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Amazzonia: la Chiesa si è riunita per cercare di aiutarci

La testimonianza di Laurentino Fontes, indigeno della zona del nord del Brasile, ora in Italia con i volontari del Progetto Mawako per far conoscere la situazione degli indios e della loro terra

Emanuela Campanile - Città del Vaticano

Davanti al portone di Santa Maria in Traspontina, in via della Conciliazione, c’è una piccola suora con al collo un tesserino. C’è scritto sr. Raimonda, Volontaria. Fa parte di "Amazzonia: Casa Comune”, l’iniziativa che nella città di Roma propone 130 appuntamenti per accompagnare e animare il Sinodo dei vescovi per l’Amazzonia in corso fino al 27 ottobre. “Ho sangue indio”, mi sussurra con una certa fierezza, e proprio come una perfetta padrona di casa presenta i suoi amici, quelli del team del Progetto Mawako.

Honeide, una dei responsabili del Progetto, e altri due volontari si avvicinano iniziando subito a parlare mentre, in disparte ma attentissimo, c’è Laurentino. Saluta con un cenno del capo ma non dice una parola. Arrivano dal nord dell’Amazzonia, dalla diocesi brasiliana di São Gabriel da Cachoeira, al confine con il Venezuela e la Colombia - la zona in cui si concentra il 95% degli indigeni. Per la durata del Sinodo, ogni giorno alle 9:30 organizzano un momento di preghiera perché, spiega Honeide, “Sentiamo la responsabilità di rendere i cristiani più sensibili a quanto sta succedendo in Amazzonia e alle popolazioni locali”. Il Progetto Mawako, rappresenta 23 etnie, ognuna con la propria lingua e la propria cultura. Honeide continua a parlare velocissima in portoghese ma la piccola suora dal sangue indio è concentratissima e dà voce a questa storia davvero originale. Per ridare speranza, soprattutto ai giovani, Honeide pensa al potere della musica, all'insegnamento degli strumenti musicali locali. Ma gli indigeni rilanciano: "Vogliamo creare un gruppo in cui si suonino anche gli strumenti della tradizione occidentale". Non a caso, mi spiega ancora Honeide attraverso la voce di suor Raimonda, Mawako è uno strumento musicale comunemente usato dalle popolazioni indigene del Rio Negro.

Una dei volontari di Amazzonia: Casa Comune
Una dei volontari di Amazzonia: Casa Comune

Laurentino continua ad osservarci austero e silenzioso, finché uno dei due volontari vicino a Honeide, quello più anziano, lo interpella. Lo chiama per nome, ci presentiamo. Suor Raimonda è ancora al mio fianco, posso contare su di lei. E' la prima volta che Laurentino esce dal suo Paese per parlarne perché di solito, spiega, "sono gli altri che parlano delle nostre condizioni. Adesso posso dire quello che io vivo". Laurentino racconta delle sette, di come cerchino di convincere la sua gente che "quanto professato dal cattolicesimo non è vero. Oppure - aggiunge - ci sono persone che vengono per approfittare di noi e per questo tendiamo a chiuderci e a non voler accogliere più nessuno. Vogliono portarci via le nostre ricchezze, le nostre terre". Ma per Laurentino "qui, ora, è diverso. Mi stupisce - conclude lapidario - come questo Sinodo stia riflettendo sulla nostra vita: la Chiesa si è riunita per cercare di aiutarci”. Lo ringrazio, capisco che non c'è altro da aggiungere. Ci salutiamo e ringraziamo a vicenda, abbraccio suor Raimonda, il mio angelo custode.

Esposizione fotografica Minería: Mal Común en la Amazonía
Esposizione fotografica Minería: Mal Común en la Amazonía

Entro in chiesa. Santa Maria in Traspontina accoglie la mostra fotografica "Minería: Mal Común en la Amazonía", l'esposizione sull'impatto dell'estrazione mineraria in territori una volta bellissimi e inviolati, sulla resistenza delle popolazioni locali ridotte alla miseria e sull'azione della Chiesa. Esco che sono arrabbiata, intristita ma in mente mi ritornano le parole di Laurentino: "Qui, ora, è diverso. La Chiesa si è riunita per cercare di aiutarci”.

Un momento di preghiera comune per l'Amazzonia

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10 ottobre 2019, 13:05