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Sri Lanka, mons. Indunil: con una falsa ideologia il nemico è stato globalizzato

Sempre alta la tensione a Colombo dopo le stragi di Pasqua. Oltre alla Chiesa locale, spiega mons. Induil Janakaratne, sottosegretario al Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, anche altri capi religiosi sono intervenuti per cercare di invitare alla calma le diverse comunità

Emanuela Campanile - Città del Vaticano

Dopo la strage di Pasqua, a dominare è la paura.  A Colombo le strade sono deserte e la tensione rievoca il passato: quasi trent’anni di guerra civile che lo Sri Lanka non può dimenticare. 

La polizia ha identificato otto dei nove attentatori e secondo quanto riportato dal New York Times e dal Wall Street Journal, due di loro erano i figli di Mohammad Yusuf Ibrahim, un ricco e noto imprenditore premiato dall’ex presidente del Paese asiatico per i suoi "notevoli servizi alla nazione". 

Ora si trova in stato di arresto dato che gli investigatori devono verificare se fosse a conoscenza del piano dei figli. Ad affiancare la polizia locale, c'è l'Interpol e altre sei agenzie di polizia straniere tra cui Scotland Yard e l'FBI.

"La paura è un’emozione che paralizza la ragione e che genera insicurezza, pregiudizi - commenta mons. Indunil Janakaratne - può provocare violenze e altri possono strumentalizzarla per motivi politici. Però - aggiunge il sottosegretario del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso - vorrei dire che nonostante questa situazione, c’è anche la Chiesa locale, sotto la leadership del cardinale Malcom Ranjith, che invita tutti alla calma così come stanno facendo altri capi religiosi".

Ascolta l'intervista a mons. Indunil Janakaratne

Spesso nel dibattito politico internazionale si tende a non puntare il dito sui responsabili di quanto è successo a Pasqua, della strage, proprio per cercare di attutire tensioni già esistenti. È una scelta adeguata, secondo lei, o questo atteggiamento rischia di creare maggiori tensioni soprattutto da parte di chi ne è stato vittima?

R. - Quando accadono queste stragi, questi massacri, all’inizio il quadro della situazione non è chiaro. Allora, in questo momento penso che sia sempre meglio aspettare fino al completamento delle indagini. Qui anche la maggioranza della comunità musulmana prova tanto dolore. Penso che sia sempre prudente misurare le parole, non arrivare a giudizi, perché ancora il quadro non è chiaro del tutto.

Secondo lei, i cristiani vengono colpiti perché sono identificati con l’Occidente o perché tristemente fanno più notizia?

R. - Qui abbiamo una domanda: perché una minoranza colpisce un’altra minoranza? Possiamo vedere oggi la globalizzazione della radicalizzazione; con una falsa ideologia il nemico è stato globalizzato. Allora il cristiano è nemico comune di questi gruppi estremisti.

Quindi ritiene che si possa dire che è in atto una guerra globale contro i cristiani, come affermano alcuni mass media?

R. -È vero. Anche Papa Francesco dice che i cristiani oggi sono più perseguitati rispetto ai primi secoli. Le statistiche dicono che sono più di 215 milioni i cristiani perseguitati nel mondo. Ci sono diversi fattori. Non solo i cristiani subiscono persecuzioni; oggi possiamo vedere la minaccia del nazionalismo di matrice religiosa o ideologia soprattutto in Asia e in Africa. Ci sono fattori socio-economici, politici, che contribuiscono a questa discriminazione. Finché non avremo anche a livello globale – come dice il documento di Abu Dhabi – una distribuzione equa, una globalizzazione più umana e una giustizia globale, ci sarà sempre terreno fertile per la nascita di questi movimenti.

 

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25 aprile 2019, 13:11