Venerdì Santo: la Croce, volto degli ultimi e messaggio per i potenti

La Pasqua, ha detto il predicatore pontificio padre Cantalamessa, è la festa del capovolgimento operato da Dio e realizzato in Cristo. Un messaggio anche per i "vincenti" che mette in guardia dal peggiore dei mali: l'illusione di onnipotenza

Emanuela Campanile - Città del Vaticano

Con la celebrazione della Passione di Cristo, il volto e il corpo dell'uomo dei dolori si sostituisce alle parole. E' il momento della contemplazione del Crocifisso, spiega padre Raniero Cantalamessa, predicatore della Casa Pontificia, durante l'omelia proclamata davanti a Papa Francesco in San Pietro. Gesù di Nazareth diventa tutti i diseredati e gli scartati del mondo:

Oggi vogliamo contemplare il Crocifisso proprio in questa veste: come il prototipo e il rappresentante di tutti i reietti, i diseredati e gli “scartati” della terra, quelli davanti ai quali si volta la faccia da un' altra parte per non vedere.

Non solo nel momento della passione, ma lungo tutta la sua vita, sottolinea padre Cantalemessa, Gesù è stato "uno di loro". Nato in una stalla, nel presentarlo al tempio, i suoi genitori non possono che offrire "una coppia di tortore", proprio come prescriveva la legge per coloro che non potevono permettersi di donare un agnello. Durante la sua vita pubblica, continua il predicatore, "non ha dove posare il capo", "è un senza tetto". "Un vero e proprio certificato di povertà nell’Israele di allora".

"Ecce homo!"

La corona di spine, il manto sulle spalle, la canna come "simbolo irrisorio della sua regalità". Gesù è in balia delle angherie dei soldati. Gesù è tutti i torturati del mondo:

È il prototipo delle persone ammanettate, sole, in balia di soldati e sgherri che sfogano sui poveri malcapitati la rabbia e la crudeltà che hanno accumulato nella vita. Torturato! “Ecce homo!”, Ecco l’uomo!, esclama Pilato, nel presentarlo di lì a poco al popolo (Gv 19,5). Parola che, dopo Cristo, può essere detta della schiera senza fine di uomini e donne avviliti, ridotti a oggetti, privati di ogni dignità umana. 

Passione e morte, il doppio significato

Gesú di Nazareth sulla croce diventa, dunque, l’emblema" dell'umanità "umiliata e offesa", segno che può essere riconosciuto da tutti, credenti e non credenti. Ma la sua passione e morte va oltre, come oltre, ricorda il predicatore, vanno le parole del Vangelo: 

Il Vangelo infatti non si ferma qui; dice anche un’altra cosa, dice che il Crocifisso è risorto! In Lui è avvenuto un rovesciamento totale delle parti: il vinto è diventato il vincitore, il giudicato è diventato il giudice, “la pietra scartata dai costruttori è diventata testata d’angolo” (cf. Atti 4,11). L’ultima parola non è stata, e non sarà mai, dell’ingiustizia e dell’oppressione. Gesú non ha ridato soltanto una dignità ai diseredati del mondo; ha dato loro una speranza!

La croce, messaggio anche per i potenti

La croce di Gesù parla anche ai forti, a "quelli - dice Cantalamessa - che si sentono tranquilli nel loro ruolo di vincenti": 

È un messaggio, come sempre, d’amore e di salvezza, non di odio o di vendetta.  Ricorda loro che alla fine essi sono legati allo stesso destino di tutti; che deboli e potenti, inermi e tiranni, tutti sono sottoposti alla stessa legge e agli stessi limiti umani. La morte, come la spada di Damocle, pende sul capo di ognuno, appesa a un crine di cavallo. Mette in guardia dal male peggiore per l’uomo che è l’illusione dell’onnipotenza.

La Chiesa e le religioni

Prima di concludere l'omelia, il frate cappuccino ricorda il mandato della Chiesa e il compito delle religioni, oltre a quello di promuovere la pace: 

La Chiesa ha ricevuto il mandato del suo fondatore di stare dalla parte dei poveri e dei deboli,  di essere la voce di chi non ha voce e, grazie a Dio, è quello che fa, soprattutto nel suo pastore supremo. Il secondo compito storico che le religioni devono, insieme,  assumersi oggi (...) è di non rimanere in silenzio dinanzi allo 'spettacolo' che è sotto gli occhi di tutti. Pochi privilegiati posseggono beni che non potrebbero consumare, vivessero anche per secoli e secoli, e masse sterminate di poveri che non hanno un pezzo di pane e un sorso d’acqua da dare ai propri figli. Nessuna religione può rimanere indifferente, perché il  Dio di tutte le religioni non è indifferente dinanzi a tutto ciò.

L'invito

Nell'attesa dell’annuncio della risurrezione di Cristo, in cui "la liturgia darà un nome e un volto al trionfatore", padre Raniero Cantalamessa invita infine a vegliare e meditare citando, come all'inizio della predica, la profezia di Isaia che si coclude con  la descrizione dell'esaltazione del Figlio di Dio.

“Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce […] Io gli darò in premio le moltitudini, dei potenti egli farà bottino, perché ha spogliato se stesso fino alla morte ed è stato annoverato fra gli empi, mentre egli portava il peccato di molti e intercedeva per i peccatori.”

 

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19 aprile 2019, 18:50