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Padre Raniero Cantalamessa, predicatore della Casa Pontificia Padre Raniero Cantalamessa, predicatore della Casa Pontificia 

Oggi la prima predica di Quaresima alla Curia Romana

Oggi, alle 9, nella cappella Redemptoris Mater, il predicatore della Casa Pontificia, p. Raniero Cantalamessa, tiene per la Curia Romana la prima delle cinque prediche di Quaresima. Il tema, “Rientra in te stesso”, è una frase di Sant’Agostino che invita ad allontanarsi dalle occupazioni quotidiane e dalle distrazioni del mondo per ritrovare Dio nel proprio cuore.

Tiziana Campisi - Città del Vaticano

L'invito di Sant'Agostino a raccogliersi, a rientrare nella propria interiorità, "In te ipsum redi" - tratto dall'opera "La vera religione" (39,72) -, vuole esortare a trovare tempo e spazio per Dio, per ascoltarlo e spogliarsi di sè stessi. Il culmine di questo incontro è conoscere Dio nella sua rivelazione suprema, in Cristo crocifisso, l' "amore che si dona fino all’immolazione totale", spiega padre Raniero Cantalamessa. Nelle sue cinque prediche - che terrà ogni venerdì fino al 12 aprile - il religioso proporrà un percorso per fare posto a Dio e mettere da parte l'io.

Ascolta l'intervista a padre Raniero Cantalamessa

R. - Le meditazioni di Quaresima intendono proseguire un po’ la riflessione che ho iniziato nell’Avvento scorso che ha all’origine un versetto di un Salmo: “L’anima mia ha sete del Dio vivente”. Quindi è un po’ metterci sulle tracce di Dio, ma non solo per scoprire l’esistenza di Dio, ma accorgerci di Dio, vivere coscientemente la sua presenza; è come un risveglio, un soprassalto di coscienza, e non solo sapere astrattamente che Dio esiste, ma sapere che è vivente, che è intorno a noi. In questo contesto il titolo delle prediche di Quaresima “Rientra in te stesso”, che è tratto da sant’Agostino, mette in evidenza il luogo o una condizione per poter entrare in contatto con questo Dio vivente, perché il Dio vivente lo incontriamo sì nell’Eucarestia, nella Parola di Dio, ma lo incontriamo nel nostro cuore. Quindi, come ci dice Agostino, se non rientriamo in noi stessi, se non ci sottraiamo un po’ all’esteriorità, al chiasso, non possiamo incontrare il Dio vivente. Quindi ha un messaggio molto forte quella parola di Agostino “Rientra in te stesso”, da sola, parla a tutti quanti quella parola. L’ho messa come titolo, ma è nel contesto di un tema più ampio, quello di scoprire, la parola che a me piace è “accorgerci”, accorgerci di Dio.

Come rientrare in sé stessi?

R. - Alcune condizioni esterne sono quelle suggerite da questo tempo Quaresima, perché la Quaresima ci ricorda Gesù nel deserto in preghiera e digiuno. Quindi trovare qualche spazio di silenzio, di ascolto della Parola di Dio, partecipare a qualche funzione religiosa, fare – se possibile – qualche momento da soli, per esempio, tornando a casa da lavoro, entrare in una cappella, in una chiesa, magari quando non ci sono funzioni, e stare lì qualche momento, perché è necessario che interrompiamo il flusso che ci arriva dall’esterno attraverso le cinque porte dei sensi, perché altrimenti non possiamo entrare in contatto con il nostro cuore; siamo proiettati all’esterno, siamo come in una centrifuga continua, costante.

Incontrare Dio, ma anche ascoltare. Quale la modalità migliore?

R. - Ascoltare Dio che ci parla attraverso la coscienza, come in questi momenti di riflessione, di solitudine con Dio. Dio parla al cuore, continua a parlare alle persone. Se Gli diamo un po’ di ascolto e di spazio, lo Spirito Santo ispira; parliamo delle ispirazioni dello Spirito Santo, quelle sono un modo di farsi presente di Dio. Poi c’è anche il mezzo universale che è la Parola di Dio, quindi partecipando alla Liturgia, cercare di cogliere una parola che da sola basta ad accendere in noi il pensiero di Dio, a renderLo presente o anche dedicando qualche momento alla lettura della Bibbia per conto proprio, anche ascoltando una predica, perché no? Anche questa può essere un’occasione per rientrare in sé stessi, perché il lavoro ci porta sempre ad occuparci di affari, problemi … Abbiamo bisogno di momenti in cui stacchiamo la spina, come si dice nel linguaggio corrente, per poter entrare in contatto con un’altra dimensione.

Lei suggerirà anche il superamento dell’autolatria per accostarsi a Dio …

R. - Sì. Il Dio vivente è l’antitesi perfetta delle idolatrie, perché gli idoli sono morti e invece il Dio biblico è Dio vivente. Solo che l’idolatria non è finita con il paganesimo che dava un nome agli idoli – Venere, Marte e via dicendo -; oggi hanno preso altri nomi, ma esistono e si chiamano: sesso, potere, violenza … Ma soprattutto il mio interesse va ad un idolo universale che tutti ci portiamo dentro, una specie di vitello d’oro che purtroppo fa parte di noi fin dalla nascita che è il nostro “io”, il nostro egoismo. Quindi in questa predica dedicata alla lotta all’idolatria, si tratterà di un’idolatria dentro di noi, cioè sostituire all’ “io”, Dio. C’è una sola lettera di differenza, ma in realtà c’è una differenza infinita tra “io” e Dio.

Lei concluderà le sue prediche facendo riferimento alla Croce di Cristo come rivelazione suprema di Dio …

R. - Ho concluso le prediche di Avvento parlando del Verbo che si fa carne e diventa rivelatore del Dio vivente. L’ultima predica parlerà della Croce di Cristo, come il momento supremo in cui Dio si rivela per quello che è, cioè amore, perché nell’incarnazione Dio si fa uomo, ma nella Croce, nella Passione di Cristo, si scopre che uomo si fa Dio, che tipo di uomo si fa Dio, ed è il Dio che sulla Croce confonde la sapienza con la stoltezza e la potenza con la debolezza, cioè l’amore. La Croce ha questo posto centrale, un albero maestro piantato sulla barca della Chiesa, proprio perché in essa Dio si rivela per quello che è: un amore che si dona fino all’immolazione totale.

ULTIMO AGGIORNAMENTO. 15 marzo alle 07.30

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14 marzo 2019, 07:00