Musei Vaticani, via i ponteggi dalla facciata del Braccio Nuovo

Completato il restauro della facciata della galleria sul lato sud del Cortile della Pigna, che ospita le grandi statue romane. Il sovrintendente Zanchettin: “Ora lavoreremo sul lato ovest, per riportare tutto il cortile al colore antico, un bianco avorio che simulava il travertino”

Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano

Nei Musei Vaticani è stato completato il restauro del secondo lato del Cortile della Pigna, quello a sud, occupato dal Braccio Nuovo della Galleria Chiaramonti, inaugurato nel 1822, che ospita le grandi statue romane come l'Augusto "di Prima Porta". Liberato dai ponteggi, si offre ai visitatori, che entrano nel grande cortile di 300 per 100 metri, in quello che doveva essere il suo colore originario, un bianco virato al giallo ocra, che “doveva sembrare come se fosse realizzato interamente in pietra”, ricorda l’architetto Vitale Zanchettin, responsabile dell’ufficio di Sovrintendenza ai  beni architettonici della Città del Vaticano.

Mancano ancora due lati, l'ovest e l'est 

Il progetto dei restauri, iniziati nel 2015, prevede il consolidamento e le pittura con tinte naturali realizzate con terra, grassello di calce e latte vaccino, di tutte le superfici del Cortile, che si affacciano verso l’interno. Un lavoro che nasce dall’esigenza di rendere sicuro “un luogo dove passano 6 milioni di visitatori ogni anno, che aveva avuto problemi di distacco di frammenti”. Il primo lato restaurato e completato nel 2016 è quello nord del Nicchione di Belvedere realizzato da Pirro Ligorio nel 1565, a sormontare l’antica villa di Innocenzo VIII, progettata da Bramante. Ora, sul lato opposto, è tornato all’antico splendore il Braccio Nuovo della Galleria Chiaramonti.

Zanchettin: il Cortile della Pigna tornerà al bianco "travertino"

L’architetto Zanchettin, che incontriamo sulla vertiginosa terrazza del Nicchione, ci parla così di questo ritorno alle origini del Cortile della Pigna…

Ascolta l'intervista a Vitale Zanchettin

R. – I visitatori dei Musei Vaticani vedranno, nel giro di pochi anni, un Cortile della Pigna antico, con un colore molto vicino, anzi noi confidiamo che sia esattamente uguale al colore che ha assunto durante la sua costruzione e che è stato mantenuto per secoli fino ai restauri più recenti. In realtà, il restauro che abbiamo concluso e che interessa il cosiddetto “Braccio nuovo”, cioè il quarto lato, quello che chiude e trasforma questo che era un giardino in un cortile, è una tappa di un restauro durato anni. Gli studi sono stati portati avanti per decenni e il restauro è iniziato nel 2014-15. Questa fase ha portato alla conferma dei dati che erano stati ipotizzati all’inizio proprio a proposito dei colori, in quanto, in questa parte dell’edificio, realizzata dall’architetto Raffaele Stern, e conclusa nel 1820, abbiamo trovato nelle superfici più profonde colori che coincidono con quello che abbiamo applicato. È un colore che si percepisce come un bianco leggermente virato verso un giallino ocra: viene denominato come color “travertino”, che in realtà non coincide con un colore, è piuttosto la somma di più colori, un’idea, una categoria, un concetto, per definire un intervallo cromatico. Abbiamo cercato di avvicinarlo a tutte le tinte che trovavamo negli strati più profondi, nelle parti di pietra e di intonaco che stanno sotto quello che si vedeva, e che ha appunto avuto conferma nell’ultima parte del restauro del “Braccio nuovo”.

La scelta del materiale, anche quella è importante. Ci parli dell’uso della calce.

R. – L’orientamento della direzione dei Musei e dei servizi tecnici è stata quella di privilegiare materiali non di sintesi chimiche, di resine in sostanza, e di usare soltanto tinte a calce. Questo non tanto per la nostalgia verso materiali cosiddetti naturali, cosa che ovviamente ci interessa, ma soprattutto perché questi materiali garantiscono una maggiore traspirazione e quindi limitano gli effetti più deleteri per le tinte: cioè che queste sfoglino, si stacchino. Questi sono materiali che assorbono e rilasciano l’umidità in maniera più naturale. Abbiamo poi usato il latte vaccino miscelato nella tinta a calce: è una ricetta antica, nota da secoli, che è stata perfezionata dal gabinetto di ricerche dei Musei Vaticani, e trasformata in una formula standard. Qui, nel Cortile della Pigna, c’è stata una parte sperimentale molto interessante e importante per noi, anche per i risultati che a tre anni di distanza continuano a dare queste tinte. Il luogo in cui ci troviamo ora, il Nicchione, è stata la prima parte restaurata tra il 2015 e il 2016, e quindi noi in queste zone abbiamo già delle prove di invecchiamento che ci dimostrano che le ricerche fatte hanno portato a un buon esito. Il problema non è semplicemente realizzare cose resistenti, ma superfici che invecchino bene. E questo restauro, che ormai comincia ad avere tre anni, ci conferma questo: ci dice che i muri assorbono e rilasciano l’umidità, le tinte rimangono stabili, non variano di colore, non vengono abrase: resistono insomma.

Il restauro non riguarda però solo le tinte, ma è anche, e soprattutto, un consolidamento delle strutture…

R. – I servizi tecnici hanno affrontato prima di tutto il problema del consolidamento delle strutture in più parti, e continuano a farlo. Ci sono le parti più antiche del Belvedere vaticano, costruite dal Bramante, che hanno avuto dei seri problemi che poi sono stati risolti. Alcuni temi rimangono ancora aperti ma i primi passi sono stati di consolidamento statico, rifacimento di tetti, perché naturalmente parte da lì il restauro. Poi il problema delle tinte è un problema fondamentale perché è la cosa che si vede di più, ma c’è una sostanza interna agli edifici che deve essere preservata e governata, ad esempio convogliando le acque meteoriche, che in questi tempi hanno un impatto sempre più forte sugli edifici.

Cosa è stato fatto, per esempio, nel braccio est?

R. – Il braccio est, la cosiddetta Galleria Chiaramonti, che è la prima parte realizzata insieme alla zona inferiore dell’esedra del Nicchione, dal Bramante, aveva dei problemi statici di slittamento e di movimento della struttura. Sono state allora inserite delle catene che non si vedono, in gran parte sotterranee – si vedono soltanto nel fronte verso Roma –, che hanno consentito di stabilizzare la struttura, e anche di affrontare un importantissimo lavoro di restauro delle cortine murarie: tutti i fronti in laterizio, che sono la parte che si vede di più da Roma, da Castel Sant’Angelo. Questa parte della struttura del Belvedere, a questo punto, possiamo essere sicuri che è consolidata ed è al sicuro.

Dove monterete ora le impalcature? Qual è la prossima fase?

R. – Le impalcature verranno montate nel lato ovest, il braccio verso i Giardini Vaticani. Anche qui è stato realizzato un piccolo cantiere pilota per capire come intervenire. Da questo abbiamo avuto conferme e arricchimenti in merito alle notizie che avevamo di questi edifici, la loro datazione, le fasi di costruzione. Confidiamo di vedere concluso il restauro del lato ovest nel giro di un anno, un anno e mezzo.

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Il nuovo volto del Cortile della Pigna
31 maggio 2019, 07:00