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Parolin sull'unità della famiglia umana da Benedetto XV a Francesco

Stamani il cardinale Pietro Parolin ha aperto i lavori del convegno internazionale «1919-2019. Speranze di pace tra Oriente e Occidente». Presenti due vescovi cattolici cinesi, mons. Li Shan, vescovo di Pechino, e mons. Huang Bingzhang, vescovo di Shantou, oltre a illustri studiosi come Agostino Giovagnoli, Andrea Riccardi, Adriano Roccucci, Morris Rossabi, Guido Samarani, Liu Guopeng

L’attenzione della Chiesa all’unità della famiglia umana e al bene comune è il filo conduttore dell’intervento del cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, alla conferenza internazionale “1919-2019. Speranze di pace tra Oriente e Occidente”, tenutasi all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Tema della sua analisi: “L’unità della famiglia umana da Papa Benedetto XV a Papa Francesco”. L’analisi del porporato sottolinea come gradualmente si sia venuto rafforzando “il senso dell’osmotica correlazione fra la natura sovranazionale della Chiesa cattolica e l’unità della famiglia umana”. Centrale quindi il richiamo all’unità fra i popoli con un progressivo allontanamento da un approccio eurocentrico per un crescente interesse ecclesiale per mondi non europei, in una prospettiva, appunto, sempre più globale. In particolare i temi sui quali la Chiesa si è espressa in relazione all’unità della famiglia umana sono stati a favore della pace, contro la guerra, per lo sviluppo della cooperazione internazionale e la promozione delle organizzazioni sovranazionali. “In sintesi – ha detto il cardinale Parolin – a problemi globali occorre dare soluzioni altrettanto globali”.

Benedetto XV contro la guerra e per slancio missionario

Il porporato dà quindi delle pennellate per tratteggiare il magistero pontificio degli ultimi cento anni. Si parte da Benedetto XV che nel 1917 definiva la guerra “inutile strage” e inaugurava “un nuovo percorso del magistero pontificio sempre più critico verso la guerra quale strumento di soluzione delle controversie internazionali, atteggiamento poi condiviso e rilanciato dai suoi Successori”. Oltre all’Enciclica Pacem Dei Munus, lo sguardo del cardinale Parolin va alla Lettera Apostolica Maximum Illud, un documento con cui dare nuovo slancio missionario, che raccomanda agli operatori pastorali l’abbandono di sentimenti di superiorità verso il clero autoctono di cui, anzi, si auspica l’incremento.  “La Lettera - sottolinea il porporato - affermò chiaramente che le missioni non sono un’estensione della cristianità occidentale, bensì l’espressione di una Chiesa veramente universale che vuole mettersi a servizio di tutti i popoli”. Ricordato anche che pochi anni dopo vi fu la consacrazione nella Basilica vaticana dei primi 6 vescovi cinesi.

L’unità della famiglia umana in Pio XI e Pio XII

La preoccupazione per l’unità della famiglia umana fu viva anche in Pio XI. Richiamata la decisione di far preparare un’Enciclica sull’unità del genere umano, che non poté portare a compimento. “Dai documenti d’archivio - ricorda il cardinale Parolin - sappiamo che avrebbe contenuto una decisa condanna del razzismo e dell’antisemitismo nazista, proprio in nome della fondamentale uguaglianza e unità del genere umano”.  Riecheggiano poi le parole di Pio XII alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale: “nulla è perduto con la pace. Tutto può esserlo con la guerra”. Nella sua Enciclica programmatica, la Summi Pontificatus, anche il riferimento esplicito alla Cina parlando della chiusura della secolare “controversia dei riti”, in continuità con il suo Predecessore Pio XI, sancita definitivamente l’8 dicembre 1939. Da ricordare anche che Pio XII creò nuovi cardinali provenienti da tutti i Continenti, fra cui il primo dalla Cina Continentale, e sottolineò che “la comprensione universale della Chiesa non ha nulla a che vedere con la strettezza di una setta, né con la esclusività di un imperialismo prigioniero della sua tradizione”.

Giovanni XXIII e il Concilio Vaticano II

Di unità della famiglia umana e del contributo che la Chiesa può dare in questo senso grazie alla sua universalità ha parlato anche il Concilio Vaticano II. Giovanni XXIII intervenne con la Pacem in Terris, dopo la grave crisi di Cuba. Si ricordava che i membri di ciascuna comunità politica erano chiamati a collaborare fra loro e orientarsi verso una convivenza unitaria a raggio mondiale. Centrale l’idea che gli Sati nel loro insieme debbano promuovere una collaborazione sempre più intensa in vista del bene comune.

Paolo VI e l’impegno per la pace

Un impegno per la pace manifestato fortemente da Paolo VI che “avvertì con forza il rapporto fra universalità della Chiesa e unità del genere umano”. Fu il primo Papa nella storia a prendere la parola all’ Assemblea delle Nazioni Unite di New York “rappresentando - ricorda il cardinale Parolin - una Chiesa che si mette al servizio della causa della pace”, per condividere le gioie e le speranze dei popoli. Un impegno per la pace, quello di Paolo VI, che si manifestò non solo nell’attività diplomatica ma anche nel dialogo artistico, culturale, sociale e scientifico. E nell’Enciclica Populorum Progressio sottolineò “l’interconnessione tra la spinta all'unificazione dell'umanità e l'ideale cristiano di un'unica famiglia dei popoli, fraterna e solidale”, evidenzia ancora il segretario di Stato. Poi, denunciò anche l’insorgere di un problema sociale di vaste dimensioni che riguarda l’intera famiglia umana.

Giovanni Paolo II e Benedetto XVI

Per quanto riguarda Giovanni Paolo II, il cardinale Parolin fa cenno a due momenti importanti: il primo, il ritorno della minaccia nucleare fra il 1985 e il 1986 e, in quel frangente, l’incontro ad Assisi con i leader delle religioni mondiali. Poi, nel 2003, alla vigilia della Guerra in Iraq, le sue parole davanti al Corpo diplomatico: “No alla guerra: la guerra non è mai una fatalità; essa è sempre una sconfitta dell’umanità”.  Richiamato anche il pensiero di Benedetto XVI in particolare l’Enciclica Caritas in Veritate nella quale indicò chiaramente che “in una società in via di globalizzazione, il bene comune e l'impegno per esso non possono non assumere le dimensioni dell'intera famiglia umana, vale a dire della comunità dei popoli e delle Nazioni”.

Papa Francesco e il bene comune

Infine, Papa Francesco che proseguendo il percorso del Vaticano II accentua le caratteristiche di una Chiesa in uscita e protesa a evangelizzare. Il contesto che Papa Francesco affronta nel parlare dell’unità della famiglia umana è quello di una globalizzazione ormai avanzata, che ha mostrato anche problemi e contraddizioni. In particolare nella Laudato si’, il Papa ricorda che “bisogna rafforzare la consapevolezza che siamo una sola famiglia umana”. E che non c’è spazio per “la globalizzazione dell’indifferenza”. Centrale, per Papa Francesco, non solo la cura della casa comune ma anche la messa in luce dell’illusorietà di una sicurezza per pochi mantenendo dinamiche ingiuste che fanno soffrire molti. Bisogna ascoltare la voce dei poveri e far prevalere l’inclusione dell’altro all’esclusione.

Nelle conclusioni il cardinale Parolin ricorda gli sviluppi dei rapporti con la Cina con la firma, nel settembre scorso, di un Accordo Provvisorio sulla Nomina dei Vescovi, che, mette in luce il porporato, “guarda in primo luogo alla vita della Comunità cattolica in quel grande Paese e, di riflesso, incoraggia la Cina ad un dialogo sempre più aperto e collaborativo in favore della pace come destino comune della famiglia umana”. A proposito di Papa Francesco, il cardinale Parolin parla di una “geopolitica della fraternità” incentrata su rispetto dell’identità e coraggio dell’alterità, con l’esortazione a considerare il mondo intero come un bene comune e ad affrontare insieme i problemi. Soffermandosi, poi, più in particolare sull’Accordo il porporato ricorda che “oggi, per la prima volta dopo tanti decenni, tutti i Vescovi in Cina sono in comunione con il Successore di Pietro e molti Cattolici pongono gesti di riconciliazione che aiutano a ricomporre l’unità tra Vescovi, sacerdoti e fedeli. Ciò che sta avvenendo ora nella Chiesa in Cina scaturisce infatti dalla forza di una comunione che è davvero cattolica, e cioè universale, e da cui viene anche una spinta alla fratellanza tra i popoli. La sempre più feconda integrazione dei Cattolici cinesi nella Chiesa universale e il cammino di riconciliazione tra fratelli avviato negli ultimi anni costituiscono certamente una novità di portata storica, di cui nel tempo beneficeranno in molti, non solo in Cina”. E conclude ricordando che l’auspicio del Papa e della Chiesa cattolica è che tutto ciò possa contribuire “all’edificazione di un mondo più giusto e fraterno, ove l’armonia tra i popoli e le nazioni possa davvero contribuire alla causa della pace e all’unità della famiglia umana”.

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14 maggio 2019, 19:00