foresta, di cui 900 mila nelle zone protette, con gravissimi danni alle comunità locali e un numero impressionante di animali morti carbonizzati.

Un unico osservatorio per i 9 Paesi, ospitato dal Celam

Il tema della difesa dei diritti dei popoli originari e dell’ecologia integrale in Amazzonia, ci dire monsignor Coter, è centrale nel dibattito in aula e nei circoli minori.

Ascolta l'intervista a monsignor Coter

R. - Nel dibattito al Sinodo, si vanno focalizzando alcuni elementi. L‘elemento, per esempio, della sofferenza rispetto ad un’economia estrattiva che crea povertà e perseguita i difensori dei diritti sia della foresta che degli indigeni. Questo ci porterebbe verso un cammino abbastanza condiviso – mi sembra – in aula, per creare un osservatorio dei diversi Paesi, come Chiesa, rispetto ai diritti degli indigeni. Mi sembra anche che si vada concretizzando un’idea di un coordinamento di questi osservatori a livello dei nove Paesi, sempre come Chiesa, che potrà essere ospitato nel Celam (Consiglio episcopale latinoamericano, n.d.r) e addirittura un appoggio in questo senso della Santa Sede, che ha posto attenzione sul tema amazzonico. Questo sarebbe un passo molto importante di comunione con questa Chiesa, con questa gente che vive in questa situazione.

Risposte concrete per i sacramenti nelle comunità isolate

L’altro passo è lo sforzo di essere Chiesa di presenza che non visita ma che sta nel posto, quindi credo che qui si aprano un po’ tutti i temi: da una parte di una ministerialità riconosciuta nelle comunità, ministerialità battesimale, ma ufficialmente riconosciuta.  Ci sono dialoghi che si focalizzano sempre più su questo riconoscimento dei ministeri laicali e tra questi in modo speciale quello della donna. Un’apertura alla ministerialità anche nella celebrazione dei sacramenti: Eucarestia, Confessione, Unzione degli ammalati che attualmente sono impossibili o inaccessibili per le comunità più disperse. Si va focalizzando la coscienza che sia necessario dare una risposta in modo concreto e si stanno sviluppando delle strade di riflessione per porre il Papa in condizione di capire, di assumere e di poterci aiutare a costruire risposte concrete. Le risposte per i laici sono facili perché sono in mano, di fatto, alle conferenze episcopali, ma quelle legate ai ministeri ordinati sono più complesse, però speriamo davvero che questa richiesta che è stata manifestata in maniera abbastanza generale possa avere risposte non dico immediate però nemmeno troppo lontane nel tempo. Di fatto i problemi sono seri.

Monsignor Eugenio Coter nell'Amazzonia boliviana
Monsignor Eugenio Coter nell'Amazzonia boliviana

Solo 11 preti per un vicariato che è un terzo dell'Italia

Se applicassi i criteri del mio vicariato in Italia, che è un vicariato di 111 mila km quadrati, cioè un terzo dell’Italia, con solo 11 preti, qui si dovrebbe lavorare con 35 – 40 preti. Se applico invece il criterio al numero di abitanti, in questo caso per l’Italia sarebbero sufficienti 2500 preti invece dei 36 mila attuali. Speriamo che di questi 36 mila, magari, qualche migliaio ci possa essere dato in aiuto, mentre si decide il modo di aiutare le nostre comunità ad essere non solo comunità della Parola, ma anche comunità dei sacramenti.

In Brasile, dal 1980, 1200 morti per difendere gli indigeni

E’ stata chiesta poi la valorizzazione dell’impegno e del sacrificio dei cristiani: ricordiamo che ci sono stati circa 1200 morti dagli anni 80 ad oggi solo in Brasile e la maggior parte di questi sono morti in difesa della foresta e degli indigeni. Erano animatori, catechisti, religiosi, anche sacerdoti e un vescovo. Tutto questo interpella allora il nostro essere Chiesa in questa zona, che ci chiede di essere accanto a loro in questo camminare ecclesiale capace di contemplare la natura, ma anche capace di difenderla di costruire con i governi locali e le organizzazioni locali economie non di sussistenza, ma degne, che tengano in piedi e salvaguardino la foresta. La foresta è vita per il mondo, ma anche per chi vive nel posto.

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Monsignor Coter, da sacerdote "fidei donum" da Bergamo, a vescovo
14 ottobre 2019, 15:26